Emilio Salgari - I Corsari delle bermude

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Aveva appena finito di parlare, quando il colonnello ed il luogotenente lo videro chinarsi improvvisamente, tenendo la testa verso il sabordo spalancato, attraverso il quale entrava a fiotti un superbo raggio di sole.

– Un colpo di cannone sparato da lontano – disse, – Sul ponte! sul ponte!

3. UN COMBATTIMENTO TERRIBILE

Quando il Corsaro ed i suoi due compagni salirono in coperta, la corvetta aveva già cambiato rotta per riprendere la sua corsa verso le coste americane. Il vento, che accennava ad aumentare, ve la spingeva con una velocità di otto o nove nodi all’ora.

L’equipaggio, era tutto in coperta e discuteva animatamente.

Il Corsaro montò sul ponte di comando, prese il cannocchiale ed esplorò attentamente in tutte le direzioni.

– Nulla – disse a Howard ed al colonnello. – Eppure è stato un colpo di cannone. Testa di Pietra! – chiamò.

Il bretone, che stava discutendo animatamente con Piccolo Flocco, il suo inseparabile compagno, fu pronto ad accorrere. I suoi piedi da pachiderma erano diventati leggeri come quelli d’una gazzella.

– Hai udito quel colpo lontano? – gli chiese il Corsaro.

– Il mio orecchio si è conservato ottimamente, sebbene ne abbia uditi frastuoni di quei mostri di bronzo!

– Non può essere stato un colpo di tuono?

– Ma no, sir William. Non vi è una nube in nessun luogo.

– Che cosa ne pensi?

– Dico, capitano, che siamo sorvegliati.

– Dalle due navi d’alto bordo, vero?

– Si, e scommetterei nuovamente la mia pipa che le rivedremo ben presto. Fortunatamente il vento aumenta e la corvetta, quando è battuta, può lasciarsi indietro anche le fregate. Vi pare, sir William?

Il Corsaro non rispose. Passeggiava sul ponte, a testa bassa, con le mani affondate nelle tasche. Pareva che borbottasse qualche cosa.

Ad un tratto si fermò e, guardando fisso il bretone, il quale stava caricando tranquillamente la famosa pipa, gli disse:

– Che tutti gli uomini si tengano pronti ad occupare i posti di combattimento.

– E gli americani?

– Ammassali sul castello di prora, dietro i due pezzi da caccia. Sono valenti archibugieri e colle loro lunghe carabine spazzeranno per bene i ponti delle due navi inglesi. Non sempre si può aver fortuna, ma confido nel valore del mio equipaggio e nella velocità del mio Tuonante . Tu, che sei il miglior artigliere, mira coi cannoni da caccia gli alberi di quelle tartarughe. Giù cinque o sei vele, e non avremo più da temere.

– Per il borgo di Batz! mi metterò un paio d’occhiali sul naso per vederci meglio, e che Dio mi danni se non abbatterò un paio d’ali a quelle corridore dell’oceano.

– Conto su di te.

– E scommetto la mia pipa che…

– Vattene, al diavolo, insieme a quel puzzolente ricordo di famiglia.

Testa di Pietra rispose con una risata, discese la scala, batté l’acciarino ed accese il vecchio ricordo facendolo funzionare a tutta lena.

Howard, un luogotenente ammirabile, era sceso in coperta disponendo gli uomini per la battaglia che si annunciava imminente.

Nessuna vela si mostrava all’orizzonte, ma tutti sentivano il pericolo e si preparavano animosamente a respingerlo.

La giornata trascorse senza che Piccolo Flocco, sempre in alto sulle crocette della maestra, avesse annunciato nulla di nuovo. L’orizzonte era limpido, e la brezza aumentava sempre col calare del sole. La corvetta filava meravigliosamente, con tutte le sue vele al vento, compresi gli scopamari, i coltellacci e i coltellaccini. Sir William non aveva abbandonato il ponte di comando un solo istante. Spiava attentamente il nemico, che navigava certamente di là dalla linea visiva dell’orizzonte.

Al cadere del sole la brezza si era tramutata in un vento così forte, che il Corsaro era stato costretto a far ritirare gli scopamari e i coltellacci e raccogliere i pappafichi ed i contrapappafichi

Anche l’Atlantico era diventato irrequieto. Le onde si alzavano a poco a poco e si distendevano, rumoreggiando e rompendosi fragorosamente contro la poppa.

Alle nove una profonda oscurità avvolgeva mare e cielo. Solo poche meduse, naviganti quasi a fior d’acqua e che si lasciavano trasportare dal Gulf Stream, scintillavano come globi elettrici. Tutti erano ai loro posti, pronti a impegnare risolutamente la lotta e tutti sentivano ormai il nemico che cercava di sorprendere la corvetta. Sir William era sempre sul ponte a fianco di Howard. Aveva riacquistato il suo sangue freddo e pareva che, per un momento, avesse dimenticato Mary di Wentwort ed il marchese d’Halifax. Il suo sguardo solo era irrequieto e spaziava continuamente sull’orizzonte ormai tenebroso. Una altra ora era trascorsa, quando la voce di Piccolo Flocco, il quale non viveva che fra le coffe e le crocette, gridò:

– Badate!… Corriamo fra due ombre! Sono le navi d’alto bordo!

Dopo un breve silenzio, il Corsaro interrogò:

– A dritta l’una ed a sinistra l’altra?

– Si, capitano.

– Per San Patrick, – esclamò sir William, – Che occhi hanno i due comandanti inglesi! Come hanno fatto a scoprirci con questa oscurità? Ah! ci vogliono prendere? La vedremo, signori miei! – Poi, alzando la voce gridò:

– Dieci uomini nella stiva a guardia degli stoppacci. Se ci foreranno, chiudere subito le ferite.

Si volse verso il luogotenente:

– Vi affido il servizio dei pezzi del cassero. Per quelli del castello ci penserà Testa di Pietra.

In quel momento un lampo ruppe la profonda oscurità a meno di sei gomere da sinistra, seguito da un rombo non intimavano più il «ferma» con un colpo in bianco, bensì con una palla di cannone e probabilmente di buon calibro.

Il Corsaro si era curvato tendendo l’orecchio.

Si udì come un laceramento.

– Strappo alla gabbia di trinchetto – disse. – Che pessimi artiglieri! Ci volevano due palle incatenate, miei cari, per prendere in mezzo l’albero.

Fra il silenzio che regnava sulla corvetta, si udì la voce del luogotenente prima e poi quella di Testa di Pietra.

– Dobbiamo rispondere.

– No – rispose sir William, il quale aveva imboccato il portavoce. – Non c’è premura. Timonieri!

– Signore!

– Poggia sempre al nord. Vedi quell’ombra enorme?

– Sì, capitano.

– Attacca su quella. Pronti i gabbieri! Fuori i grappini d’abbordaggio!

Un altro lampo balenò e questa volta a dritta, alla medesima distanza, ed un altro proiettile fischiò sulla coperta della corvetta, colpendo la testa di un gabbiere che stava salendo le griselle di trinchetto con un carico di grappini d’abbordaggio. Il disgraziato non ebbe nemmeno il tempo di mandare un ah! e precipitò in mare.

– Per San Patrik! – esclamò il Corsaro. – Si massacra la mia gente! Ecco il buon momento per passare a colpi di bordate.

Imboccò di nuovo il portavoce e gridò con voce tonante:

– Non vi trattengo più, ragazzi! Coprite le inglesi di ferro e di piombo!

La corvetta che, più rapida delle due pesantissime navi d’alto bordo ed infinitamente più maneggevole, stava per oltrepassare le due poderose avversarie, si coprì di fiamma e di fumo.

Sparavano le batterie di dritta e di sinistra ed i quattro grossi pezzi da caccia. Appena cessato quel frastuono, seguì una terribile scarica di moschetteria. I cinquanta americani della giunca, ammassati sul castello di prora saettavano con una tempesta di palle le due navi inglesi, spazzandone gli altissimi ponti.

Le due navi d’alto bordo non indugiarono a rispondere.

Quella che si trovava sopravvento fu la prima a scatenare tutti i suoi pezzi di dritta; ma sia che in quel momento gli artiglieri si fossero ingannati sulla velocità della corvetta, o che qualche improvvisa ondata avesse fatto perdere loro le mire, la bordata passò a venti passi dalla poppa della fuggitiva senza recarle nessun danno.

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