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Patricia McKillip: Il Maestro degli Enigmi di Hed

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Patricia McKillip Il Maestro degli Enigmi di Hed
  • Название:
    Il Maestro degli Enigmi di Hed
  • Автор:
  • Издательство:
    Nord
  • Жанр:
  • Год:
    1986
  • Город:
    Milano
  • Язык:
    Итальянский
  • ISBN:
    88-429-0511-9
  • Рейтинг книги:
    4 / 5
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Il Maestro degli Enigmi di Hed: краткое содержание, описание и аннотация

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La terra di Hed, è risaputo, non è mai stata una fucina di eroi. Tutti i suoi abitanti — compresi i principi che la reggono — sono contadini, ed anche Morgon, Signore di Hed, è un contadino. Ma non solo questo. Perché in un mondo da cui la magia è misteriosamente scomparsa in un remoto passato, e nel quale il sapere esoterico è affidato ai Signori degli indovinelli, Morgon può essere considerato un adepto, il miglior allievo della scuola di Caithnard, unico risolutore di un indovinello rimasto inspiegabile per oltre settecento anni. E poi Morgon ha tre stelle in fronte, identiche a quelle incise su un’arpa che solo lui può suonare e sull’elsa di una spada che solo lui può impugnare. Così, senza volerlo, il principe di Hed viene coinvolto in un viaggio fantastico e in un’avventura misteriosa, nel viaggio verso la montagna di Erlenstar assieme all’arpista del Supremo, per cercare risposta a una domanda che neppure lui ancora conosce. Con l’aiuto di Raederle, la donna che ama e per la quale ha vinto una sfida, Morgon affronterà un difficile cammino esistenziale e avventuroso, cercando la soluzione dell’enigma che lega passato e futuro, e combattendo Ohm, il mago corrotto che vuole alterare gli equilibri del mondo.

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— Non cercar di cambiare…

— Non lo sto facendo. Kern di Hed, l’unico Principe di Hed oltre il sottoscritto a possedere una corona, un giorno ebbe la dubbia fortuna di essere inseguito da una Cosa senza nome. Forse era soltanto l’effetto del vino di Herun. Questa Cosa chiamava incessantemente il suo nome. Lui fuggì via, corse nella sua casa che aveva sette stanze e sette porte l’una dietro l’altra, e chiuse tutte le porte alle sue spalle finché giunse nella camera più interna, dove fu costretto a fermarsi. Ma subito egli udì il rumore delle porte che si spalancavano, una alla volta, ed ogni volta sentì gridare il suo nome. Sei furono le porte che udì aprirsi, e sei volte il suo nome risuonò, sempre più vicino. E proprio fuori dalla settima e ultima il suo nome fu chiamato ancora. Ma la Cosa non toccò la porta. Egli attese disperato che entrasse, però essa non lo fece. Infine decise di uscire, e aprì la porta lui stesso. La Cosa se n’era andata. Ed egli fu lasciato lì a chiedersi, per tutto il tempo che gli rimase da vivere, cos’era che lo aveva chiamato.

Eliard fissò il fratello, che s’era azzittito. Dopo un po’ domandò, a dispetto di se stesso: — Ebbene, cosa diavolo era?

— Kern non aprì la porta. Questo è l’unico enigma prodotto, per così dire, da Hed. L’interpretazione, secondo i Maestri degli Enigmi di Caithnard, è questa: rispondi a un enigma senza risposta. Io lo proposi.

— Ma questi non sono affari per te! Le faccende di cui devi occuparti sono i campi, non rischiare la vita in una stupida gara di enigmi con un fantasma, e per avere la corona che non vale niente finché te la tieni sotto il letto. Non hai pensato a noi, a quel tempo? Sei partito prima o dopo che loro morissero? Prima o dopo?

— Dopo — disse Tristan.

Eliard sbatté una mano in una pozza di latte. — Lo sapevo!

— Però sono tornato indietro.

— Supponiamo che tu non fossi tornato?

— Io sono tornato! Perché non vuoi cercare di capire, invece di ragionare come se avessi un blocco di legno fra gli orecchi? Il figlio di Athol, coi suoi capelli, i suoi occhi, e le sue visioni…

— No! — gridò Tristan. La mano di Eliard, sollevata e chiusa a pugno, si arrestò a mezz’aria. Morgon abbassò di nuovo il mento sulle ginocchia. Eliard chiuse gli occhi.

— Perché credi che io sia così arrabbiato? — sussurrò.

— Il perché lo so.

— Davvero? Perfino… ancora oggi, a sei mesi di distanza, mi aspetto quasi di sentire la voce di lei in casa, e di vedere lui che esce dal granaio, o che torna dai campi al tramonto. E tu? Come potrò esser sicuro, da oggi in poi, che quando partirai da Hed ti vedremo tornare? Avresti potuto morire in quella torre, per una stupidissima corona, e ci avresti lasciati qui ad aspettare che cosa? Il tuo fantasma? Giura che non farai mai più niente di simile.

— Non posso.

— Sì che puoi.

Morgon sollevò la testa. Fissò Eliard. — Come posso fare una promessa a te ed un’altra a me stesso? Ma ti giuro questo: io tornerò sempre indietro.

— E come sai di…

— Te l’ho giurato.

Eliard abbassò gli occhi nella pozzanghera. — Tutto perché lui ha voluto lasciarti andare a quella scuola. È laggiù che il tuo senso del dovere si è confuso.

— Suppongo che sia così — disse Morgon stancamente. Gettò un’occhiata al sole. — Metà della mattina se n’è andata, e noi siamo qui a sedere nella melma inzuppati di latte marcio fin nei capelli. Perché hai aspettato tanto a chiedermi della corona? — domandò a Tristan. — Questo non è da te.

Lei scosse appena le spalle, senza guardarlo. — Ho visto la tua faccia, il giorno che sei tornato. Cosa pensi di fartene, adesso?

Lui si scostò una ciocca di capelli dagli occhi. — Non lo so. Suppongo che potrei usarla in qualche modo.

— Bene, io ho un piccolo suggerimento.

— Proprio come pensavo. — Si alzò in piedi rigidamente e si volse a Cannon, che sedeva sugli scalini della veranda. — Credevo che tu volessi partire per l’oriente di Hed — disse in tono penetrante.

— Sto andando. Sto andando — annuì Cannon, conciliante. — Wyndon Amory non me l’avrebbe perdonata, se mi fossi perso la fine dello spettacolo. Hai ancora tutti i tuoi denti?

— Credo di sì. — Il gruppetto sulla veranda esitò e cominciò a disperdersi sotto il suo sguardo. Lui si piegò su Eliard e lo aiutò a rimettersi in piedi. — Ti senti a posto?

— Non peggio di come si sentirebbe chiunque, dopo aver attraversato a ruzzoloni un cespuglio di rose. Non so se ho una tunica pulita.

— Ce l’hai — lo informò Tristan. — Ho lavato la tua roba ieri. La casa è sottosopra. Tu… noi siamo sottosopra, e i mercanti saranno qui fra poco. E questo significa che tutte le donne del paese verranno a curiosare fra i loro articoli, nel nostro salone così sporco. Morirò di vergogna.

— Una volta non te ne preoccupavi tanto — commentò Eliard. — Ora non fai che lamentarti. Prima però correvi attorno coi piedi fangosi, e la gonna piena di peli di cane.

— Questo — disse Tristan, gelida, — accadeva quando c’era qualcuno che si prendeva cura della casa. Ora tocca a me occuparmene. — Si allontanò in fretta, con le galline che fuggivano qua e là per togliersi dalla sua strada. Eliard si ravviò i capelli, emise un gemito.

— Mi sembra d’aver ficcato la testa in una latrina. Andiamo. Se tu pomperai per me, io pomperò per te.

I due si spogliarono e si lavarono nella vasca dietro la casa. Poi Eliard andò alla fattoria di Grim Oakland, per aiutare a caricare i carri del grano che andava trasportato nei silos, e Morgon attraversò i campi pieni di stoppie fino alla strada costiera che portava a Tol.

Le tre navi mercantili, con le vele ammainate, avevano appena attraccato al molo. Mentre Morgon si avvicinava sulla banchina, una rampa venne rumorosamente gettata fuori bordo da una di esse, ed egli vide un marinaio condurne giù un cavallo, una elegante giumenta dalle zampe lunghe allevata ad An, ma di pelo nero, con una briglia che nel sole scintillava d’un pulviscolo di gemme. Poi alcuni mercanti lo salutarono dalla prua di una nave, e mentre sbarcavano egli andò loro incontro.

Erano un gruppo d’individui pittoreschi, alcuni abbigliati nei lunghi abiti rossi e arancione tipici di Herun, altri portavano le giacche e i pantaloni di An, o le tuniche strette e fittamente ricamate di Ymris. Erano adorni di anelli e di collane di Isig, e avevano berretti pelosi di Osterland, tutti articoli che generosamente essi donavano, insieme ai coltelli dal manico d’osso e alle spille di rame, ai ragazzini che ammirati e curiosi facevano ressa intorno a loro. Il carico delle navi comprendeva, fra le altre cose, ferro di Isig e vino di Herun.

Grim Oakland comparve sulla banchina poco più tardi, mentre Morgon stava esaminando il vino.

— Ammetto che apprezzo anch’io un buon bicchiere, dopotutto — confessò l’uomo. Morgon ebbe un accenno di sorriso ma tornò subito serio.

— È stato caricato il grano?

— Quasi. Harl Stone sta tirando fuori la lana e le pelli dal tuo magazzino. Sarebbe meglio se tu acquistassi tutto il metallo che hanno portato.

Morgon annuì, e i suoi occhi tornarono ad ammirare la cavalla legata a uno degli anelli sulla banchina. Un marinaio scese dalla nave recando una sella, e la poggiò in equilibrio sulla staccionata accanto all’animale. Morgon accennò in quella direzione con suo boccale.

— A chi apparterrà quella giumenta? Pare che coi mercanti sia venuto qualcun altro. Oppure Eliard ha venduto Akren di nascosto per averla?

— Non lo so — disse Grim, inarcando le sopracciglia rosse e grige. — Ragazzo mio, so che questi non sono affari miei, ma non dovresti lasciare che le tue inclinazioni personali interferiscano coi doveri che per nascita ti competono.

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