Mentre usciva dalla doccia e si asciugava, Ellington entrò in bagno. Forse avrebbe voluto unirsi a lei sotto la doccia, ma era arrivato tardi. La guardò malizioso, come sempre, ma il suo sguardo era anche carico di qualcos’altro; lei la definiva la sua “espressione da lavoro.”
“Che c’è?” gli chiese scherzosamente.
“Domani... non vorrei, ma forse dovremmo dividerci. Uno di noi può andare a Treston, mentre l’altro rimane qui a lavorare con la polizia e il medico legale.”
Mackenzie sorrise quando si rese conto di quanto a volte fossero in sintonia. “Stavo pensando la stessa cosa.”
“Hai preferenze?” le chiese.
“Non direi. Posso andare io a Lynchburg e Treston. Guidare non mi dispiace.”
Pensò che avrebbe protestato, insistendo per mettersi lui in viaggio. Sapeva che Ellington non amava particolarmente guidare, ma non gli andava nemmeno a genio l’idea di saperla sola per strada.
“Per me va bene” disse invece. “Se a fine giornata saremo riusciti a raccogliere informazioni dalla casa di cura a Treston e dal medico legale qui, forse riusciremo davvero a risolvere il caso velocemente come tutti si aspettano tutti.”
“Sarebbe fantastico” gli disse, poi lo baciò sulle labbra e uscì dal bagno.
Tornata in camera, si affacciò alla sua mente un pensiero che la fece sentire quasi un’innamorata persa, ma che era innegabile.
E se lui non prova le stesse cose che io provo per lui?
Nell’ultima settimana l’aveva sentito un po’ distante e, anche se Ellington aveva fatto del proprio meglio per nasconderlo, lei se n’era accorta.
Forse si è reso conto di quanto tutto questo potrebbe influenzare il nostro lavoro.
Era una buona motivazione, a cui anche lei pensava spesso. Però non poteva preoccuparsi di quello adesso. Con il referto del medico legale che stava per arrivare, il caso poteva essere ad un punto di svolta. E sapeva che, se la sua mente rimaneva concentrata su Ellington e su quello che significavano l’uno per l’altra, forse le indagini non sarebbero riuscite a decollare.
Quando si separarono la mattina seguente, Mackenzie notò con sorpresa che Ellington era particolarmente serio. La abbracciò un po’ più a lungo del normale nella stanza del motel e quando Mackenzie lo lasciò alla stazione di polizia di Stateton sembrava piuttosto depresso. Dopo averlo salutato agitando la mano dietro il parabrezza, Mackenzie tornò sulla strada principale per il viaggio di due ore e quaranta minuti che la aspettava.
In mezzo ai boschi la ricezione del cellulare era irregolare. Riuscì a telefonare al secondo potenziale sospetto indicato da Jones, Robbie Huston, solo quando fu circa quindici chilometri fuori da di Stateton. Quando infine riuscì a far partire la chiamata, l’uomo rispose al secondo squillo.
“Pronto?”
“Parlo con Robbie Huston?” gli chiese.
“Sì. Chi è?”
“Sono l’agente Mackenzie White, FBI. Mi chiedevo se stamattina avesse tempo di scambiare qualche parola con me.”
“Ehm... posso chiederle a proposito di cosa?”
La confusione e la sorpresa dell’uomo erano sincere, lo si intuiva persino al telefono.
“A proposito di un’ospite della Casa per Ciechi Wakeman che credo conosca anche lei. Non posso rivelarle altro per telefono, perciò le sarei grata se potesse dedicarmi cinque, massimo dieci minuti del suo tempo. Sarò a Lynchburg tra circa un’ora.”
“Certo” disse l’uomo. “Lavoro da casa, quindi se vuole può venire direttamente al mio appartamento.”
Dopo aver ricevuto l’indirizzo, Mackenzie terminò la telefonata. Impostando il navigatore, constatò sollevata che per raggiungere l’appartamento ci sarebbero voluti solo venti minuti in più di viaggio.
Mentre raggiungeva Lynchburg non riuscì a concentrarsi sul caso in corso, distratta dalle centinaia di domande senza risposta che riguardavano il vecchio caso di suo padre e la recente morte che lo aveva riportato alla luce. Per chissà quale motivo, chiunque avesse ucciso suo padre aveva ucciso anche qualcun altro in modo molto simile.
E, ancora una volta, l’omicida aveva lasciato sulla scena un criptico biglietto da visita. Ma perché?
Aveva passato settimane a cercare di scoprirne il significato. Forse il killer era semplicemente sfacciato, oppure i biglietti erano stati lasciati per depistare le indagini... quasi stesse giocando al gatto col topo. Sapeva che sul caso c’era ancora Kirk Peterson, un umile e scrupoloso detective privato in Nebraska che Mackenzie non conosceva abbastanza da potersi fidare completamente di lui. Aveva l’impressione che il puzzle fosse quasi completo, ma che qualcuno avesse nascosto di proposito un pezzo, determinato a rimetterlo in tavola all’ultimo istante.
Non si era mai sentita tanto demoralizzata in vita sua. Non si trattava più soltanto di consegnare alla giustizia l’assassino del padre, ma anche di risolvere una volta per tutte un mistero durato decenni. Mentre era ancora persa in quei pensieri, il suo cellulare squillò. Vide sul display il numero dello sceriffo e rispose sperando che avesse qualche indizio da riferirle.
“Buondì, agente White” disse Clarke. “Senta, come avrà notato, la ricezione qui a Stateton fa schifo. C’è qui con me l’agente Ellington che vorrebbe parlare brevemente con lei. Non è riuscito a chiamarla con il suo cellulare.”
Rimase in linea sentendo i rumori del telefono che veniva passato a Ellington.
“Allora” fece lui “ti senti persa senza di me?”
“Non direi” disse lei. “Tra poco meno di un’ora ho appuntamento con Robbie Huston.”
“Ah, fai progressi. A proposito, ho in mano il referto del medico legale. Fresco fresco. Ti faccio sapere se scopro qualcosa. Tra poco dovrebbe arrivare anche Randall Jones, voglio chiedergli di farmi parlare con alcuni ospiti della casa.”
“Mi sembra una buona idea. Io invece nelle prossime tre ore ho in programma di guidare tra pascoli e campi deserti.”
“Che vita mondana” scherzò lui. “Chiamami se hai bisogno.”
Detto ciò, chiuse la comunicazione.
Era il loro solito scambio di battute e questo la fece sentire una sciocca per essersi preoccupata di cosa pensasse Ellington di quello che si stava sviluppando tra loro.
Con la telefonata che aveva interrotto il filo dei pensieri sul vecchio caso di suo padre, Mackenzie riuscì a concentrarsi meglio su quello attuale. Il termometro sul cruscotto la informava che fuori c’erano già trentuno gradi... e non erano nemmeno le nove del mattino.
Gli alberi ai lati delle strade erano incredibilmente spessi e stavano curvi come un tendone. Anche se avevano qualcosa di misteriosamente bello nella debole luce del mattino, Mackenzie non vedeva l’ora di trovarsi sull’ampia autostrada a quattro corsie che l’avrebbe condotta da Lynchburg a Treston.
***
Robbie Huston viveva in un piccolo complesso di appartamenti alla moda vicino al centro di Lynchburg. Era circondato da librerie universitarie e caffetterie che probabilmente riuscivano ad andare avanti grazie alla grande università privata cristiana che incombeva sulla città. Quando Mackenzie bussò alla sua porta alle 9:52, l’uomo aprì quasi immediatamente.
Sembrava sulla trentina e aveva i capelli ispidi e scompigliati, e una carnagione che faceva pensare a Mackenzie che avesse sempre ed esclusivamente lavorato dietro una scrivania. Era piuttosto carino e sembrava eccitato o nervoso di avere un vero agente dell’FBI a casa sua.
La invitò ad entrare e Mackenzie vide che l’appartamento era bello e moderno anche all’interno. La zona soggiorno, la cucina e lo studio erano tutti in un’unica, ampia stanza, con i diversi ambienti delimitati da divisori decorati e inondata dalla luce del sole che si riversava nell’appartamento attraverso due finestroni sulla parete opposta.
Читать дальше