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Blake Pierce: Un Vicino Silenzioso

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Blake Pierce Un Vicino Silenzioso

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“Un capolavoro del thriller e del mistero. Blake Pierce ha creato con maestria personaggi dalla psiche talmente ben descritta da farci sentire dentro la loro mente, a provare le loro stesse paure e fare il tifo per loro. Questo libro è ricco di colpi di scena e vi terrà svegli fino all’ultima pagina.” --Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (su Il Killer della Rosa) UN VICINO SILENZIOSO (Un Mistero di Chloe Fine) è il libro #4 di una nuova serie thriller di Blake Pierce, autore del best-seller Il Killer Della Rosa (Libro #1, download gratuito), che ha ottenuto più di 1000 recensioni da cinque stelle.Quando una nuova, appariscente vicina ostenta la sua ricchezza in una città di periferia, non passa molto tempo prima che venga trovata uccisa. Che sia stato il suo atteggiamento a turbare i vicini invidiosi?O la fortuna del marito nasconde forse un segreto più oscuro?Chloe Fine, 27 anni, agente speciale della sezione VICAP dell’FBI, si ritrova immersa in una piccola comunità fatta di menzogne, pettegolezzi e tradimenti, mentre cerca di distinguere la verità dalle bugie.Ma qual è l’unica verità?Riuscirà a risolvere il caso mentre deve si occupare anche del padre ormai libero di prigione e della sorella tormentata?Thriller psicologico dall’intensa carica emotiva, personaggi ben costruiti, un’ambientazione intima e una suspense mozzafiato, UN VICINO SILENZIOSO è il libro #4 in una nuova, avvincente serie che vi terrà incollati alle sue pagine fino a tarda notte.Il libro #5 nella serie di CHLOE FINE sarà presto disponibile.

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“Sì, suo zio. Ma da quello che ho capito, è in viaggio. In vacanza, credo.”

Aveva risposto con una sorta di nonchalance che fece pensare a Chloe che Rhodes la pensasse come lei su quella potenziale pista, ovvero che non avrebbe portato a molto.

Avvicinandosi a casa, Chloe si permise lentamente di scivolare in pensieri più personali. Prese in seria considerazione di chiamare Danielle per scusarsi per il proprio comportamento del giorno prima. Ma conversazioni del genere con Danielle, solitamente, si trasformavano in una discussione piuttosto lunga, e non aveva la giusta resistenza in quel momento.

Tornarono alla sede del Bureau, ognuna riprese la propria auto, e si separarono. Chloe ripensò ancora una volta a Danielle, prima di andarsene; pensò addirittura di andare nella sua nuova casa, un appartamento che aveva preso in affitto a soli venti minuti da dove era prima, così che il suo ex fidanzato non avesse idea di dove abitasse.

Alla fine, decise di non farlo. Sapeva che le cose tra lei e Danielle sarebbero tornate posto: a volte, ci voleva solo un po’ di tempo in più per permettere ad entrambe di calmarsi. Eppure... aveva un’ora prima di doversi ritirare per la notte. E con la situazione a un punto morto nel caso Fairchild fino al mattino, c’era un’altra cosa da fare che le veniva in mente. Quel pensiero sembrò agitarle lo stomaco, dandole una leggera nausea, ma la spinta c’era e agì quasi immediatamente.

Si mise in strada e puntò la macchina verso l’appartamento di suo padre.

***

Non aveva alcuna intenzione di vederlo, figuriamoci parlare con lui. Ma aveva bisogno di dimostrare a se stessa di essere in grado anche solo di passare davanti a casa sua. A un certo punto doveva succedere se voleva tenerlo d’occhio, perciò tanto valeva che superasse quanto prima il nervosismo.

L’appartamento si trovava a meno di mezz’ora dalla sede del Bureau, e a meno di venti minuti dall’appartamento di Chloe, in direzione opposta. Erano le 22:08 quando entrò nel parcheggio. Più che un appartamento, sembrava una casa a schiera... di quelle che erano direttamente collegate una all’altra, in stile complesso residenziale. Sapeva che l’auto di suo padre, una Ford Focus, era parcheggiata proprio davanti a casa sua. Una luce era accesa, visibile attraverso la finestra principale.

Si fermò senza parcheggiare, guardando quella luce e domandandosi cosa stesse facendo. Stava solo guardando la TV? Magari leggeva? Si chiese se, quando spegneva la luce e si preparava per andare a letto, le visioni del suo passato inondassero la sua mente... le figlie, la moglie morta. Si chiese se la tortura e il tormento che aveva loro inflitto lo tenessero sveglio certe notti.

Di certo lo sperava.

La rabbia cominciò a montarle dentro. La attraversò rapida, calda come un veleno iniettato, fino a quando si accorse che le sue mani stringevano il volante così forte da far sbiancare le nocche.

Forse dovrei semplicemente andare là dentro adesso, pensò. Dovrei bussare alla sua porta e tirare tutto fuori. Fargli sapere che so cosa ha fatto... che ho letto il diario della mamma...

L’idea era abbastanza allettante da farle sembrare che il cuore potesse esploderle nel petto. Una piacevole scarica di adrenalina le si riversò nelle vene, mentre la prendeva in considerazione.

Ma, naturalmente, non poteva andarci. Non ancora...

Chloe cercò il parcheggio vuoto più vicino e lo usò per fare inversione. Si diresse verso casa, accorgendosi soltanto al primo semaforo di avere ancora il volante in una stretta mortale.

CAPITOLO OTTO

Danielle si rese conto che, una volta conclusa la sua ultima relazione, si ritrovava di nuovo disoccupata. Il lavoro come barista e il sogno troppo–bello–per–essere–vero di aprire il proprio locale erano stati sufficienti a farle vivere la vita per alcuni mesi come in stato di galleggiamento; invece eccola di nuovo qui, senza un uomo e senza alcun tipo di lavoro importante.

Era sempre stata brava a mascherare il proprio disprezzo per lavori di merda, ma quello era davvero difficile. Faceva la barista in uno strip club, ma la direzione era decisa a non chiamarlo “Strip club”. Preferivano solo “Club”, o “Salotto per signori”. Per quanto riguardava Danielle, non importava come lo si chiamasse. Il fatto era che, attualmente, sul palco c’era una donna che scuoteva ritmicamente il culo in faccia ad un uomo a tempo di qualche canzone di merda di Bruno Mars.

Finì di preparare il mojito che un cliente aveva appena ordinato (seriamente, ma chi ordina un mojito in uno strip club?) e glielo passò. Aveva circa cinquant’anni e, quando prese il drink, non fece alcuno sforzo per nascondere il fatto che le stesse fissando le tette. Le sorrise e sorseggiò dal suo drink, con gli occhi che non lasciavano mai il suo petto.

“Dovresti stare sul palco, sai?” disse. Alla fine, la guardò negli occhi, forse per farle vedere la serietà del suo sguardo ubriaco.

“Wow. Non l’ho mai sentito prima. Che battuta originale per rimorchiare.”

Confuso, il tizio alla fine sbuffò e si allontanò dal bancone, prendendo posto più vicino al palco.

Ebbene sì, più di una dozzina di uomini avevano detto di non capire perché lei fosse dietro il bancone e non sul palco. Il suo capo era uno di quelli. E anche se Danielle aveva sopportato abbastanza lavori umilianti in passato, si rifiutava di spogliarsi per uomini ubriachi in modo che potessero infilarle banconote da cinque e dieci dollari nel tanga.

Sapeva che si trattava solo di un lavoro temporaneo. Doveva esserlo. Ma non era sicura di cosa avrebbe fatto per uscirne. Forse avrebbe finalmente finito il college. Le era rimasto un altro anno e mezzo... e anche se avrebbe avuto quasi trent’anni al momento della laurea, sarebbe stato almeno qualcosa.

Non che i vantaggi di quel lavoro fossero qualcosa da disprezzare. Era lì da un mese, lavorando quattro serate alla settimana. Nella seconda settimana, aveva accumulato più di settecento dollari solo in mance. Ma erano l’atmosfera e la sensazione di quel luogo a disturbarla. Anche quando le ragazze uscivano a ballare musica che a Danielle piaceva, sentiva il bisogno di andarsene il più velocemente possibile.

Inoltre... a volte, quando le ballerine venivano al bar o quando le capitava di incontrarle dietro le quinte, Danielle era sempre sorpresa nel vedere che non sembravano infelici. E quando le vedeva ripiegare i pezzi da cinquanta e da cento come se fossero semplici fazzoletti, il pensiero di salire sul palco non sembrava poi così terribile.

Era quello, più di ogni altra cosa, il motivo per cui voleva andarsene da quel posto il più in fretta possibile.

Osservò il bancone e notò che la folla si stava esaurendo. C’erano cinque persone al bar, tre delle quali – un maschio e due femmine – sembravano molto vicini, magari programmando di chiudere la loro domenica sera. Danielle controllò il suo orologio e rimase sorpresa nel vedere che erano le 23:50. Un’altra ora e poteva tornare a casa... poteva andare a casa e dormire fino a mezzogiorno, cosa che le era mancata nel corso dell’ultimo anno, mentre cercava di diventare un’adulta più responsabile. Un’ adulta responsabile che era stata fin troppo dipendente da un uomo, ma comunque un’adulta responsabile.

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