1 ...8 9 10 12 13 14 ...19 “So esattamente di cosa parli”.
Lo sguardo di lui indugiò nel suo mentre si leccava le labbra.
“Ok, ordiniamo.
Tutto questo parlare di carne al sangue mi ha fatto venire fame”.
Affamato in più di un senso, a quanto pareva.
Esattamente come me.
Richard attirò l’attenzione del cameriere e ordinò una bistecca al sangue con verdure al forno e un bicchiere di merlot per entrambi.
Il suo sguardo si fece indagatorio.
“Dimmi qualcosa in più su di te.
Hai una famiglia?”
“Sfortunatamente non c’è granché da dire”.
Sentendo gli occhi riempirsi di lacrime, abbassò lo sguardo verso il tavolo.
“Il giorno del mio settimo compleanno ho ricevuto un baule con alcuni oggetti e una lettera da mio padre, ma questo è tutto.
Non ho idea di dove sia, o se sia ancora vivo.
Ho speso tutti i miei risparmi per ingaggiare quasi ogni investigatore privato della città per trovarlo... Ma niente”.
Si tappò la bocca con la mano.
Merda.
Non aveva mai raccontato a nessuno questa storia, ma con Richard, praticamente uno sconosciuto, le parole le erano fuoriuscite come un’emorragia.
“Ti senti bene?”
Lui si avvicinò, le prese la mano e con un movimento dolce la tolse dalle sue labbra.
Non riuscendo a parlare, lei annuì, pronta a esplodere in lacrime.
Con la punta del pollice lui accarezzava la sua pelle formando dei piccoli circoli.
“Neanch’io conosco mio padre.
Non l’ho mai incontrato, ma mi piacerebbe, sempre che sia ancora vivo.
Quindi ti capisco”, disse lui con voce avvolgente, arginando il flusso del suo intimo dolore.
Lei si avvicinò, con la curiosità che vinceva sul dolore.
“E tua madre?
Io non ho idea di chi sia la mia.
Mio padre mi lasciò in un orfanotrofio da piccola e sono cresciuta in collegio”.
“Sono cresciuto anch’io in un collegio”.
Un sorriso diabolico affiorò sulle labbra di lui.
“E fammi indovinare... Odi l’aglio, preferisci il freddo e il tramonto è il tuo momento preferito della giornata”.
Eva lo fissò con gli occhi pieni di sorpresa.
È una specie di indovino?
“Sì”.
Richard si sporse verso di lei, coi riflessi dorati nei suoi capelli castani che brillavano come tizzoni sotto la luce bassa del locale.
“Lo sai, se qualcuno ascoltasse la nostra conversazione penserebbe che siamo vampiri”.
Lei rise.
Con poche semplici parole l’aveva distolta dalla tristezza.
“Abbiamo veramente un sacco di cose strane in comune”.
“Non mi meraviglia che tu mi piaccia così tanto”.
Cosa?!
Il cuore di Eva perse un battito, poi un altro, e un altro, per poi tornare a battere furiosamente.
Il cameriere lasciò i due bicchieri di vino sul tavolo e si diresse verso la cucina.
Richard sollevò un calice con la mano libera e la guardò negli occhi.
“Alle molte piacevoli serate insieme che ci attendono”.
Una scossa di desiderio attraversò i nervi di lei facendole tremare la mano mentre sollevava il bicchiere per brindare.
“Salute”.
Eva mandò giù un bel sorso di vino.
“Basta parlare di me,
dimmi di te”.
Richard appoggiò il calice sul tavolo a distanza di sicurezza.
“Versione punti salienti... Ho studiato nel collegio di Launceston e ho lavorato duro per vincere una borsa di studio per l’Università di Melbourne e quindi ho preso un master in scienze con specializzazione in genetica”.
Sollevò il calice, fece decantare un po’ il vino e bevve un altro sorso.
“Non molto tempo dopo aver terminato gli studi, ho ricevuto una lettera dal fratello di mio padre, Bram, in cui mi chiedeva di incontrarlo a Hobart.
Fino a quel momento non sapevo di avere uno zio.
Pensavo di non avere una famiglia.
Ovviamente, ho accettato.
Ci siamo trovati così bene che mi ha invitato a stare da lui a Fern Tree.
All’inizio ho rifiutato, ma poi mi ha convinto che era la soluzione perfetta per entrambi”.
Una punta di invidia si insinuò nel cuore di lei.
“Siete davvero fortunati ad esservi trovati.
Anche se è un peccato che non si sia messo in contatto prima”.
“Penso non volesse darmi troppe speranze.
Non sapeva se sarebbe rimasto in Tasmania, qualcosa riguardo una relazione che era andata male.
Però sono felice che ora sia nella mia vita.
Meglio tardi che mai, come si suol dire”.
Eva fissò le loro mani ancora unite, col legno scuro del tavolo che contrastava con la sua pelle chiara.
“Vorrei avere anch’io qualcuno vicino.
Voglio dire, Greer è fantastica, ma...” Cos’è che la spingeva a confidarsi con Richard?
Era come se le avesse iniettato un siero della fiducia, liberando i suoi sentimenti prigionieri del suo cuore indurito.
Bevve un altro bel sorso di vino.
Lui accarezzò la sua guancia facendole sollevare lo sguardo fino ai suoi occhi.
Una verde irremovibile intensità.
“Hai me”.
Cosa?!
L’elettricità le bruciò la carne e le si bloccò il respiro.
Sembrava veramente serio.
Come poteva credere così tanto nella loro relazione così presto?
Come poteva farle una promessa così intima?
“Sei davvero gentile, ma non pensi sia un po’ presto?
Voglio dire, ci siamo appena incontrati”.
Richard si avvicinò e chiuse la mano di lei fra le sue.
“Eva,
sarò onesto.
Ho venticinque anni e ho avuto qualche ragazza,
ma non mi sono mai sentito così con loro.
mai.
E non riesco a immaginare di potermi sentire meglio di come sto con te”.
Forse era una strategia per arrivare in seconda base, o in terza, questo leggere la vulnerabilità di una donna per sfruttarla a suo vantaggio.
Le stava dicendo ciò che voleva sentirsi dire?
Le stava tendendo una trappola emotiva?
O era sincero e parlava dal profondo del cuore?
“A volte le cose sembrano magnifiche, ma poi si spengono”.
“Certamente.
Ma c’è qualcosa”, le disse portando una mano di lei sul cuore, “che mi dice che non è il nostro caso”.
La sua mano sentiva il cuore di lui batteva forte e solido.
Noi?
Tutto ciò che aveva detto sembrava sincero e il suo sguardo che non aveva mai abbandonato i suoi occhi sembrava volerlo confermare.
In ogni caso, avrebbe dovuto essere un bugiardo di prim’ordine, un seduttore spezza cuori.
Non importava quanto lei volesse credergli, quanto le parole di lui facessero vibrare le sue emozioni, quanto lei fosse attratta da lui, era necessario che mantenesse la mente lucida.
Doveva rallentare le cose per assicurarsi di conoscerlo, prima di fare qualcosa di cui si sarebbe pentita.
Il cameriere portò le loro pietanze e Richard lasciò andare la sua mano, interrompendo quel flusso di energia che si scatenava tra loro creando dipendenza.
Shock.
Senso di abbandono.
I classici segnali c’erano tutti.
Frustrazione, pensieri ossessivi, bisogno fisico... E tutto perché era lì seduto davanti a lei come un raro pezzo di carne fuori della sua portata.
Rallentare le cose sarebbe stato molto difficile.
Non appena il cameriere si allontanò dirigendosi verso un altro tavolo, Richard la scosse dalle sue riflessioni dicendo: “Ti piacerà moltissimo”.
Eva tagliò la bistecca che sanguinò sul piatto.
Perfetto.
Tenera, rossa, succosa, così come lui le aveva promesso.
Assaporò il crudo sapore metallico nella sua bocca.
“Mmm... Hai ragione.
È squisita”.
Richard finì il vino e la guardò fisso negli occhi.
“Tu sei squisita”.
Le guance di lei passarono dal rosa al rosso fuoco.
“Grazie.
Sei molto gentile”.
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