Sentii che Louis mi tirava per la manica. «È inutile restare ancora qui», disse.
Lo guardai chiudere il cancello. Poi il suo sguardo si levò pigramente verso le finestre, i balconi e gli abbaini. Stava dicendo addio a tutto? Forse no.
Percorremmo assieme Rue St. Anne, e ci allontanammo dal fiume. Non parlavamo; camminavamo in silenzio come avevamo fatto tante volte a quel tempo. Il freddo lo pungeva, gli mordeva le mani. Non gli piaceva mettere le mani in tasca, come facevano gli uomini adesso. Non lo riteneva elegante.
La pioggia s’era attenuata in una nebbiolina.
Finalmente disse: «Mi hai spaventato un po’. Non credevo che fossi reale quando ti ho visto nel corridoio; non hai risposto quando ti ho chiamato per nome».
«E ora dove andiamo?» chiesi. Mi abbottonai il giubbotto. Non perché avevo freddo, ma perché trovavo molto piacevole stare al caldo.
«Ancora in un ultimo posto, e poi andremo dove vorrai. Torneremo alla casa della congrega, credo. Non abbiamo molto tempo. Oppure potrai lasciarmi ai miei vagabondaggi; ritornerò fra un paio di notti.»
«Non possiamo vagabondare insieme?»
«Sì», disse Louis, di slancio.
Che cosa volevo, in nome di Dio? Ci avviammo sotto i vecchi portici, davanti alle vecchie, solide imposte verdi, i muri dagli intonaci scrostati e dai mattoni nudi, nelle luci sgargianti di Rue Bourbon… e poi vidi il St. Louis Cemetery, là davanti, con i solidi muri imbiancati.
Ero felice di stare con lui, felice di camminare per quelle vecchie strade; ma perché non era abbastanza?
Un altro cancello da aprire; lo vidi spezzare la serratura con le dita. Entrammo nella piccola città di tombe bianche con i tetti spioventi e le urne e le soglie di marmo, e l’erba alta che scricchiolava sotto le scarpe. La pioggia rendeva luminosa ogni superficie; le luci della città conferivano uno splendore perlaceo alle nubi che si spostavano silenziose sopra le nostre teste.
Cercai di trovare le stelle. Ma non ci riuscii. Quando abbassai lo sguardo, vidi Claudia; sentii la sua mano toccare la mia.
Poi guardai di nuovo Louis, e vidi i suoi occhi cogliere la luce lontana. Rabbrividii. Toccai di nuovo il suo viso, gli zigomi, l’arco sotto il sopracciglio nero. Era fatto splendidamente.
«Benedetta la tenebra!» dissi all’improvviso. «Benedetta la tenebra che è ritornata.»
«Sì», disse mestamente Louis. «E noi vi regniamo come abbiamo sempre fatto.»
Non era abbastanza?
Mi prese la mano (che sensazione dava, adesso) e mi condusse lungo uno stretto corridoio verso le tombe più vecchie e venerabili; le tombe che risalivano ai tempi più remoti della colonia, quando io e lui avevamo vagato insieme per le paludi, le paludi che minacciavano d’inghiottire tutto, e c’eravamo nutriti del sangue dei tagliagole.
La sua tomba. Mi accorsi che stavo guardando il suo nome inciso nel marmo, in grandi caratteri obliqui.
LOUIS DE POINT DU LAC
[1766-1794]
Si appoggiò alla tomba che gli stava dietro, un altro tempietto come il suo con il tetto a peristilio.
«Volevo rivederla», disse. Tese la mano e toccò la scritta con l’indice.
Era leggermente sbiadita dalle intemperie, sulla superficie della pietra. La polvere e il sudiciume l’avevano resa più nitida, scurendo ogni lettera e ogni numero. Stava pensando a ciò che era stato il mondo in quegli anni?
Pensai ai sogni di lei, al suo giardino di pace sulla terra, con i fiori che spuntavano dal suolo intriso di sangue.
«Ora possiamo andare a casa», disse Louis.
A casa. Sorrisi. Toccai le tombe ai miei lati: alzai lo sguardo verso lo splendore tenue delle luci della città, riflesso dalle nubi increspate.
«Non hai intenzione di lasciarci, vero?» chiese all’improvviso Louis con la voce resa tagliente dall’angoscia.
«No», risposi. Avrei voluto parlare di tutte le cose che c’erano nel libro. «Sai, eravamo amanti, io e lei, sicuramente come potevano esserlo un uomo e una donna mortali.»
«Certo, lo so», disse Louis.
Sorrisi. Lo baciai, esaltato dal suo calore, dalla sensazione morbida della sua carnagione quasi umana. Dio, come odiavo il biancore delle mie dita che lo toccavano, le dita che adesso avrebbero potuto stritolarlo senza sforzo. Mi chiesi se lo intuiva.
C’erano tante cose che volevo dirgli e chiedergli. Tuttavia non riuscivo a trovare le parole o un modo per iniziare. Aveva sempre avuto tanti interrogativi; e adesso conosceva le risposte, forse più numerose di quanto avesse mai desiderato. E quali erano le conseguenze per la sua anima? Lo fissavo, stupidamente. Come mi sembrava perfetto mentre attendeva con tanta gentilezza, con tanta pazienza. E io, come uno sciocco, lo dissi.
«Mi ami?» chiesi.
Sorrise. Oh, era straziante vedere la sua faccia addolcirsi e illuminarsi simultaneamente nel sorriso. «Sì», disse.
«Vuoi che andiamo in cerca di una piccola avventura?» Il mio cuore batteva forte. Sarebbe stato magnifico se… «Vuoi infrangere le nuove regole?»
«Che cosa intendi?» mormorò.
Cominciai a ridere, una risata sommessa e febbrile; era così piacevole ridere e vedere i cambiamenti sottili del suo volto. L’avevo veramente preoccupato. E per la verità, non sapevo se avrei potuto farlo. Senza di lei. E se fossi precipitato come Icaro…?
«Oh, suvvia, Louis», dissi. «Una piccola avventura. Ti assicuro che questa volta non ho disegni sulla civiltà occidentale e neppure sulle attenzioni di due milioni di fan della musica rock. Pensavo a qualcosa di molto modesto. Un po’ malizioso, ecco. E piuttosto elegante. Voglio dire, sono stato straordinariamente tranquillo negli ultimi due mesi, non pensi?»
«Di cosa stai parlando?»
«Sei con me o no?»
Scosse di nuovo la testa, ma non era un no. Rifletteva. Si passò le dita fra i capelli. Erano splendidi capelli neri. La prima cosa che avevo notato in lui, dopo gli occhi verdi, erano i capelli neri. No, era una menzogna. Era stata la sua espressione: la passione e l’innocenza e la delicatezza della coscienza. L’adoravo!
«Quando incomincia questa piccola avventura?»
«Subito», dissi. «Hai quattro secondi per decidere.»
«Lestat, è quasi l’alba.»
«È quasi l’alba qui» , ribattei.
«Cosa intendi?»
«Louis, mettiti nelle mie mani. Senti, se non ce la faccio, non ti succederà nulla di male. O quasi. Ci stai? Decidi. Voglio andare subito.»
Non disse nulla. Mi guardava con tanto affetto che quasi non lo sopportavo.
«Sì o no?»
«Probabilmente me ne pentirò ma…»
«Allora, d’accordo.» Gli posai le mani sulle braccia e lo sollevai. Louis mi guardò sbalordito. Era come se non pesasse nulla. Tornai a posarlo.
« Mon Dieu» , bisbigliò.
Bene, cosa stavo aspettando? Se non avessi tentato, non l’avrei mai scoperto. Poi venne un momento di dolore sordo e tenebroso: il ricordo di lei, di noi due che ascendevamo insieme. Lasciai che passasse lentamente.
Gli cinsi la vita con un braccio. Su, in alto. Alzai la mano destra, ma non era necessario. Salivamo rapidi nel vento.
Il cimitero roteava sotto di noi e sembrava un modellino di se stesso, con quei frammenti bianchi sparsi tra gli alberi scuri.
Sentii all’orecchio l’esclamazione sbalordita.
«Lestat!»
«Passami il braccio intorno al collo», dissi. «Tieniti stretto. Stiamo andando verso ovest, naturalmente, e poi verso nord, e copriremo una grande distanza, e forse per un po’ ci lasceremo andare alla deriva. Il sole non sorgerà per qualche tempo ancora nel luogo dove siamo diretti.»
Il vento era gelido. Avrei pensato che Louis ne soffrisse; ma non ne dava segno. Guardava in alto, mentre trapassavamo la grande nebbia nivea delle nubi.
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