Più l’arte è personale, più cela ricchezze. Si allontana così dall’oggetto da fagocitare, oggetto che vivrà solo per un tempo limitato prima di essere condannato all’oblio.
Ho immortalato il Sacro-Cuore ricoperto dal suo manto immacolato, poi ho preso la direzione del parco. Partendo da qui, mi restava circa un’ora di cammino per arrivarci. Bisogna essere un po’ pazzi per decidere di percorrere questa distanza con un tempo simile. Almeno, avrei avuto molte cose da contemplare e tutta una serie di comportamenti umani da osservare, pensai.
C’erano dei venditori di castagne che si riscaldavano le mani, al caldo del fuoco che si liberava da una stufa rialzata su un carrello del supermercato certamente rubato.
I mercanti, come fuggitivi, dovevano nascondersi alla minima apparizione di un poliziotto. Per colpa di un lavoro in nero da cui lo Stato – questa vacca grassa che bisogna nutrire – non trae alcun profitto.
Appena misi piede nel parco, l’impressione di trovarmi nel mezzo di un paesaggio da cartolina mi invase. Ebbi come la sensazione di non trovarmi più a Parigi. Un velo chiaro ricopriva leggermente gli alberi senza oscurare completamente la corteccia naturalmente scura. Nelle foto che scattavo, il bianco dominava, invadeva, contrastava e tappezzava ogni centimetro quadrato di prato o di ghiaia. Questa mescolanza di bianco e nero dava una forza ed un equilibrio all’insieme, quasi a ricordare l’ineluttabile dualità che guida le nostre vite e il mondo. La foto porta in sé una risposta: per compensare anche il minimo male, il bene deve prevalere. La moltitudine di fiocchi offriva un tocco di grigio che nascondeva gli edifici sullo sfondo e sembrava suggerire che nulla era tutto chiaro o scuro, le due tinte dovevano completarsi l’un l’altro per esistere. Al tempo stesso ombre tristi, universi morti, colori opachi, ma la visione assomigliava a un vero capolavoro di composizione.
I bambini si divertivano sotto lo sguardo benevolo dei loro genitori. I più grandi modellavano pupazzi di neve, mentre i più piccoli guardavano la polvere bianca sulle loro mani schiacciarsi e dissolversi a contatto con la pelle. Stavo ancora scattando istantanee di tutti quei momenti quotidiani.
Alcuni percorsi erano proibiti. Altri erano stati delimitati. Alcune affissioni segnalavano un pericolo potenziale superando la demarcazione. Non potendo avventurarmi nei meandri del parco, decisi di tornare a casa. Questa uscita mi ha permesso di sensibilizzarmi alla fotografia. Forse ci saranno delle belle sorprese? In caso contrario, almeno, mi sono divertita, senza soffermarmi troppo sul passato.
Una volta al caldo, ho trasferito le immagini sul mio tablet. Le ho guardate una ad una con attenzione e cancellato quelle che mi sembravano venute male, poco chiare o sfocate. Constatai che avevo molto da imparare. Ovviamente, non ero una professionista.
Per Natale, ho inviato una email a Franck. Gli auguravo di passare delle piacevoli feste in famiglia. In questo periodo, andava generalmente dai suoi genitori, accompagnato da suo figlio. Ancora una volta non ricevetti alcuna risposta. Non ha nemmeno sentito il bisogno di ringraziarmi, mentre negli anni precedenti avevamo scambiato qualche parola. Da quando Franck mi sapeva in Francia, agiva come se stesse cercando di rendersi impenetrabile a qualsiasi mio tentativo di intromissione nella sua vita privata. Sylwia certamente aveva avuto un ruolo in questa presa di distanza. Dal momento che non voleva scrivermi, spettava a me comportarmi cosi finché non si sarebbe degnato di darmi sue notizie. Ben triste speranza è quella di cercare di riconquistare un ex che abbiamo volontariamente abbandonato lasciandolo affranto.
Ho ricevuto notizie da Franck nel mese di gennaio. Mi augurava un felice anno nuovo e mi ha detto che la sua storia con Sylvia si era conclusa pochi giorni prima di Natale. La mia insistente presa di contatto aveva accelerato la loro rottura e riacceso in lui il desiderio di rivedermi. Tuttavia, s’interrogava, si faceva molte domande, temendo persino l’incontro. La magia di un tempo risplenderà ancora? L’ansia era per me altrettanto grande, ma il desiderio ha preso il sopravvento. Alla fine del messaggio, mi domandava dove e quando…? Cosa potevo rispondergli dopo che mi aveva messo davanti un muro di indifferenza? Avevo pensato di programmare la mia vita in modo diverso. Ed ecco che si ripresentava…
Prima di fissare un appuntamento, ho preferito discuterne con i miei colleghi. Avevano opinioni piuttosto divergenti, mi raccomandavano di ignorarlo o di lasciarlo languire nello stesso modo in cui si era comportato con me. Un altro mi consigliò di provarci, sostenendo che questo appuntamento era forse la mia occasione. Erano confusi come me e alla fine non mi furono d’aiuto. Dal mio arrivo in Francia, non c’era stato nessun uomo nella mia vita. Avevo solo pensato a lui. Ho quindi accettato di vederci. Nel messaggio seguente, mi offriva una cena al ristorante. Ha confessato che voleva «chiarire la situazione tra di noi». Non ho affatto colto il significato di questa frase. Cosa dovremmo chiarire? Ci piacciamo ancora? L’incantesimo funzionerà ancora? Sentivo che il nostro incontro non aveva necessariamente una prospettiva felice.
Avevamo fissato un appuntamento per il prossimo venerdì: Ore diciannove alla stazione della metro George V, proprio nel mezzo del viale degli Champs-Elysees... Visto il sorprendente lusso di questo quartiere, mi chiedevo in che genere di posto aveva deciso di portarmi.
Sono arrivata con dieci minuti di ritardo. Vidi Franck che aspettava paziente, in piedi proprio davanti all’uscita. Stava osservando svogliatamente i passanti. Al mio apparire, un sorriso gli illuminò il viso. Alzò un braccio, per farsi notare. Pensava che non l’avessi riconosciuto? Il mio sguardo si era istintivamente aggrappato a lui, nel mezzo della marea umana. Non era cambiato molto. I suoi capelli erano ancora tagliati corti. Cominciavano a diventare grigi sulle tempie, cosa che gli donava un certo fascino. La sua faccia mi trasmetteva una sensazione di fiducia. Mi sembrava più sereno, più posato. Era vestito in modo semplice ed elegante. Indossava derbys marrone, jeans scoloriti e una giacca grigia antracite in cui le mani avevano trovato rifugio nelle tasche laterali. Io, ero vestita in modo un po’ più sofisticato per la stagione. Indossavo un cappotto nero che arrivava a metà coscia, sotto indossavo un vestito invernale a maniche lunghe estremamente aderente. Le mie gambe erano coperte da un collant polare brunito e i miei piedi con scarpe col tacco alto.
Mi sono avvicinata con un sorriso che andava da un orecchio all'altro. Mi guardò dalla testa ai piedi. Dopo il saluto di cortesia, disse la sua prima frase: «Sei sempre così elegante.» Poi ci siamo scambiati un bacio su ciascuna guancia. Mi trovava cambiata, con un aspetto ancora più femminile. Lo ringraziai; sapevo che aveva ragione, pensavo la stessa cosa. Gli afferrai il braccio destro e lo abbracciai forte e teneramente. Osservavo Franck. Fisicamente, anche lui mi piaceva di più. Non portava più il pizzetto. Questo aspetto più essenziale gli conferiva un ulteriore fascino, innegabile.
Le sue braccia finalmente mi abbracciarono. La serata si annunciava meravigliosa.
Gli chiesi se il ristorante si trovasse nelle vicinanze.
«Non lontano, ma siamo un po’ in anticipo», rispose.
Aveva programmato d’incontrarci con grande anticipo tenendo conto di un mio eventuale ritardo. L’avevo abituato ad aspettare ben più di dieci minuti. La prenotazione era fissata per le venti. Avevamo circa tre quarti d’ora prima di andare a cena. Potevo così godere della sua compagnia. Ero rannicchiata contro il suo braccio e mi aggrappai ad esso con fervore, come se avessi paura di perderlo. Nonostante il freddo invernale, mi sentivo bene, privilegiata. L’impressione che stavo per vivere di nuovo mi travolse.
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