Cass Nobilini, la madre di Frank Nobilini. La donna che aveva trovato oltraggioso e sconveniente in modo cupo che i media si aggrappassero all’omicidio di suo figlio solo perché una volta aveva lavorato fianco a fianco con qualche famoso uomo del Congresso come consulente finanziario. Kate sentiva di essere stata una sciocca anche solo a fingere che quel caso non avrebbe finito col riportarla a Cass Nobilini.
Fu quel pensiero a rimanere con lei per il resto della notte, avvinghiato alla sua mente mentre lei alla fine giaceva a letto e si addormentava.
***
Riusciva ancora a vedere la scena del crimine nella testa. Il logorio del ricordo la rendeva un po’ sfuocata e arrugginita, ma la vaghezza veniva strappata via ogni volta che la sognava. Nei suoi sogni, era chiara come se la stesse guardando alla televisione.
E quella notte la vide, riuscendo a addormentarsi poco dopo le nove pur agitandosi e lamentandosi leggermente nel sonno a mano a mano che si avvicinava la mezzanotte.
La scena: Frank Nobilini, ucciso nel vicolo con ancora in mano le chiavi della sua BMW. Il caso alla fine l’aveva portata a casa di lui, una casa di quattro stanze di Ashton. Aveva cominciato dal garage, che odorava debolmente di erba tagliata di recente. Le era sembrato di trovarsi in un luogo stregato, come se lo spirito di Frank Nobilini fosse stato lì da qualche parte, ad attenderla. Forse nel posto vuoto in cui avrebbe dovuto trovarsi la BMW che però, in quel momento, se ne stava in un parcheggio molti isolati lontano da dove era stato trovato il suo corpo. Il garage era freddo e simile a una strana tomba. Era stata una delle manciate di scene del crimine del suo passato che le tornavano alla mente sempre vivide per ragioni che non aveva mai compreso.
Non c’erano indizi di nessun tipo nella casa, nessun segno del perché qualcuno avrebbe voluto ucciderlo. Si sarebbe pensato per la macchina molto bella, ma le chiavi ce le aveva in mano. La casa era pulita. Quasi in modo inquietante. Nessuna scia di carte, nulla degno di nota nella rubrica né nell’email. Niente.
Nel sogno, Kate stava lì in piedi, nel vicolo. Stava toccando la scia ancora appiccicosa di sangue su un lato del muro con lo stesso modo sperimentale con cui un bambino toccherebbe una goccia solitaria di sciroppo sul tavolo della cucina. Si voltò e guardò alle sue spalle per vedere in fondo al vicolo, ma vide invece l’interno del garage dei Nobilini. Come se fosse stata invitata a entrare, andò alle scale di legno che conducevano alla porta che l’avrebbe portata in cucina. Poi si mosse come solo i sogni permettevano di muoversi, fluidamente, quasi proiettata invece che mossa dalle sue gambe. In qualche modo finì nel bagno, a guardare all’ampia vasca con doccia combinata installata nella parete. Era piena di sangue. Sotto la superficie si muoveva qualcosa, facendo risalire delle bollicine fin in cima al sangue. Quando ne scoppiava una, scagliava minuscole goccioline contro la parete di porcellana del muro.
Si ritrasse, attraversando la soglia del bagno per tornare in corridoio. Lì Frank Nobilini veniva verso di lei. Dietro di lui sua moglie, Jennifer, si limitava a osservare. Salutò pure Kate con un piccolo e innocuo gesto della mano mentre il marito morto barcollava lungo il corridoio. Frank camminava proprio come uno zombi, lentamente e con un passo esagerato.
«Va tutto bene» disse qualcuno dietro di lei.
Si voltò e vide Cass Nobilini, la madre di Frank, seduta sul pavimento. Sembrava stanca, abbattuta… come se stesse aspettando la lama di un boia.
«Cass…?»
«Non l’avresti mai risolto. Era oltre le tue capacità. Ma il tempo… ha modo di cambiare le cose, no?»
Kate si voltò di nuovo verso Frank, che continuava ad avanzare. Mentre arrivava alla porta del bagno, Kate vide che un po’ di sangue era uscito dalla vasca ed era finito sul pavimento, uscendo fin sul corridoio. Quando Frank lo calpestò, ne venne fuori un rumore di umido risucchio.
Frank Nobilini le sorrise e sollevò la mano nella sua direzione – leggermente putrefatta e a macchie. Kate si ritrasse lentamente, portandosi le mani al viso ed emettendo un urlo.
Si svegliò, sentendo l’urlo incastrato in gola.
Quella maledetta casa. Non aveva mai capito perché la agitava così. Forse per via delle urla e dei pianti di Jennifer Nobilini, venati di una perfetta casa da rivista… aveva tutto un qualcosa di surreale. Come una cosa uscita da uno pseudoartistico film dell’orrore.
Kate si mise seduta e lentamente andò al margine del letto. Raccolse qualche respiro profondo e guardò l’orologio: 1:22. L’unica luce della stanza veniva dai numeri della sveglia e dal fioco bagliore delle luci di sicurezza esterne, che splendevano a malapena attraverso le tapparelle chiuse.
Aveva sognato altre volte Cass Nobilini e il caso, ma quel sogno era stato pazzesco. Le martellava ancora il cuore nel petto mentre scendeva dal letto e andava al minibar per prendere una bottiglia d’acqua. Ne sorseggiò un po’ andando al comodino dove aveva sistemato il laptop.
Accese la lampada da comò ed entrò nell’email. Ne aveva solo una di nuova, e veniva dall’assistente di direzione Saunders. Aveva assegnato a un agente il compito di recuperare i file di Nobilini, e le erano stati inviati poco prima della mezzanotte.
Sapeva che non c’era modo di tornare a dormire profondamente, perciò li aprì uno a uno, un po’ a disagio da quanto naturale le fosse e da quanto familiari le sembrassero quei vecchi file. All’inizio li guardò brevemente, allo stesso modo in cui qualcuno in visita in un posto familiare potrebbe dare un’occhiata veloce alla zona prima di mettersi a studiare veramente il luogo. Quando arrivò all’ultima delle ventisei pagine, tornò all’inizio. Ma prima di entrarci in profondità, andò alla macchinetta del caffè a disposizione e la azionò. Quando fu pronto, fece il letto, risistemò il laptop sul tavolino che stava contro alla parete opposta, e si allestì una piccola postazione di lavoro.
Nel giro di cinque minuti stava leggendo ogni singolo file riga per riga sorseggiando una tazza di caffè nerissimo a pochissimo prezzo. Il resoconto di Frank Nobilini sembrava un vecchio amico, il genere di amico che chiamava solo per delle brutte notizie. Il caso dettagliava ogni conversazione che aveva avuto con i vicini e gli amici di Ashton. Mentre rileggeva tutto, rimase turbata da quanto simili fossero tutte le conversazioni con quelle che aveva avuto di recente a proposito di Jack Tucker.
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