Era un evento abbastanza comune nella famiglia Carver. Sandra Carver era una fissata di Amazon, e Bill Carver riceveva spesso documenti di lavoro tramite corriere. Kim afferrò la borsa, pensando di partire direttamente per andare a prendere i ragazzi dopo aver ritirato il pacco.
Aprì la porta con lo sguardo puntato verso il basso, aspettandosi di vedere il foglio delle consegne da firmare, quindi le ci volle un secondo per capire che non era un corriere la persona davanti a lei. Quando sollevò lo sguardo per vedere il volto della persona, qualcosa le coprì la visuale.
Qualunque cosa fosse, la colpì brutalmente in faccia, esattamente in mezzo agli occhi. Il rumore di ossa spezzate fu assordante, ma Kim ebbe a malapena il tempo di udirlo, prima di cadere a terra.
Quando colpì il pavimento, batté forte con la nuca. Sentì il sangue uscirle dal naso, mentre incespicava arretrando.
La persona sulla soglia entrò, chiudendo la porta dietro di sé con fare tranquillo. Kim tentò di urlare, ma aveva troppo sangue nel naso, che le scendeva in gola e nella bocca. Tossì, quasi soffocando, e la persona fece un deciso passo avanti.
Sollevò di nuovo quell'oggetto contundente – un tubo di piombo, realizzò Kim vagamente, mentre il dolore si abbatteva su di lei come un uragano – e fu l'ultima cosa che vide.
Prima del colpo di grazia, l’ultimo pensiero di Kim Wielding fu alquanto bizzarro: morì chiedendosi cosa ne sarebbe stato del pollo che si stava ancora scongelando nel lavandino dei Carver.
Per via del modo in cui era iniziata la sua vita – con la madre morta, il padre in carcere e i nonni sempre con il fiato sul suo collo – Chloe Fine spesso preferiva fare le cose da sola. Le persone a volte la definivano un’introversa patologica ma, per quanto la riguardava, le andava bene così. Era proprio grazie al suo carattere se aveva ottenuto voti eccezionali a scuola ed era riuscita a completare la sua formazione all’Accademia dell’FBI.
Ma era sempre il suo carattere che l'aveva portata a traslocare nel suo nuovo appartamento senza l’aiuto di una singola persona. Certo, avrebbe potuto ingaggiare una società di traslochi, ma i nonni le avevano insegnato il valore dei soldi. E siccome aveva braccia forti, una schiena forte e una mentalità testarda, aveva deciso di fare tutto da sola. Del resto, aveva solo due mobili pesanti. Tutto il resto avrebbe dovuto essere una passeggiata.
Scoprì che non era esattamente così quando ebbe finalmente finito di trascinare il suo comò su per le scale fino al secondo piano – con l'aiuto di un carrello, diverse cinghie e un vano scale fortunatamente ampio. Certo, alla fine ce l’aveva fatta, ma era quasi sicura di essersi stirata un muscolo o due.
Aveva lasciato il comò per ultimo, sapendo che sarebbe stata la parte più difficile del trasloco. Aveva riempito di proposito gli scatoloni solo a metà, sapendo che avrebbe dovuto sollevarli da sola. Immaginò che avrebbe potuto chiamare Danielle, e lei l’avrebbe aiutata volentieri, ma Chloe non era mai stata il tipo che chiedeva favori alla famiglia.
Scansando alcuni scatoloni pieni di libri e quaderni, si accasciò nella poltrona che aveva fin dal suo secondo anno di università. Il pensiero di far venire Danielle per aiutarla a sistemare l’appartamento era allettante. Le cose tra loro non erano più così tese, da quando Chloe aveva scoperto la verità su ciò che era accaduto tra i loro genitori quando lei e Danielle erano ancora delle bambine, ma c'era sicuramente qualcosa di diverso. Entrambe erano ben consapevoli della presenza del padre che incombeva su di loro, insieme alla verità su ciò che aveva fatto e i segreti che custodiva. Chloe sentiva che ognuna di loro stava affrontando la situazione a modo suo, e sapeva che avevano opinioni diverse.
Quello che non aveva mai osato esprimere a parole con la gemella era quanto le mancasse il padre. Danielle aveva sempre serbato rancore verso di lui, dopo che era stato arrestato. Chloe invece era stata quella che aveva sentito maggiormente la mancanza di una figura paterna nella sua vita. Lei si era sempre concessa di sperare che forse i poliziotti si erano sbagliati, che suo padre non aveva ucciso la madre.
Era stata proprio quella convinzione a spingerla nella piccola avventura che era poi culminata con l'arresto di Ruthanne Carwile, offrendo una prospettiva completamente nuova sul caso di Aiden Fine. La cosa che le si era ritorta contro, però, era che, scoprendo quei piccoli segreti, aveva cominciato a sentire la sua mancanza ancora di più. E sapeva che Danielle avrebbe trovato questa sua sensazione orribile e forse anche masochista, in un certo senso.
Eppure, nonostante tutto questo, decise di telefonare alla sorella per celebrare la piccola, faticosamente conquistata vittoria di trasferirsi nella sua nuova abitazione. Era solo un piccolo appartamento con due camere da letto nel quartiere Mount Pleasant di Washington DC – piccolo e che poteva permettersi a malapena, ma esattamente quello che stava cercando. Erano passati circa due mesi dall'ultima volta che avevano passato del tempo insieme, il che sembrava strano, dopo tutto quello che avevano vissuto. Si erano sentite per telefono in un paio di occasioni e, sebbene fosse stato abbastanza piacevole, si era trattato più di convenevoli. E Chloe non era brava con i convenevoli.
Al diavolo, pensò, cercando il suo telefono. Che c’è di male?
Mentre componeva il numero di Danielle, la realtà della situazione si fece strada dentro di lei. Certo, erano passati solo due mesi da quando tutto era accaduto, ma ora erano persone diverse. Danielle aveva iniziato a rimettere insieme i pezzi della sua vita, e aveva un lavoro che prometteva ottimi guadagni – un posto da barista, oltre che vice manager in un locale di lusso a Reston, in Virginia. Quanto a Chloe, adesso che si era ritrovata da quasi sposata a single, doveva ricordare come si facesse a trovare ragazzi con cui uscire.
Non puoi forzare qualcosa del genere, pensò. Per non parlare del rapporto con Danielle.
Con il cuore in agitazione, Chloe fece partire la chiamata. Si aspettava che si attaccasse la segreteria telefonica, così quando Danielle rispose al secondo squillo con voce allegra, le ci volle qualche secondo per iniziare a parlare.
“Ciao Danielle.”
“Chloe, come va?” Era così strano sentire quella nota di allegria nella voce di Danielle.
“Abbastanza bene. Mi sono trasferita nel nuovo appartamento oggi. Avevo pensato che sarebbe bello se venissi qui per festeggiare con una bottiglia di vino e un po’ di cibo spazzatura, ma poi mi sono ricordata del tuo nuovo lavoro.”
“Già, mi sto dando da fare” disse Danielle con una risata.
“Ti piace?”
“Chloe, lo adoro. Insomma, certo, sono passate solo tre settimane, ma è come se fossi nata per questo lavoro. So che sono solo una barista, ma...”
“Be’, ma sei anche vice manager, giusto?”
“Sì. Questo titolo mi spaventa ancora.”
“Sono contenta che ti piaccia.”
“E tu che mi dici? Com’è l'appartamento? Il trasloco è andato bene?”
Non voleva che Danielle sapesse che aveva fatto tutto da sola, così si tenne sul vago, cosa che di solito detestava fare. “Non male. Devo ancora disfare i bagagli, ma sono contenta di essere finalmente qui.”
“Presto verrò di sicuro per il vino e le schifezze. Per il resto, come va?”
“Onestamente?”
Danielle rimase in silenzio per alcuni secondi, prima di rispondere: “Oh-oh.”
“Ho pensato molto a papà. Vorrei andarlo a trovare.”
“E perché mai, in nome di Dio?”
“Vorrei avere una risposta” disse Chloe. “Dopo tutto quello che è successo, avverto il bisogno di farlo. Devo dare un senso a tutto questo.”
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