L’immagine mutò, e lo vide in piedi su un balcone, un bambino in braccio. Istintivamente Emeline capì che si trattava della figlia di Sofia. C’era qualcosa di splendente in lei che le fece venire in mente i pensieri di Sofia, ed Emeline avrebbe voluto allungarsi a proteggere la piccola.
Ma non c’era nulla che lei potesse fare, eccetto guardare mentre il Maestro dei Corvi sollevava la bambina e la teneva alta sopra la propria testa. E i corvi scendevano per nutrirsi…
Emeline annaspò rientrando di scatto nel proprio corpo, il cuore che batteva a mille. Attorno al cerchio, vide l’altra gente che guardava verso l’alto, impressionata o scossa. Sapeva che avevano visto tutti le stesse cose che aveva visto lei. Ecco qual era stato il senso.
“Dobbiamo aiutarli,” disse Emeline non appena ebbe abbastanza fiato da farlo.
“Cosa?” chiese Cora. “Cosa sta succedendo?”
“Il Maestro dei Corvi ha intenzione di bruciare Ashton,” disse Emeline. “Intende uccidere la bambina di Sofia. Lo abbiamo visto in una visione.”
All’istante l’espressione di Cora mutò. “Allora dobbiamo fermarli.” Emeline la vide guardarsi attorno nel cerchio. “Dobbiamo fermarlo.”
“Volete che altra della nostra gente muoia per voi?” chiese Asha dalla parte opposta del cerchio. “Non ne sono morti abbastanza solo per dare il trono alla tua amica?”
“Ho sentito parlare di quest’uomo,” disse Vincente. “Andargli contro sarebbe pericoloso. È troppo da chiedere.”
“Troppo chiedere di aiutare a salvare un bambino?” chiese Emeline, sentendo la sua voce crescere.
“Non un nostro bambino,” disse Asha.
Attorno a loro il cerchio mormorava di pensieri. La cosa non fece che scocciare ulteriormente Emeline, perché le ricordava quanto potere ci fosse a Casapietra.
“Non è vostro?” ribatté. “Sarà l’erede al trono. Se volete che questo sia il vostro regno piuttosto che un posto da cui nascondervi, quella bimba è una vostra responsabilità come chiunque altro.”
Vincente scosse la testa. “Cosa vorresti che facessimo? Non possiamo combattere tutto il Nuovo Esercito ad Ashton.”
“Allora portiamo la bambina qui,” rispose Emeline. “Portiamo tutti qui. Ashton potrà anche cadere, ma questo è un posto sicuro. È stato progettato per essere sicuro. Hai detto tu stesso che ci sono delle nuove difese.”
“Difese per noi,” rispose Asha. “Mura di potere che richiedono grande sforzo per essere mantenute. Dovremmo proteggere una città piena di persone che non la valgono? Che ci hanno sempre odiati?”
A quel punto fu Cora a parlare. “Quando sono venuta qui, mi avevano detto che Casapietra era un posto di salvezza per chiunque ne avesse bisogno, non solo per coloro che hanno la magia. Era una bugia?”
Le sue parole trovarono risposta nel silenzio, ed Emeline capì la risposta ancora prima che Vincente parlasse.
“Ci avete costretti a una battaglia,” disse. “Non ne sceglieremo appositamente un’altra. Lasceremo passare questa cosa, e risorgeremo dalle ceneri. Non possiamo aiutarvi.”
“Non volete farlo,” lo corresse Emeline. “E se non lo farete voi, allora lo farò io stessa.”
“Lo faremo insieme,” disse Cora.
Emeline annuì. “Se non ci aiuterete, allora andremo ad Ashton. Faremo in modo di mettere al sicuro la figlia di Sofia.”
“Morirete,” disse Asha. “Pensate di poter andare contro un esercito?”
Emeline scrollò le spalle. “Pensi che mi interessi?”
“È una follia,” disse Asha. “Dovremmo impedirvi di andare per la vostra stessa sicurezza.”
Emeline socchiuse gli occhi. “Pensi di poterlo fare?”
Senza aspettare una risposta, si alzò e lasciò il cerchio. Non aveva senso continuare a discutere, e ogni secondo che aspettavano era un altro momento in cui la bambina di Sofia si trovava in pericolo.
Dovevano andare ad Ashton.
Sofia non era riuscita a convincere nessuno a non fare una sontuosa festa di matrimonio, anche se sembrava il genere di cose che i nobili davanti a lei avrebbero potuto scansare. Guardandosi attorno sul prato del palazzo, però, era riconoscente di non essere stata in grado di annullarlo. Vedere così tanta gente presente e sentire la loro gioia la faceva vibrare di felicità.
“Ci sono un sacco di persone che vogliono congratularsi con noi,” disse Sebastian stringendola a sé.
“Sanno che sarò in grado di capire se lo intendono sul serio, giusto?” rispose Sofia. Si massaggiò la parte bassa della schiena. Sentiva un dolore in profondità che le faceva venire voglia di sedersi, ma voleva anche poter ballare con Sebastian, almeno un po’.
“Lo intendono sul serio,” disse Sebastian. Indicò il punto in cui si trovavano certi nobili della corte, alcuni di loro impegnati a ballare alla musica di corde e fiati. “Addirittura loro sono felici per te. Penso gli piaccia l’idea di vivere in una corte dove non devono fingere tutto il tempo.”
“Sono felici per noi,” lo corresse Sofia. Gli prese la mano, conducendolo fuori su uno spiazzo di prato che serviva da pista da ballo. Permise a Sebastian di prenderla tra le sue braccia e i musicisti vicino a loro colsero l’occasione per rallentare un poco il ritmo della danza.
Attorno a loro c’era gente che roteava insieme in modo molto più energico di quanto Sofia potesse fare in quel momento. Il dolore alla schiena si era portato alla pancia ora, e capì che era il momento di ritirarsi dalla pista da ballo. Due sedie, due troni, erano stati disposti a fianco del prato per lei e Sebastian. Sofia si sedette volentieri sul suo, e Sienne corse ad accoccolarsi ai suoi piedi.
“Mi ricorda un po’ il ballo a cui ci siamo conosciuti,” disse.
“Ci sono delle differenze,” disse Sebastian. “Meno maschere, per dirne una.”
“Preferisco così,” disse Sofia. “La gente non dovrebbe sentire di doversi nascondere per potersi divertire.”
C’erano anche altre differenze. C’erano persone comuni lì presenti insieme ai nobili, un gruppo di mercanti che parlavano a lato, la figlia di un tessitore che ballava con un soldato. C’erano persone che un tempo erano state vincolate, ora libere di unirsi alle feste piuttosto che dover fare da servitori. Numerose ragazze che Sofia riconobbe dalla Casa degli Indesiderati erano raccolte a un lato, con l’espressione decisamente più felice di un tempo.
“Vostra maestà,” disse un uomo avvicinandosi e facendo un piccolo inchino. I suoi abiti rossi e dorati sembravano risaltare contro il colore scuro della sua pelle, mentre i suoi occhi erano così chiari da sembrare quasi del colore della lavanda. “Sono il gran mercante N’ka del Regno di Morgassa. Il nostro maestoso re manda i suoi saluti in occasione del vostro matrimonio e mi ha chiesto di venire qui a discutere la possibilità di commerciare con il vostro regno.”
“Saremo felici di parlarne,” disse Sofia. Il mercante fece per dire qualcosa, e un’occhiata ai suoi pensieri suggerì che stava programmando di negoziare un intero contratto in quel preciso istante. “Dopo il giorno del mio matrimonio, però, ok?”
“Ovviamente, vostra maestà. Sarò ad Ashton per qualche giorno.”
“Per ora, godetevi i festeggiamenti,” suggerì Sofia.
Il mercante fece un inchino profondo e scivolò nuovamente nella folla. Come se il suo avvicinamento avesse dato il permesso a chiunque altro, una decina di altre persone si fecero avanti, da nobili alla ricerca dell’arrampicata sociale, a mercanti con beni da vendere, a gente del popolo comune con le loro problematiche. Ogni volta Sofia ripeté la stessa cosa che aveva detto al primo mercante, sperando che potesse bastare, e che si sarebbero goduti il resto della serata.
Una persona che non sembrava divertirsi molto durante la festa era Lucas. Se ne stava in un angolo con un calice di vino, circondato da un assortimento di belle giovani nobildonne, eppure non c’era traccia di sorriso sul suo volto.
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