Chris J. Biker - Il Viaggio Del Destino

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Questo romanzo vuole trasmettere ai lettori le caratteristiche che hanno fatto grandi questi due popoli, che seppure così diversi tra loro si sono riconosciuti come una unica grande anima.
Ulfr, figlio del Re Vichingo, e Thorald, unico figlio di un ricchissimo Jarl, sono legati fin da bambini, come i loro padri prima di loro, dal giuramento di fratellanza. All'età di 16 anni, in seguito a una ritorsione atroce, messa in atto da Thorald, per vendicare la morte del padre, il Re ordina ai due giovani di partire per un lungo viaggio in mare.
Durante la traversata vengono colti, all'improvviso, dall'implacabile furia della natura che mette in pericolo le loro vite, rischiando di far affondare il loro Knorr con tutto l'equipaggio.
Ma il destino ha in serbo qualcosa di diverso per loro, facendoli giungere sulle coste di una nuova, ricca e fertile terra: l'America.
Il confronto con i Nativi si rivela essere il più importante per entrambi i popoli, così diversi tra loro, eppure al contempo simili nella fierezza e nell'integrità morale.
E' un incontro che cambia radicalmente le vite di alcuni di loro. 
Questo è un viaggio in un mondo ormai perduto, dove l'Amore e il Rispetto sono le basi fondamentali del diritto naturale del vivere dell'essere umano. 
Perché solo così c'è l'unione con il tutto!

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- Drekka Minni! - brindarono all'unisono, svuotando il corno in una sola volta.

Olaf si passò il dorso della mano sui baffi.

- Adesso devi pensare a superare questo momento, potresti partire per un lungo viaggio - gli suggerì.

- Ci ho pensato, se Thorald fosse stato più grande lo avrei portato con me. -

- Possiamo invece fare così; tu viaggerai e farai commerci anche per me, mentre io mi occuperò di crescerlo istruito, sano e forte - propose Olaf.

- Amico mio, non mi hai mai deluso! - dichiarò Harald.

I due uomini si scambiarono uno sguardo, carico di profondo affetto e rispetto reciproco.

- Sono sicuro che tu faresti lo stesso per me! - affermò Olaf, senza il minimo dubbio, porgendogli il palmo della mano destra. Gesto che l’amico ricambiò.

Harald viaggiò per molti anni, molti dei quali li svernò lontano da casa.

Per i due bambini iniziarono da subito l'istruzione e l'addestramento. Vennero istruiti sulle leggi, la storia, la lavorazione del legno e del ferro e su tutti i segreti della metallurgia.

Impararono a familiarizzare con le armi, praticando quotidianamente varie discipline.

Nelle lunghe sere del gelido inverno norvegese, tutta la famiglia si radunava nel tepore del focolare domestico. Mentre le donne tessevano e gli uomini intagliavano il legno, ai bambini veniva tramandata, attraverso i racconti degli anziani, la conoscenza del passato della famiglia e del Clan, insieme ai principi, ai valori e al codice d'onore che un buon Vichingo non dovrebbe mai infrangere.

Ulfr e Thorald crescevano sani e forti, insieme studiavano e si addestravano, e tra i due si creò un legame di affetto fortissimo. Come i loro padri prima di loro, diventarono Fratelli Giurati, secondo un antico rito magico…

L’inverno era passato, le navi vichinghe solcavano le acque scandinave e i Vichinghi che avevano svernato lontano da casa, finalmente, rientravano dalle loro famiglie. Anche Harald, con grande sorpresa di tutti, fece ritorno quella primavera.

Cadeva il nono misseri d’estate per i due piccoli Vichinghi, intorno alla metà di Aprile, quando consacrarono la loro fraternità.

Quel giorno, era il loro primo addestramento con l’arco e tutto era stato allestito all’esterno, sul retro della casa, da dove si estendeva il panorama di tutta la proprietà.

- Portate avanti la gamba sinistra, vi aiuterà a prendere meglio mira e potenza - suggerì Bjorn, il miglior arciere del Clan. - Puntate…-

I due bambini si posizionarono come suggerito, impugnando l’arco con la freccia pronta, e tesero la corda con tutta la loro forza, stringendo gli occhi per concentrarsi sull’obiettivo da colpire.

Due sacchi riempiti di paglia facevano da fantocci, con il bersaglio dipinto all’altezza del cuore.

- Ora! - ordinò Bjorn.

I due piccoli arcieri scoccarono il loro primo dardo e un’espressione delusa si dipinse sui loro volti seguendone il volo, di molto lontano dal bersaglio.

- Per l’occhio buono di Odino! - imprecò la voce di un uomo.

Tutti gli sguardi erano fissi in quella direzione, mentre Leif, un omone dai capelli rossi, sbucava dai cespugli con una capra morta, infilzata dalle frecce.

Bjorn guardò stupito Olaf e Harald.

- L’hanno fatta secca, al primo colpo! - disse, incredulo.

L’espressione fiera e soddisfatta dei due bambini suscitò simpatia e divertimento tra gli uomini.

- Che cosa ci faceva questa capra fuori dalla stalla? - chiese Olaf mentre estraeva le frecce dalla povera bestiola.

- Era scappata e io stavo cercando di riportarla dalle altre - spiegò l’uomo.

- Sei stato fortunato, avresti potuto esserci tu al posto della capra - constatò Harald.

- Già! - esclamò Leif, spalancando gli occhi grigi. - Le frecce l’hanno colpita mentre la stavo afferrando - aggiunse, rivolgendo lo sguardo ai due bambini, che abbozzarono un mezzo sorriso di scuse.

- Sono sopravissuto a mille battaglie in gioventù e non voglio certo raggiungere il Valhalla per mano di due bambini! - esclamò con tono ironico. - E non sono sicuro che le Valchirie mi avrebbero fatto entrare... Morto rincorrendo una capra! - concluse scherzoso, scatenando le risa dei presenti.

- Mio buon amico, quando farai il tuo ingresso nel Valhalla sarà sicuramente degno del grande Vichingo che sei stato! Adesso portala alla cuoca, che la cucini per cena - dispose Olaf, ridacchiando.

Leif asserì chinando il capo, in segno di rispetto, prima di incamminarsi verso la cucina.

- Adesso concentratevi sul bersaglio… - l'arciere richiamò all’attenzione i due bambini. - Perché quando combatterete contro un nemico non lo vincerete abbattendogli il bestiame.

- Devi ammettere che la prima freccia della loro vita è un buon presagio per il futuro - dichiarò Harald, con un tono tra il compiaciuto e il divertito.

- Così sembra… - rispose Bjorn. - Adesso devono impegnarsi, per dimostrare di meritarlo questo presagio – aggiunse, rivolgendosi ai due piccoli arcieri, già pronti, in attesa del comando.

Un rumore alle loro spalle, attirò l’attenzione di Olaf e Harald.

Le porte delle stalle si aprirono e, dopo 6 mesi, una moltitudine di animali si riversò all’esterno, mentre alcuni uomini del Clan, tra muggiti, grugniti e belati, cercavano di mantenere l’ordine, per condurre, gli oltre 500 capi di bestiame nei terreni sui quali li avrebbero lasciati liberi di pascolare.

- Portate il bestiame lontano da qui, altrimenti questi due ne faranno strage! - esclamò Olaf, in tono canzonatorio.

In mezzo a tutto quel trambusto sbucò Leif, con passo veloce si stava dirigendo nella loro direzione e sembrava ansioso di comunicare qualcosa.

- La vecchia Sigrùn ha visto la capra e vi manda a dire che vi attende tutti e quattro nella Sacra Radura - li ragguagliò l’uomo, appena giunse dinnanzi a loro.

- Bene! - commentò Olaf, scambiando uno sguardo d’intesa con Harald.

- Riprenderete l’addestramento al nostro ritorno - comunicò rivolto a Bjorn.

- Sarò qui ad attendervi - rispose l’arciere.

I quattro s’incamminarono, lasciandosi il villaggio alle spalle.

La terra si era liberata dal gelo e con il primo tepore, regalato dal sole, tutto aveva ricominciato a prendere vita nel villaggio di Gokstad.

La proprietà di Olaf era bella, di dimensione vastissima, si estendeva lungo la costa e verso l’entroterra, per chilometri e chilometri, e lui ne andava fiero.

I campi erano divisi da un basso muro di pietra che li cintava, alcuni contadini erano impegnati ad arare la terra, mentre altri si occupavano delle diverse semine: la segale, il prezioso orzo, tutti gli ortaggi e l’avena, quest’ultima destinata a diventare anche foraggio per nutrire il gran numero dei capi di bestiame, durante l’inverno a venire.

I primi fiori punteggiavano i vasti prati di trifoglio, disseminati di piante da bacche, di more e lamponi, e si estendevano fino a dove la terra si innalzava in pareti rocciose e colline che giungevano al confine con le terre di Harald.

Con il disgelo, la cascata d’acqua aveva ricominciato a scivolare lungo le rocce, ricoperte di licheni, gonfiando il torrente che attraversava il bosco e la Sacra Radura.

La strada che stavano percorrendo era fiancheggiata da filari di meli e biancospini, che avevano germogliato, e cominciavano già a spuntare i primi fiori bianchi.

Proseguirono in silenzio, fra i rumori della natura che si era risvegliata e i raggi del sole che filtravano tra gli alberi. S’intravedevano i primi nidi fatti dagli uccelli e da alcuni rami pendevano delle ceste di paglia spiraliformi, nelle quali le api avevano cominciato a costruire i loro alveari che, per la fine dell’estate, sarebbero stati colmi di miele, con il quale i Vichinghi avrebbero prodotto dell’ottimo idromele.

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