L’uomo grasso sbuffò sotto al suo velo, tirandolo via e rivelando un volto rubicondo con fin troppe pieghe sotto al mento e non certo reso tanto migliore dalla presenza di un paio di folti baffi.
“E quando mai è successo con le mie ragazze?” rispose veementemente. Porse una mano grassoccia. Sorella O’Venn prese il contratto e glielo consegnò.
Gli altri presenti emisero piccoli suoni di irritazione, sebbene Sofia potesse percepire che molti di loro stavano già pensando ad altre possibilità. La donna che aveva alzato l’offerta stava pensando che era un peccato aver perso, ma solo con il genere di delusione simile a quando uno dei suoi cavalli perdeva una corsa contro quello dei suoi vicini.
Per tutto il tempo Sofia rimase lì, incapace di muoversi al pensiero che la sua intera vita fosse stata messa così facilmente nelle mani di un altro. Solo pochi giorni prima si era trovata sul punto di sposare un principe, e ora… ora stava per diventare la proprietà di quest’uomo?
“C’è solo la questione dei soldi,” disse sorella O’Venn.
L’uomo grasso, maestro Karg, annuì. “Me ne occuperò adesso. È meglio pagare in contanti che per mezzo di promesse di bancari, quando c’è una nave da prendere.”
Una nave? Quale nave? Dove pensava di portarla quest’uomo? Cosa intendeva farne di lei? Le risposte erano piuttosto semplici da cogliere dai suoi pensieri, e solo l’idea fu sufficiente a far quasi alzare in piedi Sofia, pronta a scappare.
Delle mani forti la fermarono: ancora una volta la morsa delle mani delle suore sulle sue braccia. Il maestro Karg la guardò con noncurante disprezzo.
“Fatela portare al mio carro. Sistemo le cose qui, e poi…”
E poi Sofia poteva vedere che la sua vita sarebbe diventata qualcosa di terrore addirittura peggiore. Voleva ribellarsi, ma non c’era nulla che lei potesse fare mentre gli altri la conducevano via. Niente. Nella riservatezza della sua mente, gridò in aiuto rivolta a sua sorella.
Però sembrava che Kate non la sentisse, o che non le interessasse.
Più e più volte, ripetutamente, Kate morì.
O almeno “moriva”. Armi illusorie scivolavano dentro le sue carni, mani fantasma la strangolavano facendole perdere conoscenza. Delle frecce si generavano dal niente e la attraversavano. Le armi erano solo oggetti fatti di fumo, creati dalla magia di Siobhan, ma tutte le facevano male come un’arma reale.
Però non uccidevano. Invece ogni momento di dolore portava con sé un verso di delusione da parte di Siobhan, che guardava da bordo campo con quella che sembrava una combinazione di divertimento ed esasperazione per la lentezza con cui Kate stava imparando.
“Fai attenzione, Kate,” le disse. “Pensi che stia richiamando questi frammenti di sogno per mio puro divertimento?”
La figura di un uomo armato di spada apparve davanti a Kate, vestito per un duello piuttosto che pronto per una battaglia. Le fece un saluto e si mise in posa d’attacco con il suo stocco.
“Questa è la difesa Finnochi,” le disse con lo stesso tono piano che sembravano avere anche gli altri. Colpì verso di lei e Kate cercò di parare con la sua spada di legno, perché almeno quello aveva imparato a farlo. Fu abbastanza veloce da vedere il momento in cui il frammento cambiò direzione, ma la mossa la prese comunque alla sprovvista e la lama effimera le scivolò nel cuore.
“Ancora,” disse Siobhan. “C’è poco tempo.”
Nonostante quello che diceva, sembrava esserci più tempo di quello che Kate si sarebbe immaginata. I minuti sembravano allungarsi nel bosco, pieno di avversari che tentavano di ucciderla, e mentre ci provavano, Kate imparava.
Imparò a sconfiggerli, uccidendoli con la sua spada da allenamento perché Siobhan aveva insistito sul tenere da parte la sua spada vera per evitare il rischio di vere ferite. Imparò a fendere e colpire, parare e fingere, perché ogni volta che faceva un errore, il contorno di una lama fantasma le scivolava attraverso il corpo con un dolore che sembrava fin troppo reale.
Dopo quelli con le spade, arrivarono quelli con bastoni e asce, archi e moschetti. Kate imparò ad uccidere in una decina di modi usando le mani, e a leggere il momento in cui un avversario colpiva con la sua arma, gettandosi di conseguenza a terra per evitare il colpo. Imparò a correre nella foresta, saltando da un ramo all’altro, fuggendo dai nemici, schivando e nascondendosi.
Imparò a nascondersi e a muoversi silenziosamente, perché ogni volta che faceva un rumore, un nemico effimero calava su di lei con altre armi, impossibili da controbattere.
“Non potresti semplicemente insegnarmi?” chiese Kate a Siobhan, gridando tra gli alberi.
“Ti sto insegnando,” rispose lei uscendo da dietro un tronco lì vicino. “Se tu fossi qui per imparare la magia, potremmo farlo con tomi e parole gentili, ma tu sei qui per diventare letale. Per questo il dolore è il migliore insegnante che possa esistere.”
Kate strinse i denti e continuò a combattere. Almeno qui c’era un senso nel dolore, diversamente dalla Casa degli Indesiderati. Si ritirò nella foresta, mantenendosi nell’ombra, imparando a muoversi senza disturbare il minimo ramoscello o foglia mentre strisciava per andare ad assalire un nuovo gruppo di avversari.
Ma continuava a morire.
Ogni volta che aveva successo, compariva un nuovo avversario, o una nuova minaccia. Ognuno era più duro del precedente. Quando Kate imparò ad evitare gli occhi umani, Siobhan creò dei cani con la pelle che sembrava gonfiarsi nel fumo a ogni passo che facevano. Quando Kate imparò a scivolare oltre le difese della spada di un duellante, l’avversario successivo indossava un’armatura, così che lei non poteva che colpire tra gli spazi tra le placche.
Ogni volta che si fermava pareva che Siobhan fosse lì, con consigli o indizi, incoraggiamenti o qualche genere di folle divertimento che stimolava Kate a fare meglio ancora. Ora era più veloce, e più forte, ma sembrava come se non fosse abbastanza per la donna che controllava la fontana. Aveva la sensazione che Siobhan la stesse preparando per qualcosa, ma l’altra donna non diceva cosa, né rispondeva ad alcuna domanda riguardo a cosa Kate avrebbe dovuto fare poi.
“Devi imparare a usare il talento con cui sei nata,” disse Siobhan. “Imparare a scorgere l’intenzione di un avversario prima che colpisca. Imparare a cogliere la posizione dei tuoi nemici prima che ti trovino.”
“Come faccio a metterlo in pratica se lotto contro delle illusioni?” chiese Kate.
“Sono io a dirigerli, quindi ti permetterò di guardare una frazione della mia mente,” disse Siobhan. “Ma fai attenzione. Ci sono posti dove non vorrai guardare.”
Questo stuzzicò l’interesse di Kate. Era già andata a sbattere contro le pareti che l’altra donna teneva al loro posto per impedirle di guardare la sua mente. Ora avrebbe potuto sbirciare? Quando sentì che le pareti di Siobhan si spostavano, Kate si tuffò all’interno fino a dove i nuovi confini glielo concedevano.
Non era molto, ma era pur sempre sufficiente per trovare il senso di una mente aliena, più lontana che mai da qualsiasi altra persona Kate avesse mai visto. Kate si ritrasse da quella assoluta stranezza, tirandosi indietro. Lo fece giusto in tempo perché un avversario effimero potesse piantarle una lama nella gola.
“Ti ho detto di fare attenzione,” le disse Siobhan mentre Kate soffocava. “Ora prova di nuovo.”
C’era un altro uomo armato di spada davanti a Kate. Si concentrò, e questa volta colse il momento in cui Siobhan gli disse di attaccare. Kate si abbassò e colpì a sua volta.
“Meglio,” disse Siobhan. Era più vicina a una lode, ma la lode non fermava il costante mettersi alla prova. Significava solo altri avversari, altro lavoro, altro allenamento. Siobhan spinse Kate fino al punto che, anche con la sua nuova forza, si sentiva prossima al crollo per stanchezza.
Читать дальше