Powell Michael - Quattro Destini

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Quattro giovani di quattro nazionalità si incontrano in Germania prima della guerra. Il loro destino è di morire contemporaneamente in guerra in un isola dell'Egeo. l libro racconta le vite di quattro giovani uomini, tutti nati nel 1920, Godfrey (inglese), Rolf (tedesco), Marco (italiano) e Yiannis (greco) e delle loro famiglie. Marco eYiannis provengono dalla piccola isola di Leros, all'epoca parte delle isole del Dodecanneso governate dall'Italia. Si incontrano tutti nel 1936 al raduno della gioventù di Norimberga dove Godfrey fa visita a Rolf on nell'ambito di uno scambio studentesco e Marco è invitato a trovare il suo secondo cugino, Rolf, insieme al suo amico Yiannis. Quando scoppia la guerra i quattro si mettono al servizio delle loro nazioni in vari campi di battaglia. Nel 1943, l'Italia passa con gli Alleati e le loro vite si riuniscono di nuovo quando Yiannis, diventato un marinaio nell'importante cacciatorpediniere greco, ‘Queen Olga’, trasporta le truppe britanniche a Leros e incontra Godfrey, ora un membro del British Long Range Desert Group, e Marco, in servizio per l'esercito italiano a Leros. Rolf, ora di base in Grecia come pilota di bombardieri ha in sorte di lanciare una delle bombe che affonda l'Olga e, come atto finale prima che il suo aereo precipiti, di mitragliare la batteria antiaerea di Marco.

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Per Maria fu abbastanza. Si sporse sopra il tavolo e lo baciò. “Certo che lo sarei. Dovrò solo dire allo zio che dopo tutto non potrò venire.”

Poche settimane dopo, nel settembre del 1919, si sposarono con una cerimonia civile a cui parteciparono pochi vecchi amici della marina di Giuseppe oltre a sua madre e suo padre. Il suo testimone fu il tenente Gramatika. Non venne nessuno della famiglia di Maria, suo zio disse che erano troppo occupati. Le scrisse una lettera piuttosto dura augurandole il meglio ma criticandola per aver deluso la famiglia. Kurt, invece, fu più gentile. Nella sua lettera si congratulò con lei e le augurò il meglio. “Non preoccuparti di mio padre. Io starò bene. Devo solo abituarmi. Spero che riusciremo a restare in contatto e ti auguro ogni bene.”

Gramatika era stato di recente nominato governatore di Lero dopo l'acquisizione italiana. Alla festa dopo il matrimonio, parlò del suo nuovo lavoro, dicendo a Giuseppe degli interessanti sviluppi previsti per l'isola. “Lì stiamo costruendo una nuova base aeronautica e navale – non riusciresti a credere quanto sono cambiate le cose da quando siamo arrivati nel 1912. Vieni a trovarci – c'è un mucchio di lavoro da fare.”

“Ma non abbiamo raggiunto l'accordo di riconsegnare le isole ai Turchi – o ai Greci o a qualcuno?”

“Sono ai ferri corti. Sembra che i Greci vogliano cercare di ‘riprendere’ la Turchia ai turchi. I Turchi ci dicono che hanno vinto la loro parte di guerra – cacciando gli Alleati fuori dai Dardanelli. Sono addolorati perché la Germania ha perso,” qui fece una pausa e guardò Maria come per scusarsi, “e hanno un nuovo tizio, Mustafa Kemal – stanno cominciando a chiamarlo ‘Ataturk’ – che sta veramente cominciando a sembrare pericoloso. Se i Greci invaderanno rischieranno una sconfitta o anche di peggio. Insomma, questo significa che per ora resteremo nelle isole – forse anche per sempre. Dobbiamo ricavare qualcosa dal nostro investimento.”

Guardò Giuseppe. “Perché non vieni a lavorare per me? Ci servono bravi ingegneri. Ricordo come facevi andare quelle turbine sulla San Marco – potevano anche essere moderne, ma di sicuro si rompevano spesso!”

Maria intervenne, “e ora parla greco, lo sapeva?”

“No. Veramente? Sarebbe realmente utile. Stiamo usando i locali per i lavori di costruzione. Sono diligenti ma non abbiamo molti interpreti greci.”

“Beh, è un'esagerazione dire che parlo greco – sono molto arrugginito e la maggior parte delle cose che ho imparato erano di greco classico e non moderno. Alcune parole sono le stesse, ma la pronuncia e la grammatica sono cambiate e mi servirebbero molto esercizi e altre lezioni…”

A Gramatika era piaciuta subito Maria. Aveva sentito come si erano incontrati ed era rimasto impressionato da come si fosse presa cura del suo amico. Aveva già parlato con lei del fatto che fosse originaria della Germania sconfitta – i tedeschi non erano popolari nelle nazioni Alleate. “Una cosa posso garantire è che nel mio piccolo regno non c'è spazio o tempo per nessuno di questi pregiudizi. Stiamo costruendo una nazione nuova e non ho pazienza per guardarmi indietro. Sarete i benvenuti a Lero, ve lo assicuro.”

Giuseppe e Maria arrivarono a Lero nel 1920. Furono salutati con affetto dal vecchio amico di Giuseppe quando scesero dall'idrovolante atterrato a Porto Lago. Furono poi portati verso un nuovo complesso sviluppato dalla parte opposta alla nuova città costruita sulla baia. Tre enormi gru dipinte di bianco e rosso erano state erette per sollevare gli idrovolanti e portarli sulla riva e il molo era stato allargato per farli accomodare negli enormi hangar nuovi costruiti poco più in là.

Maria era già incinta e il loro figlio, Marco, nacque più tardi quell'anno nel piccolo ospedale che gli italiani avevano costruito sull'isola.

Capitolo 2

Jutland, Inghilterra e Francia 1916-1920

"Che modo veramente stupido di gestire una linea ferroviaria", disse Arnold.

La maggior parte delle corazzate e degli incrociatori da battaglia della flotta britannica erano state all'ancora a Scapa Flow per gran parte della guerra. Le navi della flotta si erano raramente avventurate in mare tranne quando la flotta tedesca aveva attaccato Scarborough, Hartlepool e Whitby nel 1914. Quella volta avevano acceso i motori e si erano dirette a sud troppo tardi per intercettare gli attaccanti tedeschi.

La sua nave, l'incrociatore da battaglia HMS Indefatigable, a quel tempo era ritornata dal Mediterraneo, dopo le operazioni nei Dardanelli e una riparazione a Malta. Ora stavano viaggiando velocemente per affrontare la minaccia della flotta tedesca che proveniva da sud. Avevano visto alcune delle navi nemiche, ma il loro comandante, l'ammiraglio Beatty, all'inizio non le aveva attaccate e neppure aveva fatto ridisporre la sua flotta in uno schieramento più aggressivo quando i tedeschi avevano aperto il fuoco

"In realtà non siamo su una linea ferroviaria", replicò piuttosto pedantemente Ernest, il suo luogotenente, "come sto continuando a dirti!"

"Già, ma perché non attacchiamo quei bastardi invece di girare intorno come anatre al tiro a segno? Mostriamo loro che non devono sfidare la marina britannica e schiacciamoli una volta per tutte!"

Questa era la lamentela costante di Arnold e anche se in gran parte erano d'accordo con lui, i suoi compagni non potevano spingersi ad ammetterlo. Giù nella loro zona degli ufficiali non si erano neppure resi conto che la battaglia era già iniziata.

Ernest si era unito alla nave solo recentemente, su distaccamento da un lavoro di ufficio nell'Ammiragliato, e non compariva ancora nell'organigramma dell'equipaggio. Era un esperto di tedesco, parlava fluentemente la lingua ed aveva avuto dei contatti con i marinai della loro flotta durante la visita dell'imperatore Guglielmo a Cowes nel 1913. Quando era scoppiata la guerra, era stato assegnato a un lavoro di intelligence, aiutare a decifrare i messaggi navali tedeschi, e gli era stato chiesto di unirsi a una delle navi da guerra della flotta per vedere come le informazioni di decodifica fossero usate nella pratica.

Suonò l'allarme. "Un'altra maledetta esercitazione" disse, mentre aspettavano che un segnalatore venisse a dare loro gli ordini. Si mise la giacca e si alzò quando un giovane marinaio entrò di corsa. "Ordini del capitano: sul ponte e alla svelta – questa non è un'esercitazione!"

"Cosa? Torna qui Higgins! Cosa vuoi dire? Che sta succedendo lassù?"

"Siamo sotto attacco. Navi da guerra tedesche, un sacco, che stanno venendo contro di noi" urlò, mentre si affrettava verso l'alloggio ufficiali successivo.

Arnold e i suoi compagni si affrettarono verso il ponte, indossando le giacche, sistemandosi le cravatte e mettendosi il cappello mentre correvano. Il ponte, sei piani sopra di loro, era pieno di ufficiali eccitati quando il comandante, all'apparenza calmo come sempre, diede un'occhiata dalla finestra.

Davanti a loro riuscivano solo a vedere il mare. Si vedevano degli occasionali sbuffi di fumo, ma il mare era calmo e immobile fino a quando udirono un ruggito sopra le loro teste. "Il tuo treno?" sussurrò Ernest. "Non è in orario, vero?" La granata atterrò con un grosso schizzo dall'altro lato seguita dal rumore dell'arma che l'aveva lanciata.

"Calmi, ragazzi, per cortesia" disse il capitano. "Signor Talbot, alla sua postazione, Signor Jenkins, per cortesia riferisca al Sottoufficiale capo per quanto riguarda le incombenze per lo spegnimento degli incendi. Signori, fatelo il più velocemente possibile."

Fu l'ultima volta che Ernest vide il suo amico. Quando lasciarono il ponte andarono in direzioni diverse, Arnold verso poppa, Ernest a prua.

Ernest scese i gradini di corsa e andò lungo coperta verso la prua. Dietro e davanti a lui poteva sentire le enormi torrette mitragliatrici della Indefatigable girarsi pesantemente verso le navi nemiche, a malapena visibili all'orizzonte, al sopra delle quali sbuffi di fumo bianco indicavano che le armi stavano sparando. Vide il sottoufficiale capo sul ponte davanti a lui. “Signor Jenkins, indossi il giubbotto di salvataggio per cortesia. Non serve a nulla tenerlo sul braccio, no?”

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