Blake Pierce - Prima Che Uccida

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Dall’autore di successo Blake Pierce, una nuova serie di gialli mozzafiato. Una donna viene trovata morta nei campi di granoturco del Nebraska, legata a un palo, vittima di un folle assassino. La polizia non ci mette molto a realizzare di avere a che fare con un serial killer - e che la sua furia omicida è appena iniziata. La detective Mackenzie White è giovane, determinata e più intelligente dei maschilisti di mezza età che lavorano con lei nella polizia locale. È quindi a malincuore che viene interpellata per risolvere il caso. Anche se detestano ammetterlo, i suoi colleghi poliziotti hanno bisogno della sua mente giovane e brillante, che li ha già aiutati in passato a risolvere casi per loro difficili. Eppure, stavolta l’enigma sembra impossibile anche per Mackenzie: né lei né la polizia locale hanno mai visto prima qualcosa del genere. Con il supporto dell’FBI, ha inizio una caccia all’uomo. Mackenzie, turbata da un oscuro passato, relazioni fallite e dall’innegabile attrazione che prova verso il nuovo agente dell’FBI, deve affrontare i propri demoni quando la caccia al killer la trascina nei luoghi più bui della sua mente. Immergendosi nella mente dell’assassino per tentare di comprendere la sua psicologia contorta, scopre che il male esiste davvero e che l’unica speranza è non rimanerne invischiata, mentre il mondo inizia a crollarle addosso. Dopo che altre donne vengono trovate morte, inizia una corsa contro il tempo. L’unica soluzione è scovare il killer prima che uccida ancora. Thriller-noir psicologico dalla suspence mozzafiato, PRIMA CHE UCCIDA è il primo libro di una nuova, avvincente serie – con un nuovo, irresistibile personaggio – che vi terrà incollati alle pagine fino a tarda notte. Il libro#2 della serie I Misteri di Mackenzie White sarà presto disponibile.

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“Va bene” disse Dalton con voce sommessa e arrochita.

“Detective Porter, perché non va con lui?”

Ancora una volta, Porter le rivolse uno sguardo carico di odio. Mackenzie sostenne il suo sguardo senza fare una piega. Indurì l’espressione fino a farla sembrare di pietra; era determinata a non cedere. Se voleva discutere con lei, l’avrebbero fatto fuori da lì. Invece, evidentemente, non voleva mettersi in imbarazzo, anche se si trattava solo di due ragazzini e una donna in stato catatonico.

“Ma certo” disse infine a denti stretti.

Mackenzie aspettò che Dalton e Porter entrassero in cucina.

Mackenzie si rialzò. Sapeva che il trucchetto di abbassarsi smetteva di funzionare più o meno a dodici anni.

Guardò Kevin e vide che lo sguardo di sfida che aveva mostrato a Porter era ancora lì. Mackenzie non aveva nulla contro gli adolescenti, però sapeva che spesso era difficile averci a che fare, soprattutto in circostanze tragiche come quella. Però aveva visto come Kevin aveva reagito a Porter e forse sapeva come poteva comunicare con lui.

“Dimmi la verità, Kevin” gli disse. “Secondo te siamo arrivati qui troppo presto? Pensi che siamo degli insensibili a farvi domande così presto dopo che avete avuto la notizia su vostra madre?”

“Più o meno” rispose.

“Magari non ti va di parlare adesso?”

“No, possiamo anche parlare” disse Kevin. “Ma quel tipo è uno stronzo.”

Mackenzie sapeva che quella era la sua occasione. Poteva affrontare la cosa con professionalità, come avrebbe fatto normalmente, oppure poteva sfruttare quell’occasione per stabilire una connessione con l’adolescente arrabbiato. Gli adolescenti apprezzavano soprattutto l’onestà. Riuscivano a percepire molte cose quando erano guidati dalle emozioni.

“Hai ragione” gli disse. “È uno stronzo.”

Kevin la fissò con gli occhi sbarrati. Era rimasto di stucco; evidentemente, non era la risposta che si aspettava.

“Ma questo non cambia il fatto che devo lavorare con lui” aggiunse, la voce un misto di compassione e comprensione. “E non cambia neanche il fatto che siamo qui per aiutarvi. Vogliamo scoprire chi è che ha fatto questo a vostra madre. Non lo vuoi anche tu?”

Restò in silenzio a lungo, ma alla fine annuì.

“Allora pensi di poter parlare con me?” chiese Mackenzie. “Solo qualche domanda veloce, poi ce ne andiamo.”

“E dopo di voi chi verrà?” chiese Kevin diffidente.

“Onestamente?”

Kevin annuì, e lei vide che era vicino alle lacrime. Si chiese se le avesse trattenute per tutto il tempo, cercando di essere forte per il fratello e la zia.

“Dopo che ce ne saremo andati, riferiremo le informazioni che abbiamo ottenuto e i servizi sociali verranno per accertarsi che Jennifer sia la persona adatta a prendersi cura di voi mentre vengono fatti gli ultimi preparativi per vostra madre.”

“Di solito è una in gamba” disse Kevin guardando verso la zia. “È solo che lei e la mamma erano molto unite, proprio come due migliori amiche.”

“Già, tra sorelle è spesso così” disse Mackenzie, anche se non aveva idea se fosse vero o no. “Adesso però ho bisogno che ti concentri su quello che sto per chiederti. Pensi di poterlo fare?”

“Sì.”

“Bene. Odio dovertelo chiedere, ma è necessario. Tu sai che lavoro faceva tua madre?”

Kevin annuì abbassando lo sguardo sul pavimento.

“Sì” rispose. “E non so come, ma anche i ragazzi della mia scuola lo sanno. Probabilmente qualche papà arrapato è stato al club, l’ha vista e l’ha riconosciuta da qualche riunione scolastica. È uno schifo. Mi prendono in giro in continuazione.”

Mackenzie non riusciva a immaginare quale tormento dovesse essere, però questo le fece rispettare Hailey Lizbrook molto di più. Certo, di notte si spogliava per soldi, ma durante il giorno era una madre molto attenta ai suoi figli.

“Ho capito” disse Mackenzie. “Dato che sai del suo lavoro, ti puoi immaginare il tipo di uomini che frequentano quel posto, vero?”

Kevin annuì e Mackenzie vide la prima lacrima scivolargli lungo la guancia. Fu tentata di stringergli la mano per confortarlo, ma non voleva inimicarselo.

“Adesso prova a pensare se tua madre sia mai tornata a casa particolarmente turbata o arrabbiata per qualcosa. Devi anche cercare di ricordare se c’è stato qualche uomo con cui lei...insomma, un uomo che si è portata a casa.”

“Non veniva mai nessuno a casa con lei” rispose. “E non ho quasi mai visto la mamma arrabbiata o sconvolta. L’unica volta che l’ho vista furiosa è stato l’anno scorso, quando parlava con l’avvocato.”

“Avvocato?” ripeté Mackenzie. “E sai perché stesse parlando con un avvocato?”

“Più o meno. So solo che una sera è successo qualcosa al lavoro che l’ha spinta a contattare un avvocato. Mentre era al telefono ho sentito parte della conversazione. Sono quasi certo che stesse parlando di un’ordinanza restrittiva.”

“E credi che c’entrasse il suo posto di lavoro?”

“Non lo so per certo” disse Kevin. Pareva un po’ più calmo quando capì che quello che aveva detto poteva essere utile. “Ma credo di sì.”

“Mi sei stato di grande aiuto, Kevin” disse Mackenzie. “C’è altro che ti viene in mente?”

Fece lentamente di no con la testa, poi guardò Mackenzie negli occhi. Cercava di essere forte, ma c’era così tanta tristezza nei suoi occhi che Mackenzie non aveva idea di come avesse fatto a non essere ancora crollato.

“Sa, la mamma si vergognava del suo lavoro” disse Kevin. “Durante il giorno lavorava un po’ da casa, come scrittrice tecnica. Creava siti web e roba così. Però non credo che guadagnasse molti soldi. Faceva l’altro lavoro per guadagnare di più, perché nostro padre... be’, lui è sparito da un sacco di tempo. Ormai non ci manda più soldi. Quindi la mamma... ha dovuto accettare l’altro lavoro. L’ha fatto per me e per Dalton e...”

“Ma certo” disse Mackenzie, e stavolta gli poggiò la mano sulla spalla. Lui le sembrò grato. Intuì che doveva avere una gran voglia di piangere, ma probabilmente non se lo sarebbe concesso davanti a degli estranei.

“Detective Porter” chiamò Mackenzie, e lui arrivò dall’altra stanza, guardandola male.

“Aveva altre domande da fare?” Chiese lei scuotendo impercettibilmente la testa e sperando che lui capisse.

“No, direi che abbiamo finito qui” rispose Porter.

“D’accordo” disse Mackenzie. “Ragazzi, grazie di nuovo per il vostro tempo.”

“Sì, grazie” disse Porter raggiungendo Mackenzie nel salotto. “Jennifer, ha il mio numero, se le viene in mente qualcosa che potrebbe aiutarci, non esiti a chiamarmi. Anche il dettaglio più insignificante potrebbe rivelarsi utile.”

Jennifer annuì e con voce rauca disse: “Grazie.”

Mackenzie e Porter uscirono dall’appartamento e scesero i gradini di legno che portavano al parcheggio del condominio. Mackenzie si avvicinò a Porter, ignorando l’immensa rabbia che emanava da lui come calore.

“Ho trovato una pista” gli disse. “Kevin ha detto che sua madre stava cercando di ottenere un’ordinanza restrittiva contro qualcuno sul posto di lavoro. Ha detto che è stata l’unica volta in cui l’ha vista visibilmente furiosa o turbata per qualcosa.”

“Bene” disse Porter. “Almeno ostacolarmi ha portato a qualcosa di buono.”

“Non ti stavo ostacolando” si difese Mackenzie. “Ho soltanto visto che la situazione fra te e il ragazzo ti stava sfuggendo di mano e sono intervenuta per rimediare.”

“Cazzate” disse Porter. “Mi hai fatto sembrare debole e inferiore davanti ai ragazzi e alla loro zia.”

“Non è vero” insisté Mackenzie. “E anche se fosse, che importa? Parlavi a quei ragazzi come se fossero degli idioti che non capivano la nostra lingua.”

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