“Hanno mandato una navicella da un’altra città per prenderci?” gridò Lupetto.
Non aveva senso che una navicella fosse arrivata lì tanto velocemente, o che loro potessero essere tanto importanti per gli alieni. Eppure non le veniva in mente nessun altro motivo per cui una navicella spaziale come quella venisse così velocemente verso di loro, o così bassa, a una trentina appena di metri da terra. Forse il fatto che si erano risvegliati dalla condizione di controllati aveva fatto arrabbiare gli alieni più di qualsiasi cosa avessero potuto fare.
“Devono aver percepito che delle persone si sono liberate dal loro controllo,” gridò Luna.
“Ho scoperto che i controllati si affrettano ad andare dove ho operato con la mia pistola,” spiegò Ignazio dalla moto di Orso. “Penso stiano tentando di fermare i miei tentativi di aiutare la gente.”
Luna pensò agli alieni che l’avevano controllata. Come avrebbero potuto reagire a gente che si liberava di loro? Come avrebbero risposto a qualsiasi perdita di controllo quando tutto ciò che parevano volere era prendere sempre di più?
A Luna parve di vedere qualcosa che iniziava a brillare nella parte frontale della navicella, un arancione vivo che dava l’idea che qualcuno avesse dato fuoco alla punta del muso del velivolo. Luna cercò di decidere se si trattasse di un trucco della luce, e poi un pensiero ancora più orribile le venne in mente.
“Sparpagliatevi tutti!” gridò, tirando la motocicletta di lato così repentinamente che le ci volle uno bello sforzo per tenerla dritta.
La strada davanti alla loro piccola carovana eruppe in un’esplosione di energia che sbrecciò l’asfalto, sollevando pietra e terra che volarono in ogni direzione. Luna vide una delle moto scivolare e capovolgersi, il motociclista che rotolava a terra mentre la terra scompariva sotto di lui.
Luna andò fuoristrada, ignorando i salti e gli scossoni provocati dal terreno irregolare mentre rocce e buche minacciavano di sbalzarla di sella. Attorno a lei vide gli altri motociclisti che la seguivano, percorrendo il terreno brullo, restando alla larga dalla linea dritta della strada mentre la navicella aliena fischiava sopra le loro teste. Un altro blocco di terra e pietra si sollevò con un secondo sparo, e poi la navicella passò oltre, virando nettamente e preparandosi a tornare verso di loro.
Così allo scoperto erano un bersaglio facile. Luna poteva vedere la navicella aliena che si allontanava da loro, ma solo per prendere la rincorsa e tornare all’attacco. Se avesse sparato loro contro da quella distanza, avrebbe avuto un sacco di tempo per prendere la mira e colpirli per bene. Dovevano trovare un riparo, e dovevano farlo ora.
Luna si guardò attorno e poi indicò verso le valli di roccia rossa nei pressi di Sedona.
“Lì!” gridò. “È la nostra unica speranza.”
Spinse il motore, la motocicletta che scattava in avanti con gli altri al seguito. La terra esplose ancora attorno a loro a un altro passaggio della navicella, e per un momento o due Luna non poté vedere nulla davanti a sé. Quando la nuvola di polvere si diradò tanto da consentirle di vedere, dovette virare di scatto a sinistra per evitare i resti di un albero, strappato dal terreno dall’ultima esplosione. Luna sperava solo di condurre gli altri nella giusta direzione.
Si diressero verso la valle, imboccandola a tutta velocità e continuando a premere sugli acceleratori. Dei lampi di energia andarono a colpire le pareti delle montagne, sollevando in aria la terra e facendo franare le rocce, costringendo così Luna a virare e schivare per evitarle. Le pietre rotolavano e rimbalzavano con grosso frastuono; una le passò vicino alla testa, tanto vicina da costringerla ad abbassarsi per schivarla.
“Sta scendendo di più!” gridò Lupetto da qualche parte vicino a Luna. Luna sapeva di dover tenere gli occhi fissi sulla vallata davanti a sé, ma non poté fare a meno di arrischiare un’occhiata alle proprie spalle.
La navicella aliena stava volando quasi rasoterra, spostandosi nella valle e cercando di approntare lo sparo successivo.
“Più veloci,” gridò Luna.
“Non riusciamo a seminarla,” esclamò Lupetto.
“Non dobbiamo seminarla,” gridò Luna. “Dobbiamo solo scoprire quanto velocemente può svoltare.”
Vide Lupetto sorridere: aveva capito. Il gruppo di motociclisti continuò ad avanzare, inoltrandosi nella valle.
“Tieniti duro, Bobby,” disse Luna.
Luna si teneva stretta alla motocicletta, prendendo le svolte e le curve alla massima velocità, poi ancora più veloce. Le rocce rosse dei versanti torreggiavano sopra di lei come cumuli malformi, con pietre che cadevano quando venivano colpite da lampi di energia, un promemoria di quanto tutto questo potesse andare storto. Una curva presa troppo di corsa, uno scatto del manubrio nella direzione sbagliata, e lei Bobby sarebbero finiti di peso contro le pareti delle montagne, con troppa forza per poter sopravvivere.
Luna tenne stretto il manubrio, vi si chinò sopra e diede ancora più gas.
Osò lanciarsi un’occhiata alle spalle. La navicella aliena era ancora lì, che girava e svoltava insieme a loro, sparando a caso quando non riusciva a puntare un tiro perfetto. Oscillava da una parte e dall’altra sfrecciando in mezzo alla vallata. Poi, senza preavviso, Luna vide che andava a sfregare con un lato contro la parete.
“Attenzione!” gridò, mentre la navicella rimbalzava da una parete all’altra, sforzandosi di correggere la traiettoria mentre veniva deviata come la pallina di un flipper, le scintille che volavano a ogni colpo, assumendo pian piano un’angolazione che puntava verso il fondale della valle.
Il rumore quando colpì il terreno sembrò riempire il mondo, la polvere che volava mentre il velivolo si piantava di muso e tutto il resto veniva annebbiato. Luna e gli altri dovettero continuare a correre a tutta birra per guadagnare distanza dal disastro. Però lo spazio stava finendo, perché la vallata si stava chiudendo, sigillata da una parete di roccia che era traforata solo dalle aperture generate dalla grata di una caditoia. Luna corse verso quella parte, sperando che la navicella si fermasse prima di schiacciarli tutti contro la parete rocciosa. Accostò accanto a un muro di pietra, rabbrividendo mentre la navicella si avvicinava sempre più.
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