«Come faceva a sapere chi era?» domandò Pat, fremente d’indignazione.
«Era già stato qui altre volte, e poi l’ho anche perquisito. E tu, puttanella, non fare quella faccia! E poi voi due mi avete già stancato, per cui, filate! Aria!»
«Voglia scusare» disse Ellery con calma.
Il giovane si diresse verso Carlatti e gli schiacciò con violenza un piede. L’uomo diede un gemito di dolore e portò la mano alla parte posteriore dei pantaloni. Ellery allora gli allungò un pugno al mento. Carlatti barcollò all’indietro ed Ellery lo colpì al ventre con un altro pugno. Carlatti cadde sul pavimento lamentandosi, e stringendosi il ventre con entrambe le mani.
«Questo con i ringraziamenti della puttanella» dichiarò Ellery e, buttatosi Jim sulle spalle come un sacco, lo portò fuori dal locale, seguito da Pat.
Nell’automobile, col vento freddo che gli batteva sul viso, Jim si riprese un po’ e aprì gli occhi, fissando i due stupidamente.
«Jim, perché hai fatto una cosa simile?» domandò Pat con voce rotta. «Nel pomeriggio, quando avresti dovuto essere in banca!»
Jim sprofondò ancor più nel sedile, borbottando qualcosa d’incomprensibile.
«Non capisce niente» osservò Ellery.
Il giovane aveva una ruga profonda tra le sopracciglia. Dallo specchietto retrovisivo vedeva un’automobile che li stava raggiungendo rapidamente: era l’automobile di Carter Bradford. Anche Pat se ne accorse, e si voltò di scatto. Ellery rallentò per lasciar passare la macchina, ma Bradford non passò. Si avvicinò al margine della strada e suonò il clacson. Un vecchio magro e alto, con dei lineamenti tipicamente americani, sedeva accanto a lui. Obbediente, Ellery fermò a sua volta la macchina al margine della strada.
«Oh, salve, Carter!» esclamò Pat con voce sorpresa. «E anche il signor Dakin! Ellery, le presento il signor Dakin, capo della polizia di Wrightsville.»
«Piacere, signor Smith» disse Dakin.
«C’è qualcosa che non va?» domandò Carter Bradford un po’ imbarazzato. «Mi pare che Jim sia…»
«Sei straordinariamente efficiente, Carter» fece Pat calorosamente. «Un lavoro degno dell’ufficio federale, vero, Ellery? Il Procuratore Distrettuale e il capo della polizia…»
«Va tutto bene, grazie» intervenne Ellery.
«Nulla di meglio che un pizzico di bicarbonato di soda e una buona dormita per guarirlo» osservò Dakin seccamente. «Era da Carlatti?»
«Appunto; e ora se non vi dispiace, signori» disse Ellery rapidamente «il signor Haight avrebbe bisogno di andare a letto, molto bisogno.»
«Pensavo di telefonarti, Pat… e se posso esserti utile in qualcosa…» Carter era rosso come un peperone.
Jim si mosse, e i suoi occhi vitrei passarono da Pat a Ellery.
«Jim, come ti senti?» domandò la ragazza con voce severa.
Gli occhi di Jim erano sempre inespressivi, ma per un istante vi brillò una luce che diede a Pat un brivido di paura.
«Stia calmo, ora, Jim» mormorò Ellery in tono carezzevole. «Cerchi di dormire.»
Jim tornò a guardare i presenti senza riconoscerli. Poi il suo mormorio divenne intelligibile:
«Moglie, maledetta moglie; oh, accidenti; maledetta moglie…»
«Jim!» esclamò Pat. «Andiamo a casa, Ellery!»
Il giovane lasciò rapidamente andare il freno, ma Jim alzò la voce. Le sue guance pallide erano diventate quasi scarlatte.
«Liberarmene!» urlò. «Aspettate e vedrete; mi libererò di quella carogna! La ucciderò, quella disgraziata!»
Il capo della polizia strabuzzò gli occhi; Carter Bradford assunse un’aria estremamente sorpresa, e aprì la bocca per dire qualcosa. Ma Pat con uno strattone rimandò Jim sul sedile, ed Ellery avviò il motore, piantando in asso l’automobile di Bradford. Jim cominciò a singhiozzare; poi, pian piano, tornò ad addormentarsi.
«Ha sentito che cos’ha detto, Ellery? Ha sentito, vero?» domandò Pat con voce rotta.
«Non sa quel che dice.» Ellery premette un po’ più forte sull’acceleratore.
«Allora è vero» gemette Pat. «Le lettere… Rosemary… Ellery. Le assicuro che Jim e Rosemary stanno facendo una commedia! Hanno intenzione di… di… e Carter e il capo della polizia l’hanno sentito!»
«Pat» fece Ellery, con gli occhi fissi sulla strada. «È un po’ di tempo che desidero chiederlo, ma… Nora possiede un patrimonio proprio?»
Pat s’inumidì le labbra lentamente.
«No… No. Non può essere… Non può essere…»
«Dunque ha un patrimonio proprio.»
«Sì» mormorò la ragazza. «L’ha ereditato dal nonno. Il padre di papà. Quando s’è sposata, Nora è venuta automaticamente in possesso del patrimonio che rimaneva in deposito nell’eventualità delle sue nozze. Il nonno Wright morì poco dopo la fuga di Lola con quell’attore, e la diseredò. Per questo l’eredità è divisa in due, tra Nora e me. Semmai mi sposerò, anch’io…»
«Quanto ha ereditato Nora?» domandò Ellery, lanciando un’occhiata a Jim. Ma il giovane dormiva profondamente.
«Non lo so. Però una volta papà ha detto che io e Nora, per quanto facessimo, non saremmo mai riuscite a spendere tutto quel denaro. Oh, Dio…!»
«Se si mette a piangere» dichiarò Ellery cupamente «la butto fuori dalla macchina. È un segreto, questa eredità sua e di Nora?»
«Come si può mantenere il segreto a Wrightsville!» sospirò dolorosamente Pat. «Il denaro di Nora…» la ragazza si mise a ridere. «È proprio come un film di terz’ordine. Ellery, che cosa dobbiamo fare ora?»
«Mettere a letto Jim» borbottò il giovane.
III
Ultima domenica di novembre: il primo avvertimento
Il mattino seguente, il signor Queen bussò alla porta di Nora prima delle otto. Gli occhi della sposina erano gonfi e rossi.
«Grazie per ieri sera, signor Smith; ha messo a letto Jim mentre io ero così sconvolta da…»
«Non si preoccupi» rispose Ellery allegramente. «Non c’è mai stata una sposa su questa terra, fin dai tempi di Eva, che non abbia pensato che il mondo stava per crollare quando il suo maritino è tornato a casa con la prima sbornia. Dov’è il consorte colpevole?»
«In camera da letto, che si rade. La prego, vada di sopra e gli dica quel che pensa di lui!»
Ellery corse su per le scale ridendo. Bussò alla porta del padrone di casa, che era semiaperta, e la voce di Jim dal bagno gridò:
«Nora! Sapevo che saresti stata la mia brava micina e che avresti perdonato…» La sua voce si spense non appena vide Ellery. Aveva il viso gonfio e stravolto. «Buongiorno, Smith» borbottò. «Entri.»
«Sono venuto a vedere come stava» fece Ellery, appoggiandosi allo stipite della porta del bagno.
Jim si voltò sorpreso.
«Come fa a saperlo?»
«E me lo chiede? Non mi dica che non se ne ricorda più! Perdinci, siamo stati io e Pat a portarla a casa!»
«Non ne so assolutamente niente, e Nora non vuole parlare con me. Non posso biasimarla. Le sono molto grato, Smith. Dove mi avete trovato?»
«All’“Allegro Inferno” di Vic Carlatti.»
«In quella bettola?» Jim scosse il capo. «Non mi meraviglio che Nora sia fuori dalla grazia di Dio. Santo cielo, come sono stato male stanotte! Nora mi ha curato, ma si è rifiutata di dirmi una sola parola. È stato terribile.»
«Lei invece ha parlato molto, mentre la riportavamo a casa.»
«Ho parlato? Che cos’ho detto?»»
«Oh… qualcosa a proposito di “liberarsi di una carogna e far la pelle a non so chi”» rispose Ellery con noncuranza.
Jim trasalì e si voltò verso lo specchio.
«Avevo perso la testa, immagino. Oppure pensavo a Hitler.»
Ellery annuì, con gli occhi fissi sul rasoio. La mano del giovane tremava.
«Non ricordo nulla» proseguì Jim. «Assolutamente nulla.»
Читать дальше