“Un’idea di John,” disse semplicemente l’uomo. “Pensava che avresti potuto avere dei problemi. Aveva ragione.” Reid fece per protestare, ma Mitch l’interruppe. “Esci alla prossima. Gira a destra su River Drive. C’è un parco con un campo da baseball. Aspetta lì.”
“Aspetta lì che cosa?”
“Un trasporto.” Il meccanico di poche parole riappese. Reid sbuffò. Il punto era che la Trans Am sarebbe dovuta essere un’auto clandestina, libera dai controlli dell’agenzia. Non gli faceva piacere sapere che invece aveva solo scambiato gli occhi della CIA per quelli di qualcun altro.
Ma senza di lui ormai mi avrebbero fermato.
Soffocò la rabbia e fece come gli aveva ordinato, guidando la macchina per un altro chilometro oltre l’uscita dell’autostrada fino al parco. Sperava che qualsiasi cosa Mitch avesse avuto in serbo per lui, avvenisse in fretta; aveva molto terreno da recuperare.
Il parco era semivuoto per essere domenica. Nel campo da baseball un gruppo di ragazzini stavano facendo una partitella, quindi parcheggiò la Trans Am nel parcheggio sterrato dietro la rete metallica che proteggeva la prima base e aspettò. Non sapeva che cosa aspettarsi, ma sentiva l’urgenza di muoversi rapidamente, quindi aprì il bagagliaio, prese il borsone e aspettò accanto all’auto l’arrivo degli aiuti mandati da Mitch.
Cominciava a sospettare che il vecchio meccanico fosse più di una semplice ‘risorsa’ della CIA. Era un ‘esperto nel recupero veicoli’, o almeno così aveva dichiarato Watson. Reid si chiese se avesse un ruolo simile a quello di Bixby, l’eccentrico ingegnere della CIA specializzato in armi e strumentazione portatile. E se era quello il caso, perché lo stava aiutando? Ripensando al suo aspetto arcigno o al suo atteggiamento burbero non gli tornavano in mente ricordi di nessun tipo. Avevano un passato comune che lui aveva dimenticato?
Il telefono gli squillò nella tasca. Era Watson.
“Stai bene?” chiese l’agente.
“Decente, tutto considerato. Anche se il concetto di Mitch di ‘distrazione’ è un po’ eccessivo.”
“Fa il suo lavoro. Comunque sia la tua intuizione era giusta. Il mio tecnico ha trovato il rapporto di una Caddy di dodici anni rubata da una zona industriale nel New Jersey questa mattina. Ha scattato una foto satellite del posto, e indovina cosa ha visto?”
“Il SUV bianco sparito,” azzardò Reid.
“Esatto,” confermò Watson. “Abbandonata nel parcheggio di un postaccio chiamato Starlight Motel.”
Nel New Jersey? La sua speranza svanì. Rais aveva portato le ragazze ancora più a nord. Il suo viaggio di due ore era appena diventato di tre ore e mezza se voleva aver qualche speranza di raggiungerlo. Forse le vuole portare a New York. Una grande area metropolitana, dove è facile nascondersi. Reid doveva avvicinarglisi prima che ciò succedesse.
“L’agenzia non sa ancora queste informazioni,” continuò l’altro agente. “Non hanno motivo di collegare la Caddy rubata alle tue figlie. Cartwright mi ha appena detto che stanno seguendo gli indizi che hanno trovato e stanno mandando Strickland a nord del Maryland. Ma è solo una questione di tempo. Se arrivi prima tu avrai un vantaggio su di lui.”
Reid rifletté per un istante. Non si fidava di Riker, quello era ovvio. In effetti era ancora indeciso anche sul suo capo, il vice direttore Cartwright. Ma… “Watson, che cosa sai di questo agente Strickland?”
“L’ho incontrato solo una o due volte. È giovane, ansioso di compiacere, ma sembra un brav’uomo. Magari persino degno di fiducia. Perché, che cosa hai in mente?”
“Penso che…” Reid non riusciva a credere che cosa stava per suggerire, ma era per le sue figlie. La loro sicurezza era della massima importanza, a prescindere dal costo percepito. “Penso che non dovremmo essere gli unici a sapere queste informazioni. Ci serve tutto l’aiuto possibile, e anche se non mi fido che Riker faccia la cosa giusta, magari Strickland sarà dalla nostra parte. Potresti fargli avere questi dati in via anonima?”
“Credo di sì, certo. Dovrei farli filtrare attraverso uno dei miei collegamenti, ma è fattibile.”
“Bene. Deve sapere quello che sappiamo noi, ma solo dopo che io sarò stato lì a controllare la situazioni con i miei occhi. Non lo voglio in vantaggio rispetto a me. Deve solo essere aggiornato.” Più nello specifico, voleva che qualcuno oltre a Cartwright sapesse quello che avevano scoperto. Perché ho bisogno che qualcuno riesca, nel caso io dovessi fallire.
“Se lo dici tu, certo.” Watson rimase in silenzio per un momento. “Kent, c’è anche un’altra cosa. All’area di sosta, Strickland ha trovato qualcosa…”
“Cosa? Che cosa ha trovato?”
“Capelli,” rispose lui. “Capelli castani, con i follicoli ancora attaccati. Strappati alla radice.”
A Reid si seccò la gola. Non credeva che Rais volesse uccidere le sue figlie, non poteva permettersi di pensarlo. All’assassino servivano vive se voleva che Kent Steele lo trovasse.
Ma quella certezza gli offriva ben poca consolazione mentre la sua mente veniva invasa da immagini sgradite, scene del mostro che afferrava le sue bambine per i capelli, costringendole ad andare dove voleva. Facendo loro del male. Se le avesse ferite in qualche modo, Reid gliel’avrebbe fatta pagare.
“Strickland non li ha ritenuti importanti,” continuò Watson, “ma la polizia ne ha trovati altri nel sedile posteriore dell’auto della donna morta. Come se qualcuno li avesse lasciati lì di proposito. Come un…”
“Come un indizio,” mormorò Reid. Era stata Maya. Lo sapeva. Era intelligente, tanto da aver lasciato appositamente indietro qualcosa di sé. Sua figlia sapeva che la scena sarebbe stata controllata con cura e che i suoi capelli sarebbero stati ritrovati. Era viva… o almeno lo era stata quando avevano attraversato l’area di sosta e quell’auto. Era orgoglioso della furbizia di Maya e allo stesso tempo addolorato che fosse stata costretta a inventarsi a un trucco del genere.
Oddio. Si rese subito conto di qualcos’altro: se Maya aveva lasciato di proposito i capelli nel bagno della stazione di servizio, allora era stata lì quando era avvenuto l’omicidio. Aveva guardato quel mostro che uccideva una donna innocente. E se la figlia maggiore era stata lì… doveva esserci stata anche Sara. Erano rimaste entrambe segnate, a livello mentale ed emotivo, dagli eventi di febbraio sul pontile; non voleva nemmeno immaginare al trauma che dovevano aver subito ora.
“Watson, devo arrivare in New Jersey in fretta.”
“Ci sto lavorando,” rispose l’agente. “Rimani lì tranquillo, arriverà tra un minuto.”
“Che cosa arriverà?”
Watson rispose, ma le sue parole furono soffocate dall’improvviso strillo di una sirena alle sue spalle. Si voltò, mentre un’auto della polizia si fermava nel parcheggio dietro di lui.
Non ho tempo per questo. Chiuse di scatto il telefono e se l’infilò in tasca. Il finestrino del lato passeggero era abbassato e dentro poteva vedere due agenti. Arrivarono a ridosso della sua macchina e poi aprirono le portiere.
“Signore, metta la borsa a terra e alzi le mani sopra la testa.” L’agente che parlò era giovane, con un taglio in stile militare e occhiali da aviatore calati sugli occhi. Reid notò che aveva messo una mano sulla fondina dell’arma di servizio, e aveva già aperto il bottone.
Anche l’autista era uscito. Era più anziano, intorno all’età di Reid, con il cranio rasato. Era rimasto vicino alla porta e anche lui aveva le mani basse sulla cintura.
Esitò, incerto di cosa fare. La polizia locale deve aver sentito l’allerta degli agenti in autostrada. Non doveva essere stato difficile trovare la Trans Am dalla targa finta parcheggiata in bella vista accanto al campo da baseball. Si riprese mentalmente per essere stato tanto imprudente.
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