Attenti alle timide bamboline
Attenti alle timide bamboline
Prologo
1. PRIMO CAPITOLO
2. SECONDO CAPITOLO
3. TERZO CAPITOLO
4. QUARTO CAPITOLO
5. QUINTO CAPITOLO
6. SESTO CAPITOLO
7. SETTIMO CAPITOLO
8. OTTAVO CAPITOLO
9. NONO CAPITOLO
10. DECIMO CAPITOLO
Epilogo
NOTE SU DAWN BROWER
Dawn Brower
Ringraziamenti
Questa è un’opera di finzione. Nomi, persone, luoghi ed eventi sono frutto dell’immaginazione dell’autore o vengono utilizzati in maniera fittizia, senza fini realistici. Ogni riferimento a luoghi reali, organizzazioni o persone, vive o morte, è puramente casuale.
Attenti alle timide bamboline © 2021 Dawn Brower
Grafica di copertina a cura di Midnight Muse
Edito da Victoria Miller
Tutti I Diritti Riservati. Nessuna parte di questo libro può essere utilizzata o riprodotta, in maniera fisica o digitale, senza l’esplicita autorizzazione dell’autore, fatti salvi alcuni estratti a solo scopo promozionale o per recensione.
Nella vita le persone vanno e vengono, ma alcune incidono su di noi in maniera indelebile. Questo libro è dedicato a Zia Rose. La sua famiglia l’adorava e di sicuro sentirà la sua mancanza. Ma sono convinta che mio padre e tutti i suoi fratelli la stanno aspettando, per darle il benvenuto in cielo. Grazie per ciò che sei stata, Zia Rose. Spero che ora tu sia in pace.
Un forte rumore echeggiò nella camera da letto di Lady Theodora Neverhartt. Il respiro le si mozzò in gola, mentre si drizzava a sedere sul letto. Una tempesta! Tuoni e fulmini le scatenavano sempre un forte mal di stomaco, e anche quella volta non fece eccezione. Li odiava da sempre, da quel che riusciva a ricordare. Quindici anni potevano sembrare molti, sotto certi aspetti, ma in realtà lei era ancora una ragazzina.
Fece scivolare le gambe oltre il bordo del letto e scalzò le lenzuola. Con quella tempesta non sarebbe riuscita a riaddormentarsi. Decide di andare a prendere un libro dalla biblioteca, per ingannare il tempo. Nella sua stanza non c’era nemmeno una candela, ma Teddy era abituata fin da piccola ad aggirarsi per casa al buio. Suo padre, il Conte di Siviglia, era un nobile squattrinato, e quindi si cercava di risparmiare un po’ su tutto. Le candele venivano usate quando ce n’era davvero bisogno. E non era quello il caso. Lei, almeno, poteva farne senza.
Il fragore di un tuono la colse di sorpresa e lei sussultò. Teddy deglutì a fatica. Posso farlo ! si disse nella mente. Forse, recitandoselo di continuo, avrebbe finito per crederci.
Fece un profondo respiro e si avviò lentamente nel corridoio, in direzione del grande scalone che l’avrebbe condotta in biblioteca.
Notò una lucina nello studio di suo padre: era ancora sveglio o aveva lasciato distrattamente il lume acceso? Si sentì attorcigliare le viscere. Quella luce non le diceva nulla di buono. Si augurò che il padre non si fosse di nuovo ubriacato, per sfogare le sue frustrazioni nel brandy. Detestava vederlo in quello stato. Diventava molto difficile stargli dietro, e la cosa la metteva sempre a disagio. Sarebbe riuscita ad oltrepassare lo studio senza che lui se ne accorgesse?
Forse. Ma non ne era tanto sicura. Se suo padre l'avesse scoperta avrebbe dovuto trovare una giustificazione valida, per essere fuori della sua stanza, quindi era meglio non rischiare. Tuttavia era decisa a non tornare indietro: senza niente da leggere, la notte sarebbe stata troppo lunga da passare, con quella tempesta! Doveva assolutamente procurarsi quel libro.
Proseguì per il corridoio, questa volta in punta di piedi. Si appiattì il più possibile al muro, sperando di non farsi scorgere da suo padre. Cercava di respirare il più silenziosamente possibile, anche se il cuore le martellava nel petto. Lo studio era a solo un paio di passi. Trattenne il respiro e fece un passo esitante, poi un altro, finché non si trovò dall'altra parte. Emise un sospiro di sollievo…troppo fragoroso.
"Chi è là?" gridò suo padre, biascicando le parole.
Dannazione, l’aveva sentita! Piuttosto che fermarsi a rispondere, sgusciò velocemente verso la biblioteca. Quando la raggiunse, aprì velocemente la porta e si nascose là dentro. Un fulmine rischiarò la sala, illuminando a giorno i ripiani della libreria. Terrorizzata, Teddy si diresse verso gli scaffali, prese un libro qualunque e se lo strinse al petto: tanto a lei non importava di che si trattasse, voleva solo un libro per ingannare il tempo, in attesa che la tempesta scemasse.
Stava per andarsene, quando l’ombra di un uomo si stagliò sulla porta. Non le sembrava suo padre, ma era così buio…Non riusciva a distinguere molto.
"Bene, bene…- ghignò l'uomo con aria minacciosa - A quanto pare, il Conte aveva ragione. C’è uno dei suoi marmocchi, in giro per il palazzo! Che ci fai qui? Hai sentito qualcosa?” E si parò davanti a Teddy.
"Niente … - farfugliò la ragazza, iniziando a tremare da capo a piedi - Ero venuta a prendermi un libro…”
Ma chi era quell’uomo? E cosa voleva? Perché le aveva chiesto se aveva sentito qualcosa? "Vi assicuro che non ho sentito niente."
L’uomo sospirò. “E ora…cosa devo fare con te?” Avanzò verso di lei e l’afferrò per un braccio.
“Ahi, mi fate male!” piagnucolò Teddy.
Lui scoppiò in una risata cattiva, continuando a scuoterla. “Ti sbagli! Non ho ancora cominciato a farti male!”
Il libro che lei teneva in mano scivolò sul pavimento. Lui l’attirò a sé e le artigliò un seno. “Sei una femmina in boccio, non è vero? Ancora…innocente…”
Una lacrima le scivolò lungo la guancia. Lui le agguantò il petto. Teddy cercò di divincolarsi, ma l’uomo la teneva stretta in una morsa.
"Lasciatemi andare…" lo implorò lei. Perché le stava facendo del male? Sperò nel profondo del suo cuore che lui non la costringesse a fare qualcosa…di immorale! Sapeva che talvolta gli uomini forzavano le donne a soddisfare le proprie voglie. Una volta aveva sentito una cameriera piangere perché qualcuno l’aveva obbligata a…una di queste cose. Teddy aveva provato un tale terrore, quel giorno, che da allora era sempre stata attenta. Ma adesso…
"Quando avrò finito con te dovrò assicurarmi che terrai la bocca chiusa!" ghignò l’uomo.
Lei gli mollò uno schiaffo in faccia. "Ho detto che non ho sentito niente."
"Non ti credo - disse l’uomo, massaggiandosi la guancia - Sei coraggiosa, ragazzina. Mi piacciono le femmine che combattono. Ma non otterrai altro che farmi eccitare ancora di più. Ti prenderò con più gusto.”
Un lampo illuminò la faccia dell’uomo per un attimo. Teddy poté vedere un luccichio malvagio nei suoi occhi: quel mostro non si sarebbe fermato davanti a niente! Nulla gli avrebbe impedito di fare quello che aveva in mente.
Fu scossa da un tremito irrefrenabile. Era così grosso e forte… Che possibilità aveva, lei, di difendersi? L’avrebbe violentata e rovinata per sempre. Come avrebbe potuto vivere, dopo?
"Lasciate andare mia figlia!" esclamò qualcuno. Teddy si voltò e riconobbe suo padre accanto alla porta. Impazzì dalla felicità al vederlo: era un po’ traballante, ma la sua voce risuonava forte e chiara.
Teddy avrebbe voluto scoppiare in lacrime, ma si trattenne. Ci sarebbe stato tempo, per piangere. Suo padre era venuto a salvarla dalle grinfie di quell’uomo!
"Non posso. - rispose l’uomo - Credo che ci abbia sentiti.”
“Teddy è una brava ragazza. Non origlia le conversazioni e, anche se lo avesse fatto, terrebbe a freno la lingua. Lasciatela andare."
"Bene. - si arrese l’uomo, mollando la presa sulla ragazza - Ma se si azzarda a dire qualcosa… giuro che la ucciderò!"
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