Blake Pierce - Se fosse fuggita

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“Un capolavoro del thriller e del genere giallo! L’autore ha sviluppato e descritto così bene il lato psicologico dei personaggi che sembra di trovarsi dentro le loro menti, per seguire le loro paure e gioire dei loro successi. La trama è intelligente e appassiona per il tutto il libro. Pieno di colpi di scena, questo romanzo vi terrà svegli fino all’ultima pagina.”--Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (a proposito del Killer della rosa) SE FOSSE FUGGITA (un giallo di Kate Wise) è il 5° volume di una nuova serie di thriller psicologici dell’autore di best-seller Blake Pierce, il cui primo libro Il killer della rosa (1° volume) (scaricabile gratuitamente) ha ricevuto più di mille recensioni a cinque stelle. Quando un’altra donna di cinquant’anni viene trovata morta a casa sua in un agiato quartiere periferico – la seconda vittima di questo tipo in appena due mesi – l’FBI non sa come muoversi. Si deve rivolgere alla sua mente più brillante, l’agente Kate Wise, cinquantacinque anni, ormai in pensione, perché torni al lavoro per risolvere il caso.Che cos’hanno in comune queste due donne di mezz’età? Sono state prese di mira?Quanto tempo passerà prima che il killer colpisca di nuovo?E Kate, non più nel fiore degli anni, sarà ancora in grado di risolvere casi impossibili per chiunque?Thriller pieno di azione e di suspense al cardiopalma, SE FOSSE FUGGITA è il 5° volume di un’affascinante nuova serie che vi terrà svegli tutta la notte, fino all’ultima pagina. Il 6° volume della serie gialla di Kate Wise sarà presto disponibile.

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«Agenti Wise e DeMarco» disse Kate mostrandogli il distintivo.

«Sceriffo Bannerman» disse il poliziotto anziano. «Contento che ce l’abbiate fatta. Questo caso ci lascia stupefatti.»

«Le va di accompagnarci dentro e darci i dettagli?» chiese Kate.

«Ma certo.»

Bannerman le condusse su per le ampie scale del portico decorato al minimo. L’interno era ugualmente minimalista, e faceva sembrare la casa già enorme ancora più grande. La porta principale si apriva su un ingresso piastrellato che cedeva poi il passo a un ampio corridoio e a una rampa di scale ricurve che andavano al primo piano. Bannerman le accompagnò giù per il corridoio a destra. Entrarono in uno spazioso salottino, con la parete in fondo occupata da una gigantesca libreria incassata nel muro. Il salotto conteneva un unico ed elegante divano e un pianoforte.

«L’ufficio della vittima è per di qua» disse Bannerman accompagnandole attraverso il salotto in una zona piastrellata alla stessa maniera dell’ingresso. Contro alla parete in fondo c’era una semplice scrivania. A destra, una finestra dava su un orto circolare. Nell’angolo giaceva un grosso vaso di steli di cotone. Sembravano semplici e chiaramente finti, però nella stanza ci stavano benissimo.

«Il corpo è stato scoperto alla scrivania, su questa sedia» disse Bannerman. Stava facendo un cenno a una sedia da scrivania semplicissima. Però era il tipo di semplicità che si sarebbe vantata di un cartellino dal prezzo esoso. Solo a guardarla, Kate si sentiva il sedere e la schiena comodi.

«La vittima era Karen Hopkins, una del posto per la maggior parte della vita, credo. Lavorava, quando è stata uccisa. L’email che non ha mai terminato era ancora sullo schermo quando il marito ne ha trovato il corpo.»

«I rapporti dicono che non c’erano segni di effrazione, giusto?» chiese DeMarco.

«Esatto. In effetti il marito ci ha detto che tutte le porte erano chiuse a chiave quando è tornato.»

«Quindi l’assassino ha richiuso prima di uscire» disse Kate. «Non è inusuale. Sarebbe un modo sicuro di cercare di confondere le indagini. Però… in qualche modo è entrato.»

«La signora Hopkins è la seconda vittima. Cinque giorni fa ce n’è stata un’altra. Una donna più o meno della stessa età, uccisa a casa sua mentre il marito era al lavoro. Marjorie Hix.»

«Ha detto che Karen Hopkins stava lavorando quando è stata uccisa» disse Kate. «Sa che faceva?»

«Stando al marito, non era un vero lavoro. Solo una cosetta per fare dei soldi extra per anticipare la pensione. Marketing online o una cosa del genere.»

Kate e DeMarco si presero un momento per guardare l’ufficio. DeMarco controllò il bidone dei rifiuti vicino alla scrivania e qualche foglio di carta che si trovava sul piccolo vassoio sul bordo della stessa. Kate esaminò il pavimento in cerca di un frammento qualsiasi, e si ritrovò di nuovo al vaso di cotone finto. Quasi istintivamente allungò la mano e toccò la morbida punta di uno stelo. Come aveva immaginato era finto, ma la sua morbidezza era quasi calmante. Notò qualche stelo rotto prima di riportare l’attenzione alla scrivania.

Bannerman teneva una distanza rispettosa, vagando avanti e indietro tra il margine del salotto e la finestra, guardando il giardino fuori dall’ufficio.

Kate si accorse subito che la scrivania dava sulla parete. Non era una cosa così poco comune; a quel che aveva capito, era un modo ottimo per persone con una breve capacità di concentrazione di migliorare l’attenzione. Sapeva anche che probabilmente la donna non aveva neanche capito che cosa stava per succedere finché non era accaduto.

I sospetti le andarono automaticamente al marito. Chiunque l’avesse uccisa era entrato in casa in silenzio e aveva fatto pochissimo rumore.

Oppure era già dentro e lei non sospettava niente.

Tutti i segni puntavano al marito. Ma era un vicolo cieco, perché sulla base di ciò che sapevano il marito aveva un alibi solido. Certo, poteva verificare, ma la storia le diceva che quando qualcuno aveva un alibi che riguardava il lavoro, raramente quell’alibi aveva delle incrinature.

Prima di dirlo a DeMarco o Bannerman, entrò nel salotto. Per entrare nell’ufficio si doveva passare per il salotto. Il pavimento era coperto da un tappeto orientale molto carino. Il sofà sembrava essere stato usato raramente e il piano sembrava antico – del tipo mai suonato ma bello da vedere.

I libri alle pareti erano un assortimento di titoli, che per la maggior parte presumeva non fossero mai stati aperti… solo libri da sala d’aspetto che fossero belli sugli scaffali. Solo vicino alla fine dell’ultimo scaffale vide dei volumi che mostravano danni da usura: dei classici, qualche tascabile thriller e alcuni libri di cucina.

Cercò qualsiasi cosa che potesse sembrare strana o fuori posto, ma non vide nulla. Anche DeMarco entrò nel salotto e le rivolse un cipiglio e una scrollata di spalle.

«Pensieri?» chiese Kate.

«Penso che dobbiamo parlare col marito. Persino con un alibi solido come la roccia, magari può svelare qualche perla, in termini di informazioni.»

Bannerman si trovava all’ingresso del salotto a braccia conserte quando le guardò. «Lo abbiamo interrogato, ovviamente. Ha un alibi a prova di proiettile. Almeno nove persone al lavoro l’hanno visto e ci hanno parlato mentre la moglie veniva uccisa. Ma ha anche affermato di essere disposto a rispondere a tutte le domande che abbiamo.»

«Dove sta?» chiese Kate.

«A casa della sorella, a circa tre miglia da qui.»

«Sceriffo, ha un fascicolo sulla prima vittima?»

«Sì. Posso farvene inviare per email una copia, se volete.»

«Sarebbe ottimo.»

Bannerman aveva l’esperienza dell’età. Sapeva che le agenti avevano finito con la casa della Hopkins. Senza che gli venisse detto, si voltò e andò alla porta principale con Kate e DeMarco dietro di sé.

Mentre tornavano alle auto, ringraziando Bannerman per averle incontrate, il sole finalmente aveva raggiunto il suo posto fisso nel cielo. Erano appena passate le otto, e a Kate pareva che il caso fosse già in moto.

Sperava che si trattasse di un buon presagio.

Certo, quando montarono in macchina e notò vagare delle nuvole grigie da tempesta, cercò di ignorarle.

CAPITOLO TRE

Bannerman aveva già chiamato per informare il marito che stava venendo a parlare con lui l’FBI. Quando dieci minuti dopo Kate e DeMarco arrivarono alla casa della sorella, Gerald Hopkins sedeva sul portico con una tazza di caffè. Salendo le scale per andargli incontro, Kate vide che l’uomo era esausto. Sapeva com’era uno sguardo di dolore, e non donava a nessuno. Ma quando la spossatezza era parte dell’equazione, peggiorava di molto le cose.

«Grazie di aver accettato di parlare con noi, signor Hopkins» disse Kate.

«Si figuri. Qualsiasi cosa possa fare per trovare il colpevole.»

Aveva la voce tirata e sottile. Kate immaginava che avesse trascorso molti degli ultimi due giorni a piangere, singhiozzare, e forse persino urlare. E dormendo pochissimo. Guardò la sua tazza di caffè, gli occhi nocciola che parevano potersi chiudere in qualsiasi momento. Kate pensò che se non fosse stato sopraffatto da un dolore così orrendo, Gerald Hopkins probabilmente sarebbe stato un uomo piuttosto bello.

«Sua sorella c’è?» chiese DeMarco.

«Sì. È dentro, si occupa delle… disposizioni.» Lì si fermò, fece un respiro profondo per combattere quello che Kate pensava essere un attacco di pianto, e poi fremette un po’. Sorseggiò il caffè e proseguì. «È stata fantastica. A occuparsi di tutto, a combattere per me. A tenere lontani i fastidiosi stronzi della città.»

«Sappiamo che la polizia l’ha già interrogata, quindi saremo brevi» disse Kate. «Se può, vorrei che descrivesse l’ultima settimana che ha trascorso con Karen. Può farlo?»

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