Bar venne con la marea della notte.
Immersa in un sonno inquieto, l’orecchio teso a individuare un crepitio di perle sulla soglia, Fiord si destò lentamente, nel sordo boato delle onde. Alla finestra era sospesa una luna quasi piena, obliqua, venata di cristallo: le ricordò le piccole, misteriose lune che la donna del mare aveva intrecciato alle sue ghirlande. Una luna che plasmava la notte in forme magiche: grovigli d’alghe e detriti d’un colore perlaceo. Un principe in groppa ad un cavallo nero, sul ciglio della marea…
Affascinata, Fiord si gettò una coperta sulle spalle e aprì la porta: la luna la sbirciava dall’alto, curiosa. Attraversò la fredda spiaggia d’argento, col fruscio della risacca che le cantava nella testa. Al suo avvicinarsi, il principe bruno volse lo sguardo su di lei. Non disse nulla: semplicemente allungò una mano, per aiutarla a salire. Un’onda le spumeggiò intorno ai piedi e Kir la sollevò dall’acqua, facendola sedere davanti a sé. La cinse tra le braccia, la guancia premuta sui suoi capelli. Così rimasero a lungo, in silenzio, guardando l’acqua inarcarsi e spezzarsi sulle rocce.
«Mi sei mancata» disse infine Kir. Sembrava sorpreso. «Pensavo a te, nelle Isole del Nord.»
«E io a te» bisbigliò Fiord. Tacque, per inghiottire un nodo che le chiudeva la gola. «Kir…»
«Ho visto il drago, ieri notte… era ieri notte? Nella burrasca. Ci ha seguiti per lungo tempo.»
«Kir, ho qualcosa da dirti.»
«E allora dimmela.»
«Ho visto tua madre.»
Kir non disse nulla, e Fiord intuì che quelle parole non dovevano avere alcun significato per lui, al momento; poi lo sentì vibrare, scosso dall’improvvisa comprensione: «Cos’hai detto?» esclamò.
«Kir, strane cose sono accadute ai pescatori, in questi ultimi giorni. Vedono sirene, sentono cantare, si perdono in nebbie improvvise…»
«Fiord» l’interruppe Kir, bruscamente.
«Ed ecco cos’è successo a noi…»
«Voi chi? Che cosa stai…»
«Lyo. Il mago. Ci siamo spinti con la barca oltre le guglie, per cercare tua madre, per parlarle di te. Era un mattino sereno, e una nuvola è scesa su di noi. E tua madre ha fermato la barca.» Un’onda luccicò intorno a loro, lambì gli zoccoli del cavallo, si sciolse. «Aveva i tuoi occhi. E l’anello di tuo padre.»
Kir la strinse fino a farle male: «L’ha raggiunta…»
«Ha ricevuto il tuo messaggio, sì. E il mio. Mi ha reso le ghirlande.» Lo sentiva respirare, un respiro affannoso, discontinuo; si divincolò dalla sua stretta, per guardarlo in faccia. «Lyo dice che è arrabbiata con tuo padre. Ha gettato il suo anello nella barca. Ma Lyo dice che l’ama ancora.»
«Lyo? Il mago che ha trasformato la catena d’oro in fiori?»
«Fiordalisi.»
«Fiord…» s’interruppe di colpo, come se la lingua gli si inceppasse su quel nuovo significato del suo nome. «Fiordalisi… Mi era parsa una gran sciocchezza, per un mago. Fino ad ora. E mia madre… cosa ha… lei…»
«Ti ha mandato una specie di messaggio, credo. Io cercavo di chiederle di te, e lei mi ha quasi trascinato sott’acqua, per darmi le ghirlande. Non capisco che messaggio sia, però.»
«E io non capisco…» proruppe Kir, con asprezza «… non capisco perché sei stata tu a vederla, e non io. Ho aspettato così a lungo!» si staccò da lei, rabbiosamente.
«Lo so, Kir. Dovevi essere tu.» Gli catturò le braccia, per farsi stringere di nuovo: si sentiva invadere da un gelo che solo lui le poteva dare, o togliere. «Ma Lyo ha detto che bisognava uscire a cercarla.»
«Perché?»
«Perché mi ha lasciato una perla nera sulla porta di casa.»
«Perché sulla tua porta?» quasi gridava. «Perché tu?»
Un nodo le serrava la gola; deglutì, affannosamente, tenendogli strette le mani nelle sue: «Kir, c’è dell’altro. Ma devi aspettare.»
«Ho già aspettato abbastanza» disse lui, con voce pericolosamente sottile.
«Voglio dire, solo pochi minuti. E allora capirai perché mi ha lasciato quel messaggio sulla porta. Ti prego.» Si rannicchiò sul suo petto, di nuovo invasa dal gelo. «Ti prego, Kir.»
«Verrà qui?»
«No. Non posso controllare i suoi movimenti. Ma… aspetta un poco, Kir, ancora un poco, ti scongiuro. E intanto dimmi cos’hai fatto, mentre eri via.»
Kir rimase in silenzio; e in quel silenzio, come nell’attimo sospeso che precede l’abbattersi di un’onda, Fiord percepì tutta la sua frustrazione, la sua rabbia, il suo smarrimento. Il mare rombava intorno a loro, scuotendo un lembo della coperta penzoloni nell’acqua. Il cavallo prese a scalpitare, in una protesta irrequieta. Con un guizzo di redini, Kir lo pilotò sulla sabbia asciutta.
«Ho conosciuto una giovane donna, nelle Isole del Nord» disse. Parlava con voce stanca, quasi trasognata. «La figlia di un nobile del luogo. Era bellissima. Non aveva i capelli tutti aggrovigliati, né camminava a piedi nudi sulla spiaggia…»
«… Né strofinava pavimenti» mormorò Fiord, appoggiandosi a lui.
Con gesto delicato, Kir le carezzò i capelli, li scostò dal viso.
«No. Era dolce e intelligente. Parlavamo, uscivamo a cavallo, qualche volta danzavamo. Mio padre era compiaciuto. Ma di notte, quando tutti dormivano, io scendevo ai piedi della rupe dove sorgeva il castello di suo padre, e mi fermavo su uno scoglio, e mi lasciavo investire dal mare, come se anch’io fossi uno scoglio. Aspettavo che mi trascinasse con sé. Non l’ha mai fatto.»
«Kir…»
«Né quella ragazza mi ha trascinato nel suo mondo. Avrei voluto che ci riuscisse… Poi siamo tornati. Dal giorno della partenza non ho più parlato con mio padre. Non posso. Lo farei solo per dirgli che deve lasciarmi libero. Ma non ho nessun mondo dove andare, nessun luogo. Così non posso lasciarlo.»
«Ti amava? Quella giovane nobildonna del Nord?»
«Non lo so. Forse, se fossi diverso da come sono, potrei essere ancora là a danzare, a guardare il suo viso sotto la luna…» si chinò su di lei, sfiorandola con le labbra fredde.
Fiord lo strinse fra le braccia, con forza, ad occhi chiusi: come se potesse proteggerlo, non guardando il mare. Kir le insinuò le dita fra i capelli, le sollevò il viso, e Fiord sentì che la sua bocca sapeva di sale. Poi si staccò da lei, mormorando qualcosa. Riluttante, Fiord aprì gli occhi, e lo vide con lo sguardo fisso sul mare, come sempre.
«Cos’è quello?» lo sentì dire, in un bisbiglio.
Stava sorgendo dalle onde una forma gigantesca, nera come la notte.
«È il drago marino» sussurrò lei, tremando, col cuore che le batteva tumultuosamente in petto; si sentì invadere da un gelo improvviso.
Quella gran massa di buio si avvicinava sempre più, attraverso la spuma.
«Cosa fa?» chiese Kir, facendo arretrare il cavallo di qualche passo.
«Sta uscendo.»
Gli occhi del drago riflettevano la luna come due grandi, pallidi falò, e i filamenti vorticavano nella risacca, sinuosi nastri di luce. Kir restò in silenzio a guardarlo.
«Perché?» chiese poi, bruscamente. «Perché esce?»
Fiord scosse la testa, troppo nervosa per rispondere. Il drago continuava ad avanzare, inesorabile, finché raggiunse il lento pendio di sabbia luccicante, sul ciglio della risacca; e con strattoni poderosi sottrasse l’intero suo corpo all’abbraccio della marea. Era così vicino, così immenso, che i suoi occhi sembravano alla stessa altezza della luna, come due lune supplementari. Il cavallo ebbe uno scalpitio spaventato, e Kir tirò le redini per tenerlo fermo.
Poi le due lune svanirono dal cielo. E mentre i loro occhi ancora scrutavano il buio, a cercarle, un giovane si alzò dalla sabbia e chiese: «Cosa state facendo?»
Finalmente Fiord poté rispondere alla domanda di Kir: «Esce per imparare le parole.»
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