- Vado - rispose e con una faccia da funerale si avviò per le scale.
Si fermò sotto la scaletta di legno e iniziò a chiamarla per farla scendere.
Gaia, nonostante le urla del fratello, non rispondeva.
Ancora più afflitto, salì le scale. Il semibuio che proveniva dalla soffitta gli metteva ansia. Uno scalino dopo l’altro il tragitto gli sembrava infinito. Arrivato con la testa appena sotto il foro rettangolare, iniziò di nuovo a chiamare, ancora una volta rispose il silenzio. Si fece forza e affrontò gli ultimi gradini. Da sopra qualcosa gli afferrò il braccio.
Elio rimase immobile, con gli occhi chiusi, il terrore si disegnò sul suo volto.
- Ti ho preso! - esclamò Gaia che vide il fratello in quella condizione.
- Togliti cretina, mi hai fatto preoccupare, potevi rispondermi.
Gaia non raccolse la provocazione e visto che era incuriosita da quello che aveva trovato disse:
- Questa soffitta è piena di cose strane. Vieni, guarda cosa ti faccio vedere...
Elio finì di salire e seguì la sorella che stava sfogliando delle vecchie foto.
- Guarda com'è buffo - le disse passandogliele.
- Cosa c’è di buffo? - domandò Elio.
- Come cosa? - chiese Gaia - non lo riconosci?
- Chi? - chiese ancora Elio.
- Papà! - esclamò Gaia.
- Papà? Hai ragione, vestito così non l’avevo riconosciuto, somiglia un po' a Libero. È vestito nella stessa maniera!
Finalmente, dopo tanto tempo, gli sfuggì un sorriso. Gaia, intanto, sfogliava con curiosità le altre foto.
- Hai visto questa? Sembra Libero da ragazzino, è così serio e imbronciato che quasi non si riconosce.
Nella foto si vedeva un bambino, esile, con lo sguardo fisso nel vuoto, pallido e inespressivo.
- Sembra sia stato rapito dagli alieni - commentò Gaia.
L'immagine lo raffigurava in giardino, teneva strette in mano le sue macchinine. Era stata scattata all'imbrunire, con il tramonto alle sue spalle, alla sua lunga ombra se ne affiancava una seconda, ma il bambino era solo nella foto.
Elio iniziò a fissarla e fece notare preoccupato:
- La vedi questa ombra?
- Quale?
Elio cominciava ad agitarsi:
- Questa, non la vedi? Questa a cui non corrisponde alcun corpo - disse indicandola.
- Questa? Ti sbagli, proviene dall'albero.
Anche se non era convinta della prospettiva, Gaia cercò di tranquillizzarlo.
Elio non voleva sembrarle pazzo e, per evitare di ritornare sull'argomento, affrontò il motivo per cui si trovava lì.
- Dobbiamo scendere, la zia mi aveva mandato a chiamarti, ha bisogno di aiuto per la cena.
- Tu resti qui? - gli chiese Gaia saltando su come un grillo e avviandosi verso le scale.
Elio pensò che non sarebbe rimasto neanche per sogno lassù da solo.
- No, scendo con te - rispose.
Gaia trovò la zia affaccendata a preparare la cena e cominciò ad aiutarla.
Elio stava per piegare le gambe e buttarsi sul divano quando arrivò la voce di Ida.
- Cosa fai? Su, su, vieni ad aiutare, non è ancora ora di riposare, prepara la tavola.
- Dov'è Libero? - chiese Gaia.
- Sicuramente sta finendo di chiudere le stalle - rispose Ida - Elio, se hai finito, perché non lo vai a chiamare?
- Vado io - si offrì Gaia allegra.
- No, di te ho bisogno qui, lascia che vada tuo fratello.
- Sì - rispose esausto Elio, che stranamente aveva un appetito da leone.
Uscito dall’uscio di casa, si guardò in giro per cercare di vedere il cugino, era nei campi, seduto sul trattore, stava guardando il cielo.
Elio si avvicinò urlando, sembrava che quel giorno tutti avessero perso l’udito perché anche lui, come Gaia prima, non gli rispondeva.
“Speriamo sia contagioso così perdo anch’io l’udito e posso sdraiarmi senza rispondere a nessuno” rifletteva Elio.
Dovette arrivare fin sotto il mezzo per avere una risposta.
- Perché gridi? - chiese Libero.
- Dovresti rientrare, è ora di cenare - rispose Elio.
- Vieni su - lo invitò come se non sentisse quello che diceva.
- Io lassù?
- Sì, quassù, ti faccio vedere una cosa.
Elio salì, Libero si strinse un po’ e si sedettero insieme.
- Guarda che meraviglia! - esclamò Libero indicando il cielo - Pensa che qualche anno fa non riuscivo a vederlo.
- Cosa? - chiese Elio cercando di vedere non so quale stranezza.
- Il cielo - ripeté.
- Il cielo?
- Si il cielo, è una cosa bellissima, ma spesso per molto tempo della nostra vita non alziamo la testa per guardarlo e non intendo guardarlo per vedere che tempo fa, ma ammirarlo in silenzio, come si fa con il mare, che essendo in una posizione favorevole agli occhi, è apprezzato con più frequenza. Tu ti fermi mai ad osservarlo?
- No.
- Eppure dovresti, è molto rinvigorente e mette tante cose nella giusta prospettiva.
Elio si stupì di tanta profondità del cugino e rimase in silenzio con lui per un po' a fissarlo.
Dal bianco accecante sino alle sfumature fumo, le nuvole stavano sospese tra due fasce di cielo, cielo plumbeo sotto di loro, cielo turchino sopra, misto ai riverberi ocra di un sole ormai quasi al tramonto che le rischiarava rendendo la loro sommità dorata e dando la sensazione di essere la luce di un altro mondo, lì a illuminare una vita che su loro si svolgeva. Dense, come albume montato a neve, quelle bianche, pasticciate, come nello sfogo pittorico di un bimbo di tre anni, quelle grigie.
Fra tutte se ne distingueva una, dalla forma di unicorno, che si stagliava scura sullo sfondo bianco come se il grigio animale corresse sulle bianche praterie celesti. Proprio come in un affresco del Tiepolo, questo soffitto sfondato naturale tendeva all’infinito che c’è oltre il visibile, al mistero che fa sentire le nostre anime piccole e allo stesso tempo eterne.
Libero all’improvviso saltò giù dal trattore.
- Adesso ho fame - disse ridendo a voce alta
- Tu non ne hai Elio?
- Si.
- Allora salta giù e andiamo a mangiare, magari la prossima volta ti faccio fare un giro con il trattore.
E si avviò verso casa.
Elio non perse tempo e lo seguì, la fame tornava a farsi sentire.
Quarto Capitolo
Come un cattivo presagio, mormorava parole in una lingua sconosciuta
Elio si alzò di buon'ora, era inevitabile cedere alla zia che continuava a chiamarlo con insistenza. Fuori era appena l’aurora, guardò il cielo che albeggiava e ripensò per un attimo al tramonto della sera prima, alla sensazione di pace provata in quegli attimi, ma durò poco, le sue orecchie cominciarono a fischiare, un fischio sordo, pungente, che gli tagliava l’anima e lo faceva ripiombare nella sua fredda realtà.
Elio si trascinò ancora in pigiama fino alla cucina, sperando di svegliarsi un po' con la colazione.
La zia, il cugino e sua sorella erano già vestiti e pettinati come se fossero le otto del mattino e non solo le cinque e trenta! C’era aria di festa, suo cugino Ercole sarebbe tornato dal campo scout. Ida era eccitata per il rientro del figlio, era stato via per ben cinque giorni, era sempre preoccupata quando i suoi figli erano fuori casa per l’incidente accaduto a Libero da ragazzo e non avrebbe mai voluto perderli di vista.
Il sergente Ida, appena avvistato l’insubordinato Elio, lo cacciò immediatamente via dalla cucina perché andasse a lavarsi e sistemarsi.
Ida era una donna forte, temprata dalle vicissitudini della vita. Dopo la morte del marito e il problema con il figlio, si era dovuta adattare ad uno stile di vita completamente diverso da quello cittadino, che aveva segnato la sua vita nei primi anni di matrimonio.
Dura e decisa, aveva preso di petto quella nuova sfida. Più di una volta si era ritrovata sola a piangere per la disperazione, ma non si era lasciata piegare.
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