“Anche così”, sottolineò Strickland, “sapere di una ragazza russa con i capelli rossi non restringe di molto il campo d'azione”.
“Hai ragione”. Maria tirò fuori il cellulare. “Ma qualcos'altro può aiutarci”. Premette un pulsante e poi disse al telefono: “Sto scendendo. Ho bisogno dell’OMNI”.
“Che cos'è l’OMNI?” Chiese Strickland precedendo Zero.
“È … complicato”, disse Maria in modo criptico. “Vi faccio vedere”. Si alzò dalla sedia, portando con sé il tablet mentre si dirigeva verso la porta.
Zero sapeva che “scendere” probabilmente significava andare al laboratorio di Bixby, il braccio sotterraneo di ricerca e sviluppo dell'Agenzia Centrale di Intelligence. Erano già in un piano sotterraneo e l'eccentrico ingegnere era l'unico a trovarsi sotto di loro, almeno per quanto ne sapeva Zero.
Ormai sapeva anche che non sarebbe tornato a casa, non avrebbe cenato con le sue ragazze. Una volta usciti nel corridoio vuoto, disse: “Aspettate. Posso fare una chiamata?”
Maria esitò, ma annuì. “Va bene. Ma fai in fretta. Ci vediamo agli ascensori”. Entrambi si diressero verso il corridoio mentre Zero tirava fuori il suo cellulare, insieme alla piccola tessera bianca che gli aveva dato Strickland.
Stava per far partire la chiamata, ma all'ultimo cambiò idea e aprì l'applicazione per effettuare videochiamate, tenendo il telefono dritto davanti a sé e inquadrando il proprio viso.
Il telefono squillò una sola volta prima che Maya rispondesse. Il suo volto era pieno di preoccupazione, e da ciò che riusciva a scorgere dietro di lei, si trovava in cucina. “Papà?”
“Maya. È successo qualcosa”.
“Lo so”, disse lei triste. “Ho seguito le notizie da quando sei uscito”.
“È già sulle notizie?”
“C'è un video”, rispose lei. “Fatto da qualcuno che era lì”.
Zero fece una smorfia. Se il video fosse già trapelato, non ci sarebbe stato modo di nasconderlo. A questo punto con ogni probabilità si trovava già sui social media, il che significava che in pochi minuti sarebbe stato virale, condiviso mille volte su milioni di schermi.
E a giudicare dall'espressione di Maya, lei l'aveva trovato spaventoso quanto lui. E se così fosse, avrebbe capito che non aveva altra scelta.
“Papà, che diavolo era ?” chiese lei.
“Non posso dirlo”, le disse, cercando di essere il più vago possibile. “Dobbiamo trovare le persone responsabili di tutto questo. Il che significa che ho bisogno che tu faccia qualcosa per me… e per tua sorella”.
“Certo”, disse immediatamente. “Qualsiasi cosa”.
“Grazie. Ma prima… puoi chiamarmi Sara?”
“Un attimo”. Lo schermo si mosse e Maya passò il telefono alla sorella; un attimo dopo, Sara lo guardava attraverso il piccolo schermo, con uno sguardo piatto e la voce rotta. “Non torni a casa, vero?”
“Sara. Sai che non vorrei essere da nessun’altra parte se non a casa con te…”
“Papà”, lo interruppe lei, “non devi parlarmi come se fossi una bambina”.
“Per favore”, implorò lui, “lasciami finire. Devo dirti delle cose e non ho molto tempo”. Prese fiato e raccolse i suoi pensieri. “Non vorrei essere da nessun'altra parte se non a casa con te e non vorrei che tu stessi da nessun'altra parte se non a casa con me. Ma hai ragione; non sei più una bambina. Non posso trattarti come se lo fossi. Sappiamo entrambi che hai bisogno di più di quello che io posso offrirti”.
Sara capì immediatamente cosa stesse suggerendo. “Non voglio andare in uno di quei posti. Non sono per le persone come me”.
Sono proprio per persone come te , pensò, ma non lo disse per evitare che il discorso evolvesse in un litigio. “Questo lo è”, le disse. “È un bel posto, a Virginia Beach. Me lo ha consigliato Strickland. Anche lui ha passato un po' di tempo lì in passato. Tu ti fidi di lui, non è vero?”
Sara rimase in silenzio. Zero sapeva la risposta, ma ammettere che si fidava di lui significava cedere alla sua proposta. “Io voglio stare con te”, disse Sara. “Sto molto meglio. Non ho bisogno della riabilitazione”.
“Ne hai bisogno”, ribatté Zero, mantenendo un tono dolce e gentile. “Non vuoi ammetterlo, perché…” Un sorriso triste comparve sulle sue labbra. “Perché sei più simile a me di quanto tu voglia ammettere. Pensi come me. Hai fatto grandi progressi nelle ultime quattro settimane, ma hai sempre cercato una via di fuga nella tua testa. L'ho visto nei tuoi occhi. Pensavi a come farti una dose. Dove avresti potuto andare. Quanto lontano saresti potuta arrivare”.
Sara non negò, ma non lo guardò negli occhi.
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