L’addetto alla sicurezza fermò l’immagine e si voltò verso Keri e Ray. Keri lo guardò con attenzione per la prima volta. Portava una targhetta che diceva “Keith” e non poteva avere più di ventitré anni, con la pelle unta e brufolosa e la schiena incurvata che lo faceva somigliare a un ossuto Quasimodo. Finse di non notarlo mentre parlava.
“Ho preso qualche immagine valida del viso del ragazzo. Li ho messi su file digitali e posso inviarveli sui telefoni se volete.”
Ray lanciò a Keri un’occhiata che significava “forse non è così incompetente, dopotutto”, ma abbassò il capo quando lei gli ritornò l’occhiata, ancora arrabbiata per il commento sulle sue “esagerazioni”.
“Sarebbe fantastico,” disse Ray riportando l’attenzione alla guardia. “È riuscito a rintracciare dove sono andati?”
“Sì,” disse Keith fieramente e girò su se stesso per rivolgere il viso di nuovo allo schermo. Passò a un altro fermoimmagine che mostrava gli spostamenti del ragazzo all’interno del centro commerciale, così come quelli di Sarah e Lanie. Terminavano con tutti loro che salivano su un Trans Am e lasciavano il parcheggio, diretti a nord.
“Ho cercato di ottenere le targhe della macchina ma tutte le nostre telecamere sono montate troppo in alto per vederle.”
“Va bene così,” disse Keri. “Ha lavorato molto bene, Keith. Le do i nostri numeri per le immagini. Vorrei che le inviasse anche a un nostro collega del dipartimento, in modo che possa lavorare sul riconoscimento facciale.”
“Ma certo,” disse Keith. “Lo faccio subito. E, mi chiedevo, potrei chiedervi un favore?”
Keri e Ray si scambiarono degli sguardi scettici ma lei annuì comunque. Keith proseguì, esitante.
“Sto pensando di fare domanda per entrare all’accademia di polizia. Ma sto aspettando, perché non mi sento ancora pronto dal punto di vista dei requisiti fisici. Mi chiedevo se, quando tutto è sistemato, potrei chiedere a voi dei consigli su come incrementare le possibilità di entrare e di diplomarmi.”
“Tutto qua?” chiese Keri estraendo un biglietto da visita e porgendoglielo. “Chiami questo affetto da gigantismo per i consigli fisici. Può chiamare me quando ha bisogno di aiuto per la parte mentale del lavoro. Ah, un’altra cosa. Se deve portare una targhetta per lavoro, se ne procuri una con il cognome. È più intimidatorio.”
Poi se ne andò, lasciando Ray a fare il resto. Se lo meritava.
Fuori mandò un messaggio con i fermoimmagine del ragazzo sia a Joanie Hart che ai Caldwell, chiedendo se lo riconoscessero. Un attimo dopo Ray si unì a lei. Aveva l’aria imbarazzata.
“Senti, Keri. Non avrei dovuto dire che stavi esagerando. Chiaramente c’è qualcosa che non va, qui.”
“Sono delle scuse? Perché non ho sentito la parola ‘scusa’. E, dato che ci siamo, non abbiamo avuto abbastanza casi che sembravano niente a tutti tranne che a me che però si sono rivelati qualcosa perché tu mi dia il beneficio del dubbio?”
“Sì, ma tutti i casi che…?” fece per dire, poi ci pensò meglio e bloccò la frase a metà. “Scusa.”
“Grazie,” rispose Keri scegliendo di ignorare la prima parte del commento e di concentrarsi sulla seconda.
Le vibrò il telefono e guardò giù in trepidazione. Ma invece di un’email del Collezionista, era un messaggio di Joanie Hart. Era breve e andava dritto al punto: “non ho mai visto questo ragazzo.”
Lo mostrò a Ray, scuotendo la testa di fronte all’apparente profonda ambivalenza della donna nei confronti del benessere di sua figlia. Proprio allora squillò il telefono. Era Mariela Caldwell.
“Salve, signora Caldwell. Sono la detective Locke.”
“Sì, detective. Io e Ed abbiamo guardato le foto che ci ha mandato. Non abbiamo mai visto quel giovane. Però Sarah mi ha detto che Lanie le aveva detto che il suo ragazzo aveva l’aria di uno da rock band. Mi chiedo se non potrebbe essere lui.”
“Possibile,” disse Keri. “Sarah ha mai detto il nome di questo ragazzo di Lanie?”
“Sì. Sono piuttosto certa che fosse Dean. Non mi ricordo il cognome. Credo che non lo sapesse neanche lei.”
“Okay, grazie mille, signora Caldwell.”
“È un’informazione utile?” chiese la donna con voce speranzosa, quasi implorante.
“È probabile di sì. Ancora non ho altre informazioni da darle. Ma le assicuro che siamo concentrati sul ritrovamento di Sarah. Cercherò di tenerla aggiornata più che posso.”
“Grazie, detective. Lo sa, ho capito solo dopo che se n’è andata che lei è la stessa che ha ritrovato quella surfista scomparsa, qualche mese fa. E so che, be’… con sua figlia…” Le si spezzò la voce e si bloccò, chiaramente sopraffatta dall’emozione.
“Va tutto bene, signora Caldwell,” disse Keri preparandosi per non perdere il controllo.
“Mi dispiace così tanto per la sua bambina…”
“Adesso non se ne preoccupi. Io mi sto concentrando sul ritrovare sua figlia. E le prometto che metterò ogni grammo di energia che ho in quello. Lei cerchi solo di stare calma. Guardi un brutto programma alla televisione, faccia un sonnellino, faccia tutto quello che può per rimanere in sé. Nel frattempo, noi ci occupiamo di Sarah.”
“Grazie, detective,” sussurrò Mariela Caldwell con voce appena udibile.
Keri riappese e guardò Ray, che aveva un’espressione preoccupata.
“Non ti preoccupare, partner,” lo rassicurò. “Non perderò il controllo, per il momento. E adesso troviamo questa ragazza.”
“Come proponi di farlo?”
“Credo che sia ora di parlare con Edgerton. Ha avuto abbastanza tempo per verificare i dati dei telefoni delle ragazze. E adesso abbiamo un nome per il ragazzo del ristorante – Dean. Magari Lanie ne parla in uno dei suoi post. Sua madre può non sapere niente di lui, ma io credo che potrebbe essere a causa della sua mancanza di interesse piuttosto che alla volontà di Lanie di tenerlo nascosto.”
Uscendo dal centro commerciale in direzione del parcheggio e della macchina di Ray, Keri chiamò Edgerton e lo mise in vivavoce in modo che anche Ray potesse sentire. Edgerton rispose dopo un solo squillo.
“Dean Chisolm,” disse, facendo a meno dei saluti.
“Cosa?”
“Il ragazzo sui fermoimmagine che mi hai mandato si chiama Dean Chisolm. Non ho dovuto neanche usare il riconoscimento facciale. È taggato in sacco di foto Facebook della Joseph. Indossa sempre un berretto basso sul viso o gli occhiali da sole, come se cercasse di nascondere la sua identità. Però non è molto bravo. Porta sempre lo stesso tipo di maglia nera e i tatuaggi si riconoscono piuttosto bene.”
“Bel lavoro, Kevin,” disse Keri, ancora una volta impressionata dal genio informatico dell’unità. “Allora, che cosa sai di lui?”
“Una quantità decorosa di cose. Molti arresti per droga. Alcuni per possesso, un paio per spaccio, e uno per aver fatto da corriere. Si è fatto quattro mesi per quello.”
“Un bravo e onesto cittadino,” borbottò Ray.
“Non è tutto. È anche sospettato per coinvolgimento in un giro di prostituzione che vede coinvolte ragazze minorenni. Però nessuno è mai stato in grado di metterlo dentro per questo.”
Keri guardò Ray e vide qualcosa cambiare nella sua espressione. Fino a quel momento lui aveva chiaramente pensato che ci fosse una solida possibilità che le ragazze se ne fossero andate a far festa da qualche parte. Ma con le notizie su Dean, era ovvio che era passato dall’essere moderatamente inquieto a molto molto preoccupato.
“Che cosa sappiamo di questo giro?” chiese Keri.
“È gestito da un bel ragazzo che si chiama Ernesto ‘Chiqy’ Ramirez.”
“Chiqy?” chiese Ray.
“Credo che sia un soprannome – il diminutivo di chiquito. Vuol dire piccolo. E dato che il tipo sembra pesare molto più di centotrenta chili, sospetto che sia ironico.”
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