Morgan Rice - L’anello dei draghi

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“Ha tutti gli ingredienti per il successo immediato: trame, contro trame, misteri, cavalieri valorosi e relazioni che nascono e finiscono con cuori spezzati, delusioni e tradimenti. Ti terrà incollato alle pagine per ore e accontenterà persone di ogni età. Consigliato per la libreria di tutti i lettori fantasy.” . –Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (su L’Anello dello Stregone). “Siamo davanti all’inizio di qualcosa di davvero straordinario.” . –San Francisco Book Review (su Un’Impresa da Eroi). Dall’autrice di bestseller numero uno, Morgan Rice, e autrice di Un’Impresa da Eroi (più di 1.300 recensioni a cinque stelle) arriva il debutto di una nuova e sorprendente serie fantasy. . In L’ANELLO DEI DRAGHI (L’era degli stregoni—Libro quarto), Ravin ha circondato la capitale. Con il vile Vars al comando e con solo le maree e le mura rimaste a proteggerla, la città giace nel caos e quasi nella rovina. Resta una sola battaglia tra la sopravvivenza e la distruzione… Il ragazzo, nel frattempo, custodisce il segreto dell’assassinio del Re. Riuscirà a svelarlo in tempo e a cambiare il destino della capitale?. Devin finirà la spada incompiuta? Lenore rincorrerà il suo amore per Devin? Greave troverà la cura in tempo per salvare sua sorella? . E Nerra risorgerà per condurre un esercito di draghi?. L’ERA DEGLI STREGONI tesse un’epica storia di amore, passione, odio e rivalità fraterna; di roghi e tesori nascosti; di monaci e guerrieri segreti; di onore e gloria; e di tradimento, fato e destino. È un racconto che non riuscirai a mettere giù fino a notte fonda, che ti trasporterà in un altro mondo e ti farà innamorare dei personaggi che non dimenticherai mai. Si addice a uomini e donne di qualsiasi età. . Il libro quinto sarà presto disponibile per il preordine… “Un fantasy vivace… Solo l’inizio di ciò che promette essere un’epica serie young adult.” . –Midwest Book Review (su Un’Impresa da Eroi). “Pieno di azione… Lo stile di scrittura di Rice è compatto e la premessa intrigante.” . –Publishers Weekly (su Un’Impresa da Eroi)

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Ma poteva dare la colpa al Duca Viris e a suo figlio. Probabilmente, lui pensava che Aurelle fosse stupida e incapace di capire i suoi piani. Il suo desiderio di destabilizzare la famiglia reale e, allo stesso tempo, di spingere Finnal sempre più in alto era così ovvio, visto cosa stava succedendo. Il fatto che uomini come lui così spesso la pensassero in quel modo, era almeno una delle ragioni per cui la Casa dei Sospiri era così brava in quello che faceva.

Greave era diverso… non l’aveva vista in quel modo, e quel pensiero bastò a far correre una nuova ondata di dolore attraverso Aurelle. Lui era stato l’unico ad averla amata per quello che era e non per quello che poteva fare per lui. L’unico ad averla mai amata, e ora se n’era andato.

Aurelle restò lì in piedi, sentendosi del tutto vuota, mentre Astare scompariva in lontananza. Non sapeva cosa avrebbe fatto ora, né dove sarebbe andata una volta tornata a Royalsport. Non voleva dire al Duca Viris che ci era riuscita, che tutti i suoi piani stavano andando a buon fine.

Capì quello che voleva fare invece; era stupido, pericoloso e probabilmente l’avrebbe fatta finire in più guai di quanti potesse sperare di superare. Se solo fosse tornata indietro e avesse finto di aver svolto il lavoro alla perfezione, sarebbe stata ben pagata e magari avrebbe anche acquisito una posizione di potere in tutto ciò.

Aurelle non voleva fare nulla di tutto questo. Non sopportava il pensiero di un mondo in cui Greave non c’era più, ma in cui Finnal era salito al potere mentre il Duca Viris sorrideva sullo sfondo; la faceva sentire come avesse delle unghie conficcate nella pelle che procedevano a squarciarla. Non sopportava quel pensiero… quindi perché non fare qualcosa al riguardo?

Quello che stava contemplando non avrebbe riportato indietro Greave. Non avrebbe disfatto nessuno dei danni che aveva contribuito ad arrecare al mondo, non avrebbe sistemato le cose, ma forse, solo forse, avrebbe reso il mondo un posto migliore.

Li avrebbe uccisi entrambi.

CAPITOLO OTTAVO

L’acqua sbatteva Renard, scaraventandolo a destra e a sinistra come un marito che era tornato prima del previsto, cosicché sembrava rimbalzare fuori dall’acqua stessa. Era un uomo grande e grosso, ma la corrente lo lanciava come un giocattolo, spostando il suo peso come se fosse nulla.

Si impigliò nel mantello che indossava, facendolo diventare un peso di piombo intorno alle sue spalle. Sbrindellò l’indumento, togliendoselo di dosso, ma la fibbia si impigliò nel rosso dei suoi capelli, tenendolo in posizione mentre si lacerava contro una roccia. Si strappò una ciocca di capelli chiari e si liberò, spinto in avanti dalla corrente.

Lottò per tornare in superficie, cercando di ricordarsi perché gli era sembrata una buona idea gettarsi in acqua. Venne su, riuscì a prendere fiato e ricordò tutto quando vide la grande massa rossa del drago che indugiava in lontananza. Rispetto a essere bruciato vivo, cos’era un po’ d’acqua?

Il fiume rispose, trascinandolo di nuovo sotto, spingendolo con una velocità maggiore di quella che Renard avrebbe mai potuto raggiungere fuggendo a cavallo. Urtò delle rocce, sentendole sbattere contro le sue costole, e dovette usare le braccia e le gambe per allontanarsi dalla peggiore di esse prima che potesse inciderlo.

L’unica consolazione era che peggio di così non poteva andare.

Tornò in superficie e si pentì subito anche solo di averlo pensato. Davanti a lui, l’acqua cedeva il passo a spruzzi e schiuma, mentre il fiume sembrava semplicemente scomparire al di là degli spuntoni di alcune rocce. Una cascata o una diga giaceva davanti a lui, e Renard non voleva davvero scoprire passandoci sopra quale delle due fosse.

Nuotò verso la riva, non volendo affrontare il fiume in maniera diretta, ma trascinandosi in posizione angolare. Si rese conto, grazie a due primi colpi, che non avrebbe funzionato. Il fiume era troppo forte e lo trascinava troppo velocemente. Adesso, Renard doveva scegliere se rischiare di andare oltre il bordo oppure schiantarsi contro le rocce che poteva vedere; ma, del resto, di recente, sembrava che tutta la sua vita fosse diventata un bivio fra due scelte di quel tipo.

Renard intuì che la maggior parte delle persone avrebbe scelto le rocce, cercando di aggrapparsi a esse per evitare di affrontare la cascata. Probabilmente, come risultato, sarebbero stati colpiti a morte da esse, ma Renard non era mai stato fra quelli che si aggrappavano all’opzione sicura. Nuotò verso il passaggio tra esse, si prese un momento per osservare il precipizio che si estendeva per un centinaio di metri o più fino al fiume sottostante, e poi stava cadendo.

Trasformò la caduta in un’immersione come meglio poteva, ma nonostante ciò, l’eleganza non aveva molto a che vedere con il modo in cui cadde nelle acque che lo aspettavano. Laggiù c’era una piscina circolare, e doveva solo sperare che fosse abbastanza profonda, o la sua caduta sarebbe finita all’improvviso.

Allungò le mani, dividendo l’acqua a metà mentre la colpiva con un impatto che gli fece stridere le ossa. Inarcò la schiena, cercando di rendere la sua immersione più debole, ma anche così, colpì il fondale della piscina con una forza sufficiente a togliergli il respiro.

Sopra, Renard vedeva la superficie come un cerchio di luce che sembrava troppo lontano per allungare una mano e poterlo toccare. Gli stavano già iniziando a bruciare i polmoni e dovette lottare per non prendere fiato mentre si avviava verso la luce.

Sembrò volerci un’eternità per arrivarci. La sua vista cominciò a oscurarsi e la pressione ad accumularsi nella sua testa, fino a quando sembrò potesse esplodergli. Presto avrebbe ripreso a respirare, che lo volesse o no, e questo avrebbe significato che l’acqua gli si sarebbe riversata dentro, affogandolo…

Renard irruppe in superficie, ansimando in cerca d’aria. Alzò lo sguardo e vide la cascata fragorosa che svettava sopra di lui; da laggiù sembrava ancora più alta di come gli era parsa nella caduta. L’acqua precipitava violenta intorno a lui e, in quel preciso momento, gli sembrava la cosa più rinfrescante del mondo, perché significava che era vivo.

“Sono vivo !” gridò al mondo, forse in una mossa stupida, dato che aveva già stabilito con sua soddisfazione che gli dei si stavano divertendo un sacco a tormentarlo. Partì a nuoto verso il bordo della piscina.

Quando lo raggiunse, si trascinò fuori dall’acqua e su una sponda rocciosa, inzuppato fino alla pelle ed esausto. Rimase sdraiato lì per quella che parve un’eternità, mentre il sole batteva così forte da fargli sembrare che l’acqua evaporasse da lui.

Controllò i suoi averi, cercando di capire cosa fosse sopravvissuto al viaggio fino alla valle del fiume. Non aveva una spada, ma aveva ancora un lungo coltello legato all’anca. Il suo sacchetto di monete era sopravvissuto, il che significava che aveva ancora un bel po’ di soldi grazie all’amuleto che aveva venduto a Geertstown.

Renard sapeva senza guardare che l’amuleto era ancora lì. Poteva sentirlo tirare ai margini della sua esistenza e succhiargli la vita a poco a poco. In quel momento, si sentiva ammaccato e ferito, esausto e a malapena in grado di riprendere fiato. Tuttavia, riusciva a sentire qualcosa di molto più insidioso sotto a tutto ciò, mentre l’amuleto gli toglieva la vita.

Perché non era già morto? Renard non era qualcuno che in condizioni normali si sarebbe posto una domanda del genere, perché sembrava solo un invito per il peggio, ma in quel momento non poteva fare a meno di chiederselo. Non poteva fare altro che riflettere, dato che nonostante fosse consapevole che vi fosse un drago da qualche parte in lontananza, che forse lo perseguitava, era troppo esausto per muoversi in quel momento.

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