Volodyk - Paolini1-Eragon.doc
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«Sì che sono sicuro. All'epoca ce l'aveva lui. Non sto mentendo. Un sacco di gente lo sa. Chiedete in giro.» Sloan era chiaramente terrorizzato. Poi disse qualcosa che Eragon non sentì. «L'abbiamo fatto, ma abbiamo ricevuto scarsa... collaborazione.» Le parole erano ironiche. Ci fu una pausa. «La tua informazione ci è stata preziosa. Non ci dimenticheremo di te.» Questo è certo , pensò Eragon.
Sloan borbottò qualcosa; poi Eragon sentì qualcuno allontanarsi in fretta. Spiò da dietro l'angolo. In mezzo alla strada c'erano due uomini alti, con lunghi mantelli neri dal bordo sollevato all'altezza dei polpacci, dove spuntavano i foderi delle spade. Sulle loro casacche spiccavano complicati stemmi intessuti d'argento. Avevano il volto coperto dal cappuccio e le mani guantate. La loro schiena mostrava uno strano rigonfiamento, come se gli abiti fossero imbottiti.
Eragon si spostò appena per vedere meglio. Uno degli stranieri si irrigidì e lanciò un eloquente grugnito al compagno. Si volsero di scatto, pronti all'attacco. Eragon trattenne il fiato, in preda a un terrore mortale. Il suo sguardo rimase inchiodato sui volti nascosti, mentre un potere immenso s'impadroniva della sua mente e gli impediva qualsiasi movimento. Tentò di opporsi e gridò a se stesso: Muoviti! , ma le sue gambe non risposero. Gli stranieri presero ad avanzare tranquilli verso di lui. Eragon sapeva che ormai lo vedevano in viso. Erano quasi all'angolo; le loro mani corsero alle spade...
«Eragon!» Il ragazzo trasalì nel sentirsi chiamare. Gli stranieri si bloccarono, sibilando. Brom arrivò da una traversa, a testa nuda, il bastone in mano. Dov'era non poteva vedere gli stranieri. Eragon tentò di avvertirlo, ma la sua lingua e le sue mani erano paralizzate. «Eragon!» esclamò ancora il vecchio. Gli stranieri scoccarono un'ultima occhiata a Eragon; poi scivolarono via tra le case. Eragon crollò a terra, tremante. Aveva la fronte imperlata di sudore e sentiva un gran freddo. Il vecchio gli tese la mano e lo aiutò ad alzarsi. «Ragazzo, che ti prende? Ti senti bene?» Eragon deglutì e annuì senza parlare. Si guardò intorno, in cerca di qualcosa di insolito. «All'improvviso ho avuto un capogiro... è passato. Strano... non so come è successo.» «Ti rimetterai» disse Brom. «ma forse è meglio che te ne torni a casa.»
Sì, devo andare a casa! Devo arrivare prima di loro . «Hai ragione. Forse sta arrivando una malattia.»
«Allora per te non c'è posto migliore di casa. È una lunga camminata, ma una volta arrivato, sono sicuro che ti sentirai meglio. Vieni, ti accompagno sulla strada.» Eragon non protestò quando il vecchio lo prese per un braccio, guidandolo in fretta. La neve crepitava sotto il bastone di Brom. «Perché mi stavi cercando?»
Brom si strinse nelle spalle. «Pura curiosità. Ho saputo che eri in città e mi chiedevo se ti eri ricordato il nome di quel mercante.»
Quale mercante? Di che cosa sta parlando? Eragon lo fissò vacuo; la sua confusione attirò lo sguardo inquisitorio di Brom. «Non,..» disse. Poi rammentò. «Non mi è venuto ancora in mente.» Brom sospirò, come se avesse avuto la conferma di qualcosa, e si strofinò il naso aquilino. «Be'... quando te lo ricordi, vieni a dirmelo. Sono molto interessato a questo mercante che pretende di sapere tutto sui draghi.» Eragon annuì con aria distratta. Camminarono in silenzio fino alla strada, poi Brom disse: «Affrettati a tornare a casa. Non credo che sarebbe una buona idea ciondolare lungo il tragitto.» E gli tese la destra rattrappita.
Eragon la strinse, ma quando fece per tirare indietro il braccio, qualcosa s'impigliò nella mano di Brom e gli sfilò il guanto di lana, che cadde in terra. Il vecchio si chinò a raccoglierlo. «Che sbadato» si scusò, e lo porse a Eragon. Non appena il ragazzo lo prese, le dita robuste di Brom si chiusero sul suo polso e lo girarono di scatto. Per un istante, l'ovale argenteo sul suo palmo fu ben visibile. Gli occhi di Brom scintillarono, ma lasciò che Eragon ritraesse la mano e si rimettesse il guanto.
«Arrivederci» borbottò Eragon, turbato, e si avviò di corsa. Alle sue spalle, sentì Brom fischiettare un allegro motivetto.
SULLE ALI DEL DESTINO
L
a mente di Eragon era in tumulto, mentre correva a perdifiato verso casa, sempre più ansante. Calpestando a grandi falcate il terreno gelato, cercò di dilatare la mente in cerca di Saphira, ma la dragonessa era ancora troppo lontana per stabilire un contatto. Pensò a quello che
avrebbe detto a Garrow. Non aveva scelta, ormai: doveva rivelargli l'esistenza di Saphira. Arrivò a casa senza fiato, con il cuore che gli batteva all'impazzata. Garrow era accanto alla stalla, con i cavalli. Eragon esitò. Devo dirglielo adesso? Non mi crederà mai, se non vede Saphira . È meglio che vada a chiamarla. Aggirò la fattoria e si diresse nella foresta. Saphira! gridò col pensiero.
Arrivo , fu la debole risposta. Eragon avvertì anche una. nota di allarme. La sua attesa impaziente non durò a lungo; ben presto udì un fragore di ali che frustavano l'aria. La dragonessa atterrò in uno sbuffo di fumo. Che cosa è successo? gli domandò.
Lui le toccò la spalla e chiuse gli occhi. Sforzandosi di restare calmo, le raccontò in fretta che cos'era successo. Quando arrivò agli stranieri, Saphira trasalì. S'impennò sulle zampe di dietro e lanciò un ruggito assordante, agitando la coda, che gli mancò la testa di un soffio. Eragon indietreggiò sorpreso e si chinò per schivare un altro colpo di coda, che sollevò una nube di neve polverizzata. La creatura emanava spaventose ondate di terrore e ferocia. Fuoco! Nemici! Morte! Assassini!
Che cosa succede? Eragon fece ricorso a tutti i suoi poteri mentali, ma una parete d'acciaio sembrava schermare i pensieri della dragonessa, che lanciò un altro ruggito e conficcò gli artigli nel terreno, strappando zolle di terra gelata. Fermati! Garrow li sentirà!
Giuramenti traditi, anime uccise, uova infrante! Sangue dappertutto. Assassini!
In preda al panico, Eragon respinse le emozioni di Saphira e tenne d'occhio la sua coda. Quando gli passò accanto, si gettò di lato e le afferrò una punta del dorso. Tenendosi ben saldo, si issò sul piccolo incavo alla base del collo, mentre lei. tornava a impennarsi. «Basta, Saphira!» gridò. Il flusso di pensieri cessò di colpo. Il ragazzo le accarezzò le squame. «Andrà tutto bene.» La dragonessa si rannicchiò e alzò le ali, tenendole sospese per un istante; poi le abbassò di colpo e spiccò il volo.
Eragon lanciò un urlo quando il terreno si allontanò dai suoi piedi e cominciarono a volare sopra gli alberi. Il vento lo investiva con violenza, strappandogli il respiro, Saphira ignorò il suo terrore e virò verso la Grande Dorsale. Sotto di loro, Eragon scorse la fattoria e il fiume Anora. Il sito stomaco si ribellò. Strinse le braccia intorno al collo di Saphira e per non vomitare si concentrò sulle squame che aveva davanti al naso, mentre la dragonessa continuava la sua ascesa. Quando il volo si fece più regolare, Eragon trovò il coraggio di guardarsi attorno.
L'aria era così fredda che sulle sue ciglia si cristallizzò uno strato di brina. Avevano raggiunto le montagne più in fretta di quanto non ritenesse possibile. Dall'alto, le cime sembravano gigantesche zanne affilate come rasoi, in attesa di farli a brandelli. Saphira s'inclinò su un lato all'improvviso, ed Eragon perse quasi l'equilibrio. Si asciugò le labbra, amare di bile, e seppellì di nuovo la testa nella nuca della creatura.
Dobbiamo tornare indietro , la supplicò. G li stranieri stanno andando alla fattoria. Bisogna avvertire Garrow. Voltati! Nessuna risposta. Provò a entrare nella sua mente, che però era ancora bloccata da una torbida barriera di rabbia e paura. Deciso a farla tornare indietro, tentò di insinuarsi nella sua armatura mentale, cercando i punti deboli, minando le zone più resistenti, lottando per farsi ascoltare: ma invano.
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