Morgan Rice - La Legge Delle Regine

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In LA LEGGE DELLE REGINE, Gwendolyn è a capo di ciò che rimane del suo popolo in esilio mentre navigano tra gli ostili porti dell’Impero. Accolti dal popolo di Sandara, cercano di insediarsi di nascosto per costruire un nuovo paese senza che Volusia lo sappia. Facendosi più vicini alla gente di Sandara capiranno di avere uno scopo comune nella lotta contro l’Impero. Dario rischia tutto per salvare l’amore della sua vita, anche se ciò lo costringe ad affrontare l’Impero da solo. Continua nel suo percorso per diventare un grande guerriero, sempre che sopravviva nella sua spericolata impresa. Thor è determinato a salvare Guwayne, e la sua impresa lo porterà insieme ai compagni della Legione, ad attraversare il mare fino ai confini dell’Impero, incontrando mostri inimmaginabili e paesaggi esotici. Nelle Isole del Sud Alistair si sacrifica per Erec, eppure un colpo di scena inaspettato potrebbe salvarli entrambi. E Volusia sorgerà, dopo l’assassinio di Romolo, per consolidare la sua stretta sull’Impero e diventare la grande e spietata regina che era destinata ad essere. Scoprirà Gwendolyn e la eliminerà una volta per tutte? Gwen e il suo popolo sopravviveranno? Guwayne verrà trovato? Alistair ed Erec vivranno? Dario salverà Lotti? Thorgrin e i suoi fratelli d’armi sopravviveranno? Con la sua sofisticata struttura e caratterizzazione, LA LEGGE DELLE REGINE è un racconto epico di amicizia e amore, di rivali e seguaci, di cavalieri e draghi, di intrighi e macchinazioni politiche, di maturazione, di cuori spezzati, di inganno, ambizione e tradimento. È un racconto di onore e coraggio, di fato e destino, di stregoneria. È un fantasy capace di portarci in un mondo che non dimenticheremo mai, in grado di affascinare persone di ogni sesso ed età. Un grande intreccio, è proprio il genere di libro che farete fatica a mettere giù per dormire. Il finale è ad alta tensione, talmente spettacolare che vorrete comprare all’istante il libro successivo, anche solo per vedere cosa succede. The Dallas Examiner {parlando di Amata}

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Krohn piagnucolò e le leccò la faccia e Gwen lo abbraccio con il suo ultimo briciolo di forza. Rimase sdraiata sulla schiena e Krohn le si accoccolò accanto posandole la testa sul petto e stringendosi a lei come se non avesse altro posto rimasto dove andare al mondo.

*

Gwendolyn sentì un liquido fresco e dolce gocciolarle sulle labbra, sulla lingua, sulle guance e sul collo. Aprì la bocca e bevve, deglutendo con energia man mano che quella sensazione la risvegliava dai suoi sogni.

Aprì gli occhi continuando a bere avidamente, vedendo volti sconosciuti che le stavano attorno. Mandò giù fino a che si mise a tossire.

Qualcuno la sollevò e la mise a sedere mentre tossiva senza riuscire a controllarsi, e le diedero delle pacche sulla schiena.

“Shhhh,” disse una voce. “Bevi lentamente.”

Era una voce gentile, la voce di un guaritore. Gwen sollevò lo sguardo e vide un anziano con il volto pieno di rughe che si facevano più fitte mentre le sorrideva.

Gwen si guardò attorno e vide decine di altri volti che non conosceva, la gente di Sandara che la guardava in silenzio osservandola attentamente come se fosse qualcosa di strano. Gwendolyn, sopraffatta da sete e fame, si allungò e come una pazza afferrò il recipiente che le stavano porgendo versandosi il liquido dolce in bocca e continuando a bere svuotandolo completamente come se non avesse potuto bere mai più.

“Lentamente ora,” le disse l’uomo. “O starai male.”

Gwen sollevò lo sguardo e vide decine di guerrieri, il popolo di Sandara, che si stavano occupando della nave. Vide la sua gente, i sopravvissuti dell’Anello, sdraiati, in ginocchio o seduti mentre qualcuno si prendeva cura di ciascuno e dava loro da bere. Si stavano tutti riprendendo dopo essere stati sul punto di morire. Tra loro vide Illepra che teneva tra le braccia la bimba che Gwen aveva salvato sulle Isole Superiori e le dava da mangiare. Gwen fu felice di sentire il pianto della bambina. L’aveva passata ad Illepra quando era stata troppo debole per tenerla in braccio e vederla viva la fece pensare a Guwayne. Gwen era determinata a fare in modo che quella creatura vivesse.

Gwen si sentiva meglio ogni momento di più e si mise a sedere bevendo ancora e chiedendosi cosa fosse quel liquido. Il suo cuore era colmo di gratitudine per quelle persone: avevano salvato loro la vita.

Accanto a sé Gwen udì un mugolio e abbassando lo sguardo vide Krohn che era ancora lì sdraiato con la testa sulle sue gambe. Gli diede da bere dal contenitore e lui leccò con gratitudine. Gwen gli accarezzò amorevolmente la testa: gli doveva la vita. E vederlo le fece venire in mente Thor.

Gwen guardò la gente di Sandara non sapendo come ringraziarli.

“Ci avete salvati,” disse. “Vi dobbiamo le nostre vite.”

Gwen si voltò e guardò Sandara che si avvicinava e le si inginocchiava accanto scuotendo la testa.

“La mia gente non crede ai debiti,” le disse. “Per loro è un onore salvare chi si trovi in difficoltà.”

La folla si aprì e Gwen vide apparire un uomo serio che sembrava essere il loro capo: un uomo forse sulla cinquantina con la mascella definita e le labbra sottili. Si accucciò accanto a lei con indosso una grossa collana turchese fatta di conchiglie che luccicavano al sole e chinò la testa. I suoi occhi gialli erano pieni di compassione mentre la guardava.

“Sono Bokbu,” disse con voce profonda e autoritaria. “Abbiamo risposto a Sandara perché è una di noi. Vi abbiamo accolti mettendo a rischio le nostre stesse vite. Se l’Impero dovesse vederci qui ora, con voi, ci ucciderebbero tutti.”

Bokbu si rialzò in piedi, le mani sui fianchi, e Gwen stessa si alzò, aiutata da Sandara e dal guaritore. Bokbu sospirò e si guardò attorno dando un’occhiata a tutta la gente e alle misere condizioni della nave.

“Ora stanno meglio, ora devono andarsene,” disse una voce.

Gwen si voltò e vide un guerriero muscoloso, senza camicia e con una lancia in mano, che insieme ad altri si portava vicino a Bokbu e li guardava tutti con freddezza.

“Rimanda questi stranieri in mare,” aggiunse. “Perché dovremmo spargere sangue per loro?”

“Io sono del vostro stesso sangue,” disse Sandara facendo un passo avanti e guardandolo con severità.

“È per questo che non avresti mai dovuto portare qui questa gente e metterci tutti in condizione di pericolo,” le rispose seccamente.

“Porti disgrazia alla nostra nazione,” gli rispose Sandara. “Hai dimenticato le leggi dell’ospitalità?”

“Tu porti disgrazia trascinandoli qui,” ribatté l’uomo.

Bokbu sollevò le mani di lato e i due fecero silenzio.

Bokbu rimase fermo, senza alcuna espressione in volto: sembrava stesse pensando. Gwendolyn rimase pure ferma osservando la scena e rendendosi conto della situazione precaria nella quale si trovavano. Rimettersi in mare, lo sapeva bene, avrebbe significato morte certa, ma allo stesso tempo non voleva mettere in difficoltà quella gente che l’aveva aiutata.

“Non intendevamo farvi del male,” disse Gwen rivolgendosi a Bokbu. “Non è mio desiderio mettervi in pericolo. Possiamo imbarcarci subito.”

Bokbu scosse la testa.

“No,” disse. Poi guardò Gwen e la fissò pensieroso. “Perché hai portato qui il tuo popolo?”

Gwen sospirò.

“Siamo sfuggiti da un grosso esercito,” disse. “Hanno distrutto la nostra patria. Siamo venuti qui in cerca di una nuova casa.”

“Siete venuti nel posto sbagliato,” le disse il guerriero. “Questa non diventerà casa vostra.”

“Silenzio!” gli disse Bokbu lanciandogli un’occhiataccia. Finalmente il guerriero tacque.

Bokbu si voltò verso Gwendolyn e la fissò negli occhi.

“Sei una donna nobile e coraggiosa,” gli disse. “Vedo che sei un capo. Hai ben guidato il tuo popolo. Se ti faccio tornare in mare, morireste di certo. Magari non oggi, ma certamente nel giro di pochi giorni.”

Gwendolyn lo guardò con fermezza.

“E allora moriremo,” rispose. “Non permetterò che la tua gente muoia per far vivere la mia.”

Lo guardò intransigente, impassibile, rafforzata dalla sua nobiltà e dal suo coraggio. Vide che Bokbu la osservava con rinnovato rispetto. Un teso silenzio pervadeva l’aria.

“Vedo che in te scorre sangue di guerriero,” le disse. “Starai con noi. La tua gente si riprenderà fino a che sarà di nuovo forte e in salute. Non importa quante lune ci vorranno.”

“Ma capo…” iniziò il guerriero.

Bokbu si voltò e si limitò a lanciargli un’occhiata.

“Ho deciso.”

“Ma la loro nave!” protestò. “Se rimane qui nel porto l’Impero la vedrà. Moriremo tutti prima che la luna sia completa!”

Il capo guardò l’albero maestro, poi la nave, considerando tutto. Gwen si guardò attorno e studiò il paesaggio vedendo che si trovavano completamente inseriti in un porto nascosto, circondati da una fitta vegetazione. Si voltò e vide dietro di loro il mare aperto, capendo che l’uomo aveva ragione.

Il capo la guardò e fece un cenno.

“Vuoi salvare la tua gente?” le chiese.

Gwen annuì con decisione.

“Sì.”

Lui annuì in risposta.

“I capi devono prendere dure decisioni,” le disse. “Ora tocca a te. Vuoi stare con noi, ma la tua nave ci farà uccidere tutti. Invitiamo la tua gente a riva, ma non possiamo permettere che la tua nave resti. Dovrai bruciarla. Allora vi accetteremo.”

Gwendolyn rimase ferma di fronte al capo con il cuore che le si spezzava al pensiero. Guardò la nave, la nave che li aveva portati attraverso l’oceano, che aveva salvato il suo popolo per mezzo mondo. Nella mente le vorticavano emozioni contrastanti. La nave era l’unico mezzo che avevano per andarsene.

Ma di nuovo, per andarsene da cosa? Ritornando al largo in un infinito oceano di morte? La sua gente poteva camminare a malapena, avevano bisogno di riprendersi. Avevano bisogno di riparo, di un porto e di un rifugio. E se bruciare la nave era il prezzo per la loro vita, allora che fosse così. Se avessero deciso di rimettersi in mare, allora avrebbero trovato un’altra nave, o ne avrebbero costruita una, o avrebbero fatto qualsiasi altra cosa fosse necessaria. Per ora dovevano vivere. Questo era ciò che contava di più.

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