Robert Silverberg - L'uomo stocastico

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Stocastico: voce dotta, dal greco stochestikos, congetturale, dovuto al caso, aleatorio. Questo dice il dizionario. Ma Robert Silverberg dice di più. Dice che uno specialista di indagini conoscitive e di statistiche previsionali, un professionista della congettura, un mago del calcolo delle probabilità, può tutto a un tratto scoprire la vera natura del suo talento. E questo talento non ha niente a che fare con la scienza dei numeri, col buon senso, con il fiuto commerciale e politico. È un dono naturale che, coltivato opportunamente, permette all’uomo stocastico di vedere In come in una sfera di cristallo, il futuro. Chi vincerà la terza corsa all’ippodromo? Chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti? Come e quando arriverà la nostra morte? Mai come in questo romanzo l’antico sogno dell’umanità è stato presentato con tanta acutezza psicologica, con un casi vivo senso di ciò che potrebbe essere, in concreto, la vita di un autentico veggente.

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E adesso? Avrei dovuto anch’io estendere l’invito a Friedman? Il mio quoziente di bisessualità è basso e in quel momento Friedman non stimolava affatto la mia componente omofila. Ma no, Sundara l’aveva svuotato di qualsiasi voglia: non mandava nessun segno, se non di spossatezza.

— Siete un nomo fortunato — sussurrò dopo un poco. — Che donna meravigliosa… Che… donna… — pensai che si fosse addormentato — … meravigliosa. È in vendita?

— In vendita?

Sembrava quasi che parlasse sul serio.

— Sto parlando della vostra schiava orientale.

— Mia moglie?

— L’avete comprata al mercato di Baghdad. Vi do cinquecento dinari per lei, Nichols.

— Niente da fare.

— Mille.

— Neppure per due imperi.

Scoppiò a ridere.

— Dove l’avete trovata?

— In California.

— Ce ne sono altre come lei là?

— È unica, come lo siamo io, voi e Catalina. La gente non viene al mondo in modelli standard, Friedman. Avete voglia di far colazione, adesso?

Sbadigliò.

— Se si vuole rinascere al livello giusto, si deve imparare a purificarsi dai bisogni della carne. Dottrina del Passaggio. Mortificherò la mia carne rinunciando alla colazione, tanto per cominciare.

Chiuse gli occhi e non ci fu più.

Feci colazione da solo, osservai il mattino arrivare dall’Atlantico, poi presi il “Times” dalla fessura nella porta e fui soddisfatto di vedere che il discorso di Quinn aveva ottenuto la prima pagina, nella metà inferiore ma con una foto a due colonne. IL SINDACO INVOCA IL PIENO POTENZIALE UMANO. Questo era il titolo, leggermente al di sotto del normale standard di incisività del “Times”. L’articolo era impostato sul concetto della Società Ultima e riportava una mezza dozzina delle frasi più incisive nelle prime venti righe. L’articolo proseguiva poi a pag. 21, dove era anche riportato il testo completo del discorso. Non potei resistere alla tentazione di rileggerlo e mentre lo facevo mi trovai a chiedermi come avevo potuto esserne così sconvolto; il discorso stampato, infatti, sembrava mancare di un qualsiasi contenuto reale; si trattava di un semplice oggetto verbale, una collezione di frasi orecchiabili che non offrivano nessun programma e non davano suggerimenti concreti.

E dire che la notte prima era suonato alle mie orecchie come un programma per Utopia. Mi vennero ì brividi. Quinn non ci aveva dato altro che un bell’involucro; io stesso vi avevo attaccato le decorazioni e le rifiniture, tutte le mie informi fantasie di riforme sociali e le trasformazioni del millennio. La rappresentazione di Quinn ci aveva mostrato il puro carisma in azione, una forza elementare che ci aveva schiacciati dall’alto del palco. È sempre così con i grandi condottieri: il prodotto che hanno da vendere è la personalità. Le semplici idee vanno bene per uomini inferiori.

Il telefono cominciò a suonare poco dopo le otto. Mardikian voleva distribuire un migliaio di videoregistrazioni del discorso a organizzazioni di Nuovi Democratici in tutto il paese; cosa ne pensavo? Lombroso riferiva che nella somma raccolta dopo il discorso c’erano delle garanzie per mezzo milione di dollari come contributo alla campagna presidenziale di Quinn che non era stata ancora neppure programmata. Missakian… Ephrikian… Sarkisian…

Quando finalmente riuscii ad avere un attimo di pace, ritornai in soggiorno e trovai Catalina Yarber, già vestita, che cercava di svegliare Lamont Friedman. Mi rivolse un sorriso astuto.

— Ci vedremo presto, ne sono sicura — affermò con voce roca.

Se ne andarono. Sundara dormiva. Ci furono altre telefonate. Il discorso di Quinn aveva avuto risonanza ovunque. Alla fine Sundara emerse dalla camera da letto, nuda, deliziosa, assonnata ma perfetta nella sua bellezza, senza neppure gli occhi gonfi.

— Ho deciso che voglio saperne di più sul Transit — annunciò.

14

Tre giorni dopo, tornando a casa, rimasi allibito a vedere Sundara e Catalina, entrambe nude, inginocchiate fianco a fianco sul tappeto del soggiorno. Erano splendide, il corpo pallido vicino a quello color cioccolata, i corti capelli biondi e la lunga cascata nera, i capezzoli rosa e quelli scuri.

L’aria era colma di incenso e loro stavano recitando delle litanie.

— Tutto passa — intonò Catalina e Sundara ripeté: — Tutto passa.

Una catena dorata stringeva la seta bruna della coscia sinistra di mia moglie e sopra era montato il medaglione della Dottrina del Transit.

Sundara e Catalina assunsero nei miei confronti un cortese atteggiamento non-badare-a-noi e proseguirono con ciò che stavano compiendo, che era evidentemente una lezione di catechismo. Pensai che a un certo punto si sarebbero alzate per sparire in camera da letto, e invece no, la loro nudità era puramente rituale, e quando finirono con la lezione, si rimisero i vestiti, presero il tè e si scambiarono pettegolezzi come due vecchie amiche. Quella notte, quando mi avvicinai a Sundara, lei mi disse gentilmente che non poteva fare l’amore in quel momento. Non disse che “non avrebbe voluto” o che “non voleva” ma che non “poteva”. Come se fosse entrata in uno stato di purezza che al momento non doveva essere contaminato dalla lussuria.

Fu così che iniziò il passaggio di Sundara al Transit. All’inizio ci fu solo la meditazione mattiniera, dieci minuti in silenzio; poi le letture serali di misteriosi libriccini mal stampati su pessima carta; la seconda settimana mi annunciò che ogni martedì sera ci sarebbe stata una riunione in città e chiese se potevo cavarmela senza di lei. I martedì diventarono anche notti di astinenza sessuale; si scusava ma era irremovibile. Sembrava lontana, preoccupata, tutta presa dalla sua conversione. Persino il suo lavoro, la galleria d’arte che mandava avanti con tanta abilità, sembrava aver perso importanza. Avevo il sospetto che si incontrasse spesso in città con Catalina durante il giorno e avevo ragione, anche se con la mia ingenua mentalità materialistica-occidentale immaginavo che si trattasse di una tresca amorosa e che si incontrassero in camere d’albergo per rapidi abbracci; in realtà era l’anima di Sundara anziché il suo corpo a essere stata sedotta. Dei vecchi amici mi avevano messo in guardia molto tempo prima: sposa un’indù e ti ritroverai a sgranare rosari dal tramonto all’alba, diventerai vegetariano e lei ti farà cantare gli inni a Krishna. Avevo riso alle loro spalle. Sundara era americana, occidentale con i piedi a terra. Ma ora mi accorgevo che la sua origine sanscrita si stava vendicando.

La Dottrina del Transit non era, naturalmente, indù — più che altro era un miscuglio di buddhismo e fascismo, un calderone che comprendeva lo Zen e il Tantra e il platonismo, la terapia “gestalt” e le teorie economiche poundiane e Dio sa che altro, ma non aveva niente a che fare con Krishna o Allah o Jeova e nessun’altra divinità figurava nelle sue credenze. Era arrivata dalla California, naturalmente, sei o sette anni prima e, predicata diligentemente da una crescente orda di apostoli consacrati, si era diffusa rapidamente nelle zone meno evolute come gli Stati dell’est.

Catalina Yarber era riuscita abilmente a condensare i dogmi essenziali in cinque minuti, la notte in cui andammo a letto insieme. Questo mondo è privo di importanza, asseriscono quelli del Transit, e il nostro passaggio qui è breve, un rapido viaggio insignificante. Passiamo, quindi, sulla terra, rinasciamo, passiamo oltre nuovamente e continuiamo così finché ci liberiamo, alla fine, dalla ruota del “karma” e procediamo verso l’annullamento beato che è il nirvana, quando cioè, diventiamo tutt’uno con il cosmo. Ciò che ci tiene inchiodati alla ruota è l’attaccamento a noi stessi: ci lasciamo vincolare dalle cose, dalle necessità e dai piaceri per autogratificazione, e finché conserviamo un “io” che richiede di essere gratificato, continueremo a nascere ancora e ancora in questa cupa e insignificante piccola palla di fango. Se vogliamo spostarci a un livello superiore per raggiungere alla fine l’Eccelso, dobbiamo purificare le nostre anime con la dura prova della rinuncia.

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