George Saoulidis - Piangendo Sulla Luce Versata

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Yanni si accomodò sul divano, reggendo la sua bimba in braccio, in attesa del ritorno della moglie. Tutto ciò che desiderava era che la sua Musa facesse ritorno.

Capitolo i^2

“Non sei così vecchio. Abbiamo la stessa età. Stai dicendo che anche io sono vecchia?” domandò Thalia con un’espressione che sembrava avvisarlo di fare attenzione a ciò che avrebbe detto.

Yanni aprì le braccia con fare di scuse e rispose, “No, certo che no. Sto parlando di età accademica. Di idee. Non mi sento più così sveglio”.

Thalia rifletté seriamente sulla situazione, cullando la bambina che stava dormendo; era l’immagine della dolcezza. “Yanni, fai ciò che riesci. Forse dovresti passare il testimone a qualcuno a cui insegnerai come raggiungere il traguardo. È una cosa tanto brutta?”

“Ugh. È la mia idea, tesoro. Ci ho lavorato per così tanti anni, non sopporterei vederla nelle mani di qualcun altro” disse Yanni, parlando più con sé stesso che con la moglie.

Thalia si portò di fronte a lui, come ad ordinare al marito di prestarle attenzione e disse, “Yanni. Se consoliderai gran parte delle tue prove, non avranno altra scelta che dartene credito. Pensa alla tua famiglia, fa’ un buon lavoro, passa il testimone e lascia che qualcun altro finisca la gara”. Gli porse la bambina in modo da poter svolgere le faccende domestiche.

Yanni prese la bimba fra le braccia prima di posarla nella culla. Poi accese il carillon, e la piccola rise di lui, i suoi occhi non si concentrarono mai veramente su qualcosa, ma guardavano tutto ciò che la circondava.

L’uomo trascorse la giornata lavorando nel suo laboratorio domestico. Almeno questa volta si ricordò di accendere il laser.

Lo guardò. La sorgente luminosa lo guardò di rimando, senza sfarfallare.

Indossò gli occhiali protettivi ed aumentò l’intensità. “Ho solo bisogno di un momento in cui esclamare Eureka. Un po’ di fortuna” pensò. Ovviamente sapeva che il momento in cui qualcuno esclamava Eureka era un mito. La vera scienza era lenta e continua, o non così ininterrotta, ma piena di vicoli ciechi.

Non gli avrebbe però fatto male tentare la sorte.

Procedette quindi inserendo valori casuali alle variabili con le quali stava lavorando, testando il laser con ogni modifica. La specificità delle sue prove dipendeva dalle equazioni di Maxwell, le quali, nella loro semplicità, avevano infinite permutazioni. Aveva maggiori possibilità di uscire con Kate Upton piuttosto che inserire la variabile che avrebbe validato la sua dimostrazione.

Scrivi. Invio. Nessun cambiamento.

Scrivi qualcos’altro. Invio. Come sopra.

Poi tentò il loro anniversario, non aveva senso non essere superstiziosi a quel punto.

Nada.

Il compleanno di Georgie?

Poi squillò il telefono. Fortunatamente.

Il messaggio di Nikos recitava: “Una persona che non ha dato il proprio contributo alla scienza prima dei trent’anni non ne sarà mai in grado. Albert Einstein”.

Yanni fece per rispondere qualcosa tipo, “Wow, grazie per aver rigirato il coltello nella piaga”, ma subito udì il suono di un clacson in strada, ed ovviamente si trattava di Nikos.

S’affrettò fuori, bramando un cambio di scenario, e chiuse la porta sul commento “non bere” di Thalia. Si sentì in colpa, quindi riaprì l’uscio, mise dentro la testa e disse, “Ok tesoro, non berrò. Promesso”.

Nikos lo stava aspettando nella sua decappottabile, accomodato al posto di guida come se si trovasse su un divano. Stava sorridendo a delle ragazze che stavano attraversando la strada, le quali gli sorridevano di rimando.

“Hai fatto quello che fai con le ragazze, scrivere il messaggio e suonare il clacson qualche secondo più tardi mentre stavo rispondendo. Non farlo più con me” disse Yanni con amarezza, senza salire in auto.

“Ehi, l’hai inventato tu. Io l’ho solamente perfezionato!” ribatté Nikos, ed entrambi scoppiarono a ridere.

“Già, sembra che ultimamente funzioni solamente così” disse Yanni con un’espressione triste e preoccupata in volto.

Capitolo i^3

“Quel che è fatto è fatto”, rispose la donna per la decima volta, piegando le tende del suo ufficio/laboratorio. Aveva rimosso tutto ciò che era stato intoccato dalle fiamme in modo che gli oggetti non assorbissero l’odore. Poi il suo viso aveva mostrato sincera preoccupazione ed aveva chiesto a voce bassa, “Demokritos sostituirà il laser?”

Yanni si sedette ed esalò diverse volte, come se la risposta fosse da ricercare nelle molecole attorno a lui. “Nai. Sì, devono. Ma ci vorrà un secolo perché preparino tutti i documenti e vengano approvati. Non verrà realizzato in tempo per la revisione dei finanziamenti”.

Thalia sistemò gli angoli delle tende al meglio che poté. Si trattava di qualcosa che era in grado di controllare, e si calmò prima di completare il lavoro in modo impeccabile. “So che il laser è caro, non possiamo ottenere quei soldi da qualche altra parte nel frattempo? Da Nikos, per esempio?”

Yanni cercò la cattiveria nel suo tono ma non la trovò. Il suo suggerimento era freddo e logico, non vendicativo. E aveva ragione. “Possiamo. Sì. Ma il problema non è il costo, è la disponibilità. Le parti sono sia care che non disponibili per i privati. Avere i soldi non è abbastanza, devi anche trovarti in un centro di ricerca per ottenere qualcosa del genere. Oppure nel dipartimento di ricerca e sviluppo di una grande azienda, qualcosa del genere”.

“Non puoi spiegare le circostanze ai membri della commissione di revisione?”

Yanni ripensò alla telefonata di prima, un socio lo aveva avvisato in merito al nuovo amministratore, il quale era determinato a tagliargli i fondi. Decise di non dirlo a sua moglie, per lasciarle un po’ di speranza. Era calma, ma forse se solo avesse appreso quell’informazione in particolare, ne sarebbe rimasta scossa. “Sì, certo. Non sono inavvicinabili, li chiamerò domattina per prima cosa”.

Forzò un sorriso, le diede un bacio e poi salì nel suo ufficio/laboratorio. Si accomodò alla sua sedia come faceva sempre, ed ispezionò i danni. Non era molto grave, ma sarebbe potuto andare anche peggio. Il laser mostrava una grande bruciatura sulla parte superiore della sua confezione, ovviamente causa il surriscaldamento. I fili erano bruciati e puzzavano, la plastica emetteva sempre quell’odore. L’angolo della scrivania era bruciacchiato, e nello stesso stato versavano la sua sedia ed il tappeto. Il Signor Andreas aveva veramente cercato di evitare di attaccare il laser con lo spray, era riuscito a sottrarre l’ossigeno dalla fiamma applicando poca schiuma. Un uomo pratico, il suo metodo di pensiero avrebbe potuto far risparmiare decine di migliaia di euro in riparazioni. Il tappeto era però distrutto. Non era un problema. Yanni ponderò anche sul fatto di contrastare sua moglie e lasciare la stanza in quelle precise condizioni.

Le cicatrici di un fallimento.

Pensò di riaccendere il laser. Forse era stato il suo incidente fortunato. Forse sarebbe stato il momento in cui avrebbe esclamato Eureka, la parte della vita in cui in incidente in laboratorio porta ad una scoperta in grado di cambiare il mondo. Era un pensiero stupido da parte sua, ma la tentazione fu troppa.

Si convinse quando pensò che il laser era già danneggiato, quindi non avrebbe peggiorato più di tanto la situazione. Si armò preventivamente di una vecchia coperta, dicendo a Thalia che stava tenendo la finestra aperta e che c’era fresco. Fuori era già buio, quindi non era poi così tanto una bugia.

Resse la coperta in mano in caso di un altro incendio, ed accese il laser sperando nel momento rivoluzionario che aveva sempre sognato, quello in cui avrebbe esclamato Eureka.

Capitolo i^4

Quando arrivò il laser era come se fosse stato Natale. I suoi occhi brillarono mentre rimuoveva con cura la custodia protettiva.

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