Molti media mi hanno giudicato e condannato ancor prima di conoscere la mia versione dei fatti, così durante il processo, in varie occasioni il giudice ha dovuto mettere a tacere chi voleva recriminare le mie azioni con insulti e persino minacce.
A dire il vero, questa prigione potrebbe non essere cosi male dopotutto, poiché mi protegge da una massa così agitata che vuole farsi giustizia da sè, cercando di porre fine alla mia vita, per un atto di pochi secondi..
Non cerco di giustificare quello che ho fatto, e nemmeno le conseguenze delle mie azioni, anche se a volte dubito che la mia condanna sia giusta, dato che ci sono persone peggiori che passano solo pochi mesi in carcere, poi vengono rilasciati, come se si fossero già riscattati dai loro peccati.
La certezza che quelli sono peggio di me viene dal fatto che in poco tempo tornano in prigione per un nuovo crimine.
D’altronde ho commesso un solo crimine nella mia vita, se così si può chiamare, un fatto che ha cambiato tutti i miei progetti per il futuro.
Anche se mi chiamano lupo solitario, una volta avevo una casa, una famiglia e degli amici, mentre ora non ho più niente.
L’unico ricordo del mio passato sono quei ritagli di giornale che mi definiscono un assassino freddo e calcolatore, uno dei peggiori della storia, comparato agli anarchici, che hanno cercato di cambiare la storia di un paese con pistole e bombe.
E, ovviamente, il mio numero, quello che porto sui vestiti, è quello con cui mi chiamano le guardie, come se non avessi un nome.
Per tutta la vita sono stato chiamato con il nome che mi diedero i miei genitori, ma da quando sono qui, non mi hanno mai più chiamato così.
Soltanto il mio avvocato mi ha chiamato per nome, beh dico il mio avvocato per non dire i miei avvocati, dato che ne ho avuti molti che non sono durati.
Avvocati d’ufficio, costretti dall’ordine degli avvocati a prestare assistena legale anche alle peggiori prsone, che, nel mio caso, proprio per quello che avevo fatto, nessuno voleva rappresentarmi e hanno trovato scuse per abbandonare il caso.
Nessuno voleva vedere la propria carriera professionale macchiata dal mio caso sul proprio curriculum, cosa che all’inizio mi ha molto infastidito, ma che col tempo ho imparato ad accettare.
Invece, e con mia sorpresa ci sono stati altri casi, altrettanto ignobili quanto il mio, che per la notorietà che hanno suscitato sull’opinione pubblica, si sono addirittura battuti per difenderla, siano essi serial killer o stupratori, tutto per un bel titolo.
Nel mio caso, non che il mio crimine sia uno dei peggiori, o forse lo è, ma quello che mi mancava era ciò che si chiama “buona pubblicità”, al conrario i media si erano accaniti su di me, avevano esaminato le mie intenzioni, la mia vita, le mie relazioni e persino la mia storia, e avevano presentato tutto ciò in maniera contorta, in modo da sembrare che fossi nato per compiere quell’atto.
Anche quano avevo rilasciato qualche intervista per spiegare le mie ragioni, avevano pronunciato soltanto quelle frasi o parole che sostenevano la mia colpa, non permettendo al grande pubblico di ascoltare la mia versione.
Quindi ho deciso di scrivere le mie memorie, per così dire, cioè la mia versione dei fatti, che mi hanno portato ad essere il centro mediatico del paese, nonchè l’uomo più odiato del momento, se cosi si può dire in qualche modo.
Nei miei anni di prigione ho visto molti tipi di prigionieri, ma non credo che ci fosse nessuno come me che avesse la coscienza pulita, sapendo che quello che ho fatto era giusto e necessario, nonostante il sacrificio che implicava.
Ricordo giorno dopo giorno quel momento in cui la mia vita e quella di tanti altri sono cambiate. Per un atto qualificato come uno dei più orribili che si sia potuto commettere.
Sebbene di tanto in tanto venga qui un cappellano con la speranza che io mi penta, io gli dico sempre che ho la coscienza pulita e che sebbene i mezzi possano non essere stati appropriati, lo scopo lo giustificava.
In verità nessuno sa come ci si sente quando tutti ti guardano male, e non intendo quello che può provare un senzatetto che vive per strada e che difficilmente riceve qualche attenzione dagli altri, ma agli sguardi e ai sentimenti di disprezzo che non avevo mai provato prima d’ora.
Da quando la polizia mi ha arrestato, sono passato dall’essere una persona all’essere, non so come dirlo, ma quegli sguardi, quei gesti e anche il trattamento che ho ricevuto erano tutt’altro che cordiali.
Credo che nemmeno gli animali debbano essere trattati in questo modo, come se toccarmi comportasse una sorta di contagio per la polizia che mi aveva in custodia., evitavano di guardarmi, e se lo facevano era con sguardi di disprezzo.
E’ vero che il mio atto può essere ritenuto spregevole, ma non io, io sono ancora una persona, che ha commesso un atto sbagliato, ma pur sempre una persona.
Ma quello che più mi fa male è la questione della famiglia, è vero che non avevo un rapporto stretto con la mia famiglia, ma sono passati anni e non ho ricevuto una sola visita, nemmeno un biglietto o una lettera, e questo mi ha ferito molto.
Ricevo ancora qualche invito a qualche programma televisivo, per raccontare quello che è successo da un punto di vista della drammatizzazione dei miei atti, cioè, come mezzo per vendere libri o produrre documentari usando il mio nome e le mie azioni, usando attori che mettono in risalto una parte di me che in realtà non ho mai avuto.
L’invidia, le idee persecutorie o addirittura la follia sono le caratteristiche che di solito questi attori esibiscono cercando di spiegare attraverso di questi gli eventi che alcuni sostenevano avrebbero potuto cambiare il corso della storia.
Ed è proprio qui che sono d’accordo con i giornalisti, la mia intenzione ultima era proprio quella, nè più nè meno, di cambiare la storia, o meglio, la storia che verrà e di cui nessuno vuole sentir parlare.
Preferiscono ascoltare i criminali che affermano di sentire voci che gli suggeriscono di commettere atti spregevoli, e quelli che sembrano predisposti al crimine sin dalla giovane età, perchè hanno subito qualche trauma, ma la mia versione è quanto meno poco credibile, e per questo preferiscono ignorarla.
A volte mi hanno paragonato ad un fanatico religioso, a causa delle mie convinzioni e giustificazioni delle mie azioni, anche se ho sempre detto che non si tratta di una religione, o di seguire qualche precetto scritto, ma di una questione morale di base.
Ma quando ho cercato di spiegare come chiunque altro nella mia situazione avrebbe scelto di fare la stessa cosa, i giornalisti si sono addirittura alzati e hanno interrotto l’intervista, come se li avessi offesi con le mie parole.
Quindi, se hai un problema mentale, o se hai subito un trauma da piccolo, la società arriva a giustificare e persino a “capire” qualsiasi atrocità, ma se è una questione morale, nemmeno ti ascolta.
Avrei voluto che fosse stato realizzato una sorta di programma radiofonico o televisivo riguardo alla questione, basato sui miei precetti, per cercare di capire o almeno discutere se le mie azioni erano giustificate o meno, ma era stato considerato un fatto così grave che nessuno se lo sarebbe mai chiesto.
L’unica cosa che avevo ricevuto erano insulti, minacce e disprezzo da parte di tutti. Tanto che quando cercavo i membri della giuria che avrebbero dovuto giudicarmi, la cosa si era complicata poichè la maggior parte della popolazione era incline a condannarmi ancor prima che iniziasse il processo.
E per quanto riguarda la difesa, quella era un’altra cosa, nessuno voleva difendermi, anche se la costituzione mi garantiva un avvocato, ma non c’era nessuno che volesse vedere macchiato il proprio nome da questo caso, nemmeno quelli a cui piaceva fare causa contro gli interessi del governo, o che, a quanto si diceva, volevano cambiare le cose.
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