Volodyk - Paolini1-Eragon.doc
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Mi sta davvero offrendo il suo aiuto, o è una trappola? Eragon aveva paura di quello che i suoi misteriosi nemici erano in grado di fare. Ma Brom ha convinto Saphira a fidarsi di lui, e hanno parlato attraverso la mente. Se lei non è preoccupata... Decise di accantonare i sospetti, per il momento. «Non mi serve aiuto» disse Eragon. Poi aggiunse, con una smorfia; «Ma se vuoi venire...»
«Allora sarà meglio che andiamo» disse Brom. La sua espressione divenne neutra per un istante. «Credo che scoprirai che il tuo drago ti ascolta di nuovo.»
Saphira? disse Eragon. . ..
Sì.
Frenò l'impulso di interrogarla. Ci vediamo alla fattoria?
Sì. Avete raggiunto un accordo?
Credo di sì . La dragonessa si ritrasse e volò via. Eragon guardò verso Carvahall e vide uomini che correvano di casa in casa. «Credo che mi stiano cercando.»
Brom inarcò un sopracciglio. «Probabile. Andiamo?»
Eragon esitò. «Vorrei lasciare un messaggio per Roran. Non mi sembra giusto partire senza dirgli il perché.»
«Ho già provveduto» lo rassicurò Brom. «Ho lasciato una lettera per lui da Gertrude, con qualche spiegazione. L'ho anche avvertito di guardarsi da certi pericoli. È abbastanza?»
Eragon annuì. Avvolse la carne nelle pelli e s'incamminarono. Furono attenti a non farsi vedere finché non ebbero raggiunto la via maestra; poi si affrettarono, desiderosi di mettere quanta più strada possibile fra loro e Carvahall. Eragon camminava avanti, con piglio deciso, nonostante il dolore alle gambe. Il passo costante gli sgombrò la mente. Una volta arrivati a casa, non muoverò un passo con Brom finché non mi avrà dato delle risposte, si disse risoluto. Spero che possa dirmi di più sui Cavalieri e su coloro che voglio combattere.
Quando i ruderi della fattoria comparvero, le sopracciglia di Brom fremettero di rabbia, Eragon fu turbato nel vedere con quanta rapidità la natura reclamava la fattoria. La neve e la pólvere si erano già accumulate sui resti della casa, celando la violenza dell'attacco degli stranieri. Tutto ciò che restava del fienile era un rettangolo di assi bruciate in rapido disfacimento.
La testa di Brom scattò verso l'alto quando sopra gli alberi si udì il battito d'ali di Saphira. La dragonessa scese in planata dietro di loro, arrivando quasi a sfiorare le loro teste, e lo spostamento d'aria li fece barcollare. Le squame di Saphira scintillarono mentre tracciava un arco sopra la fattoria e atterrava con grazia davanti a loro.
Brom fece un passo avanti, con espressione solenne e gioiosa. I suoi occhi splendevano, e una lacrima brillò sulla sua guancia prima di scomparire nella barba. Rimase immobile a lungo, ansante, mentre guardava Saphira, e lei lui. Eragon lo udì mormorare qualcosa e mosse qualche passo per sentire meglio.
«E così... ricomincia. Ma come, quando finirà? La mia visione è annebbiata; non so predire se sarà farsa o tragedia, poiché vedo gli elementi di entrambe... Comunque, la mia posizione resta immutata, e io… »
Le sue parole si dissolsero in un borbottio mentre Saphira si avvicinava fiera, Eragon superò Brom, fingendo di non aver udito nulla, e la salutò. C'era qualcosa di diverso fra loro, come se si conoscessero più a fondo, ma fossero ancora estranei. Le strofinò il collo, e il suo palmo formicolò quando le menti si toccarono. La dragonessa emanava un'intensa curiosità.
Non ho mai visto umani, tranne te e Garrow, e lui era ferito, disse lei.
Hai visto altra gente attraverso i miei occhi.
Non è la stessa cosa . La dragonessa si avvicinò e volse la lunga testa per poter scrutare meglio Brom con un enorme occhio azzurro. Siete proprio creature bizzarre, disse in tono critico, e continuò a fissare il vecchio. Brom rimase immobile mentre la dragonessa annusava l'aria circostante; poi tese una mano. Saphira abbassò piano la testa e gli permise di toccarla sulla fronte. Poi si ritrasse di colpo con uno sbuffo e si nascose dietro Eragon. La sua coda frustò il terreno. Che cosa succede? domandò lui. Lei non rispose.
Brom si rivolse al ragazzo e chiese sottovoce; «Come si chiama?»
«Saphira.» Una strana espressione attraversò il volto di Brom. Conficcò il bastone nel terreno con tanta forza che le nocche sbiancarono. «Di tutti i nomi che mi hai suggerito, quello è l'unico che le è piaciuto. Credo che sia appropriato» si affrettò ad aggiungere Eragon.
«Molto appropriato» disse Brom, Eragon colse una sfumatura indecifrabile nella sua voce. Perdita, meraviglia, paura, invidia? Non ne era sicuro; poteva essere tutto o niente. Brom alzò la voce e disse; «Salute a te, Saphira. Sono onorato di conoscerti.» Fece un gesto svolazzante con la mano e s'inchinò.
Mi piace , disse Saphira.
Ovvio; a tutti piace essere lusingati. Eragon la toccò sulla spalla e puntò verso la casa diroccata. Saphira lo seguì insieme a Brom. Il vecchio aveva l'aria vivace.
Eragon si arrampicò sulle macerie e scivolò sotto una porta in ciò che restava della sua stanza. A stento la riconobbe sotto i cumuli di legno divelto. Guidato dalla memoria, cercò la parete interna e trovò il suo zaino vuoto. Parte dell'intelaiatura di legno era rotta, ma si poteva riparare. Continuò a frugare attorno e alla fine scoprì un'estremità del suo arco, ancora chiuso nella custodia di pelle. N La pelle era rovinata e piena di graffi, ma fu lieto di constatare che il legno oliato era rimasto intatto. Almeno un colpo di fortuna . Incordò l'arco e ne saggiò l'elasticità. L'arco si piegò senza schiocchi o rotture. Soddisfatto, cercò la faretra, che trovò sepolta lì vicino. Molte frecce erano spezzate.
Porse l'arco e la faretra a Brom, che commentò: «Ci vuole un braccio robusto per tenderlo.» Eragon accettò il complimento in silenzio. Vagò ancora per la casa in cerca di altri oggetti utili e li posò ai piedi di Brom. Un ben magro bottino. «E adesso?» disse il vecchio. I suoi occhi lo scrutavano in profondità. Eragon distolse lo sguardo.
«Troviamo un posto dove nasconderci.»
«Hai già in mente qualcosa?»
«Sì.» Avvolse gli oggetti, tranne l'arco, in un ampio fagotto, e lo chiuse stretto. Se lo gettò in spalla, disse: «Da questa parte» e s'incamminò verso la foresta. Saphira, seguici in volo. Le tue impronte sono troppo facili da scoprire.
D'accordo . La dragonessa si librò.
La destinazione era vicina, ma Eragon seguì un percorso tortuoso allo scopo di seminare eventuali inseguitori. Era passata oltre un'ora quando finalmente si fermò in una radura ben nascosta. Lo spiazzo era largo quanto bastava per ospitare un falò, due persone e un drago. Gli scoiattoli fuggirono tra gli alberi, protestando con sonori squittii contro l'intrusione. Brom si districò da un rampicante e si guardò intorno con interesse. «Qualcun altro sa di questo posto?» domandò. «No. L'ho scoperto quando ci siamo trasferiti qui. Mi ci è voluta una settimana per ripulirlo, e un'altra ancora per portar via tutti i rami secchi.» Saphira atterrò accanto a loro e chiuse le ali, attenta a evitare i rovi. Si accovacciò, spezzando qualche rametto con le dure squame, e posò la testa sul terreno. I suoi occhi imperscrutabili seguivano ogni loro mossa.
Brom si appoggiò al bastone e la osservò attento. Il suo sguardo insistente innervosiva Eragon, che rimase a sua volta a guardare il vecchio finché la fame non lo costrinse ad agire. Accese un falò, riempì una pentola di neve e la mise sul fuoco, per farla sciogliere. Quando l'acqua bollì, tagliò qualche pezzo di carne e lo tuffò nella pentola insieme a un pugno di sale. Non è granché, pensò amaramente , ma basterà allo scopo. Probabilmente mangerò questa roba per parecchio.tempo, perciò tanto vale che mi ci abitui.
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