Restava quindi la strada che portava a nord e quella che portava a ovest. Senza ulteriori informazioni, Sebastian non aveva idea di quale via prendere. Poteva tentare di riconoscere tracce di carri su una delle parti in terra della strada, forse, ma questo presupponeva che sapesse cosa stava cercando, o che fosse in grado di distinguere il carro di Sofia tra le centinaia di altri carri che potevano essere passati lì nei giorni scorsi.
Non gli restava che chiedere aiuto, e sperare.
Delicatamente, usando la punta dello stivale, Sebastian toccò il piede dell’uomo addormentato. Si tirò indietro mentre l’individuo si svegliava e sputacchiava, perché non aveva idea di come avrebbe potuto reagire un ubriaco vendendolo lì.
“Cosa c’è?” riuscì a dire l’uomo. Riuscì anche a tirarsi in piedi, cosa piuttosto impressionante, date le circostanze. “Chi sei? Cosa vuoi?”
Sembrava doversi tenere al segnale per stare in piedi. Sebastian iniziava a chiedersi se fosse stata una buona idea.
“Sei spesso qui?” gli chiese. Gli serviva che la risposta fosse affermativa e sperava allo stesso tempo che non lo fosse, perché cos’avrebbe detto questo della vita di quest’uomo?
“Cosa vuoi sapere?” chiese rudemente l’ubriaco.
Sebastian stava iniziando a rendersi conto che non avrebbe ottenuto quello che voleva. Anche se quest’uomo passava la maggior parte del suo tempo all’incrocio, Sebastian dubitava che fosse spesso tanto sobrio da notare molto di ciò che vi accadeva.
“Non importa,” disse. “Stavo cercando qualcuno che potesse essere passato per di qua, ma dubito che tu possa aiutarmi. Mi spiace di averti disturbato.”
Si rigirò verso il cavallo.
“Aspetta,” disse l’uomo. “Tu… tu sei Sebastian, vero?”
Sebastian si fermò di colpo sentendo il proprio nome e si girò pensieroso verso l’uomo.
“Come fai a sapere il mio nome?” chiese.
L’uomo barcollò un poco. “Quale nome?”
“Il mio,” disse Sebastian. “Mi hai appena chiamato Sebastian.
“Aspetta, tu sei Sebastian?”
Sebastian fece del suo meglio per restare paziente. Quell’uomo lo stava ovviamente cercando, e Sebastian poteva solo pensare a pochi motivi per spiegare la cosa.
“Sì, sono io,” disse. “Quello che voglio sapere è perché mi stai cercando.”
“Dovevo…” L’uomo fece una piccola pausa e aggrottò la fronte. “Dovevo darti un messaggio.”
“Un messaggio?” disse Sebastian. Sembrava troppo bello per essere vero, ma lo stesso osò sperare. “Da parte di chi?”
“C’era questa donna,” disse l’ubriaco, e questo fu sufficiente ad alimentare le braci della speranza facendole avvampare in un fuoco vero e proprio.
“Quale donna?” disse Sebastian.
L’uomo però adesso non lo stava guardando. Più che altro pareva che stesse per rimettersi a dormire. Sebastian lo afferrò, tenendolo in piedi e scuotendolo per tenerlo sveglio.
“Quale donna?” ripeté.
“C’era qualcosa… una donna con i capelli rossi su un carro.”
“È lei!” disse Sebastian, l’eccitazione al massimo in quel momento. “È successo pochi giorni fa?”
L’ubriaco si prese del tempo per pensarci. “Non lo so. Potrebbe essere. Che giorno è oggi?”
Sebastian ignorò la domanda. Era sufficiente che avesse trovato l’indizio che Sofia aveva lasciato per lui. “La donna… cioè Sofia. Dov’è andata? Qual era il messaggio?”
Diede all’ubriaco un altro scossone vedendo che era sul punto di prendere ancora sonno, e dovette ammettere era più che altro per frustrazione. Voleva sapere il messaggio che Sofia aveva lasciato a quest’uomo.
Perché a lui? Non c’era nessun altro a cui Sofia avrebbe potuto lasciare un messaggio? Guardando l’uomo che stava praticamente tenendo in piedi, Sebastian capì la risposta: era certa che Sebastian si sarebbe imbattuto in lui, perché aveva immaginato che non sarebbe andato da nessuna parte. Era stato il modo migliore per fare arrivare un messaggio a Sebastian in caso l’avesse seguita.
Il che significava che voleva che lui la seguisse. Voleva che fosse in grado di trovarla. Il solo pensiero bastò a sollevargli il cuore, perché significava che Sofia poteva essere pronta a perdonarlo per tutto quello che le aveva fatto. Non gli avrebbe dato un modo per seguirla se non avesse pensato alla possibilità di loro due insieme, no?
“Qual era il messaggio?” ripeté Sebastian.
“Mi ha dato dei soldi,” disse l’uomo. “Ha detto che… dannazione, so che me lo ricordo…”
“Pensaci,” disse Sebastian. “È importante.”
“Mi ha detto di dirti che è andata a Barriston!” disse l’ubriaco con una nota di trionfo. “Mi ha detto di dirti che l’ho visto con i miei occhi.”
“Barriston?” chiese Sebastian lanciando un’occhiata al segnale. “Ne sei sicuro?”
Quella città non sembrava il genere di posto in cui Sofia avesse motivo di andare, ma forse era quello il punto, dato che stava scappando. Era una specie di cittadina provinciale, senza la grandezza e la popolazione di Ashton, ma aveva della ricchezza grazie all’industria dei guanti. Forse era un posto come un altro per Sofia dove andarsi a rifugiare.
L’uomo annuì e a Sebastian bastò. Se Sofia gli aveva lasciato un messaggio, non contava chi avesse scelto per consegnarlo. La cosa importante era che lui aveva ricevuto il messaggio, e ora sapeva da che parte andare per seguirla. Come ringraziamento diede all’uomo una moneta presa dalla sua sacca, poi si affrettò a rimontare a cavallo.
Fece girare la bestia verso ovest e lo spronò in direzione di Barriston. Ci sarebbe voluto del tempo per arrivarci, ma sarebbe andato avanti il più velocemente possibile. L’avrebbe raggiunta lì, o forse l’avrebbe addirittura avvistata lungo la strada. Ad ogni modo l’avrebbe trovata, e sarebbero stati insieme.
“Sto arrivando, Sofia,” promise, mentre attorno a lui il paesaggio delle Vie Equestri scorreva a tutta velocità. Ora che sapeva quanto lei volesse essere trovata, avrebbe fatto qualsiasi cosa possibile per raggiungerla.
La vedova regina Mary della Casa di Flamberg si trovava in mezzo ai giardini e si portava una rosa al naso inalandone il delicate profumo. Era diventata brava a mascherare l’impazienza negli anni, e per quanto riguardava il figlio maggiore, l’impazienza era un’emozione che veniva a lei fin troppo prontamente.
“Cos’è questa rosa?” chiese a uno dei giardinieri.
“Una varietà creata da una delle vincolate addette al giardino,” disse l’uomo. “Si chiama Stella Lucente.”
“Congratulatevi con lei e informatela che da ora in poi verrà conosciuta come la Stella della Vedova,” disse la regina. Era un complimento ma anche un promemoria alla ragazza che coloro che si trovavano sotto al vincolo non potevano fare quello che volevano delle loro creazioni. Era il genere di mossa a doppio senso che la vedova apprezzava per la sua efficacia.
Era diventata brava a eseguire anche quelle. Dopo le guerre civili sarebbe stato facilissimo scivolare nella perdita del potere. Invece lei aveva trovato i punti di equilibrio tra l’Assemblea dei Nobili e la chiesa della Dea Mascherata, le masse del volgo e i mercanti. L’aveva fatto con intelligenza, spietatezza e pazienza.
Ma anche la pazienza aveva i suoi limiti.
“Prima di farlo,” disse la vedova, “porta gentilmente mio figlio fuori dal bordello in cui si è accomodato e ricordagli che la sua regina lo sta aspettando.”
La vedova si trovava vicino a una meridiana, guardando lo spostamento dell’ombra mentre aspettava il perdigiorno che sarebbe diventato l’erede al trono. Si era mossa di un intero dito quando udì i passi di Rupert avvicinarsi.
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