Arthur Clarke - Preludio allo spazio

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I lettori conoscono già Arthur C. Clarke, che ha inaugurato la serie dei romanzi di Urania con «Le sabbie di Marte». Con lo stesso stile avvincente, la stessa precisione di scienziato, Arthur Clarke ci narra ora come gli esseri umani si preparino al primo volo nello spazio: destinazione Luna. Siamo nel 1980 circa. «Per migliaia d’anni» dice l’Autore «la razza umana si è diffusa sulla Terra, finchè l’intero globo non fu esplorato e colonizzato. Ora è arrivato il momento di fare il passo seguente e attraversare lo spazio. L’umanità deve sempre avere nuovi orizzonti, per non sprofondare nella decadenza. La Terra era grande abbastanza per gli uomini dei giorni della diligenza e della nave a vela, ma ora che possiamo farne il giro in poche ore è diventata troppo piccola… E questa conquista è possibile, perchè gli uomini hanno l’eredità del sapere che conquistarono dalla loro comparsa sulla Terra ad oggi. Durante tutti questi secoli, in lontani mondi, sotto soli stranieri, il Tempo ha preparato per l’Uomo i luoghi dove sorgeranno città nuove e uomini nuovi… Molti dei giovani di questa generazione assisteranno certo alla partenza della prima astronave per la Luna.» Questo libro vi farà vivere il momento che segnerà una nuova era per l’umanità, quando il primo uomo supererà la stratosfera per lanciarsi alla conquista degli spazi e delle stelle!

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«Ho ricevuto un bel po’ di lettere» disse di lì a un po’ Sir Michael «da amici miei in Irlanda, ai quali quest’idea non garba affatto e che sostengono che non abbiamo mai avuto l’intenzione di lasciare la Terra. Che cosa devo dir loro?»

«Ricordate loro la storia» ribatté Matthews. «Dite che siamo esploratori e chiedete che non dimentichino che un tempo qualcuno ha dovuto scoprire l’Irlanda!» Lanciò un’occhiata a Dirk, come a dire: «E adesso statemi a sentire!».

«Immaginate che siamo a cinquecento anni fa, Sir Michael, e che io mi chiami Cristoforo Colombo. Voi volete sapere perché sono ansioso di salpare verso Occidente attraverso l’Atlantico e io ho cercato di spiegarvelo. Non so se vi abbia convinto: può darsi che voi non siate particolarmente interessato a che sia aperta una nuova strada per le Indie. Ma questo è il punto importante — nessuno di noi può immaginare quanto questo viaggio significherà per il mondo. «Ditelo ai vostri amici, Sir Michael, dite di pensare a quale sarebbe stata la differenza per l’Irlanda se l’America non fosse mai stata scoperta». La Luna è un posto più grande del Nord e Sud America messi insieme — ed è solo il primo e il più piccolo dei mondi che raggiungeremo.»

Il grande atrio era quasi deserto quando si accomiatarono da Sir Michael. Lui sembrava ancora un po’ sconcertato quando si strinsero la mano e si separarono. «Spero che questo metta per un po’ a tacere la questione irlandese» disse Matthews mentre uscivano dall’edificio nell’ombra della Victoria Tower. «Che ne pensate del vecchio ragazzo?»

«Mi è parso un bel tipo d’uomo. Darei molto per sentirlo mentre spiega le vostre idee ai suoi elettori.»

«Sì» rispose Matthews «sarebbe piuttosto divertente.»

Fecero qualche metro, superarono l’entrata principale e si diressero verso il ponte. Poi Michael disse all’improvviso:

«Ma voi che pensate di tutto questo?»

Dirk nicchiò.

«Penso di esser d’accordo con voi, dal punto di vista logico»

rispose. «Ma per un certo verso non sento nel vostro stesso modo. In seguito, forse, ci riuscirò, ma adesso proprio non posso saperlo.»

Lanciò un’occhiata alla grande città che lo attorniava, pulsante di vita e di commerci. Sembrava senza età ed eterna come le colline: qualunque cosa avesse portato il futuro, sicuramente non sarebbe mai morta! Eppure Matthews aveva ragione e lui, tra tutti avrebbe dovuto riconoscerlo. La civiltà non avrebbe mai potuto fermarsi. Sul suolo sul quale stava camminando ora avevano camminato un tempo i mammut emersi dai canneti sulla riva del fiume. Loro, e non gli uomini-scimmia che li osservavano dall’interno delle caverne, erano stati padroni di quella terra. Ma poi si era levato il giorno della scimmia: le foreste e le paludi avevano ceduto il passo davanti alla potenza delle sue macchine. Ora Dirk sapeva che la storia era solo all’inizio. Persino in quel momento, su lontani mondi, sotto strani soli, il Tempo e gli Dei stavano preparando per l’Uomo le sedi di città ancora a venire.

9

Sir Robert Derwent, dottore in lettere, membro della Royal Society, Direttore Generale della Interplanetary, era un tipo dall’aspetto piuttosto rude che, invariabilmente, alla gente ricordava il defunto Winston Churchill. La rassomiglianza era un po’ sciupata dalla sua passione sfrenata per le pipe, delle quali, secondo le voci, possedeva due varietà: la «Normale» e quella di «Emergenza». Il modello «Emergenza» veniva spesso tenuto carico in modo da poter essere messo in azione immediatamente, quando fosse arrivato un visitatore non bene accetto. Si supponeva che la mistura segreta usata a tale scopo fosse costituita per lo più da foglie di tè solforate.

Sir Robert aveva una personalità così singolare che, attorno a lui, era sorta una gran messe di leggende. Molte di queste erano state elaborate dai suoi assistenti, che sarebbero andati all’inferno per il loro capo — e di frequente lo facevano, dato che il suo linguaggio non era quello che normalmente ci si aspettava da un ex Astronomo Reale. Egli non aveva rispetto per persone o proprietà, e alcune sue reazioni a famosi ma non eccessivamente intelligenti interlocutori erano rimaste storiche. Persino Sua Maestà, in una storica occasione, era stata ben contenta di sfuggire alle sue bordate. Eppure, nonostante questa immagine esteriore, era un uomo dal cuore gentile e molto sensibile. Svariate persone lo sospettavano, ma molto poche avevano potuto provarlo con propria soddisfazione.

A sessant’anni e tre volte nonno, Sir Robert sembrava piuttosto un quarantacinquenne ben conservato. Come il suo celebre «doppio», egli attribuiva questo a un’attenta trascuratezza di ogni e qualsiasi elementare norma salutistica e a una costante assunzione di nicotina. Una volta un brillante giornalista lo aveva opportunamente definito: «Un Francis Drake scientifico — uno degli esploratori astronomici della Seconda Età Elisabettiana».

C’era poco o nulla di elisabettiano nel Direttore Generale, mentre stava seduto alla scrivania intento alla lettura della corrispondenza quotidiana, avvolto in una vaga nuvola di fumo.

La vagliava a un ritmo stupefacente, accatastando le missive in piccole pile man mano che le finiva. A tratti, ne buttava qualcuna direttamente nel cestino per la carta straccia, dal quale il suo staff l’avrebbe accuratamente recuperata per includerla in una voluminosa cartelletta dall’elegante titolo: «SCIOCCHEZZAIO». Quasi l’un per cento della posta in arrivo all’Interplanetary finiva sotto quella categoria.

Aveva appena terminato allorché la porta dell’ufficio si aprì e il dottor Groves, consulente psicologico dell’Interplanetary, entrò con una cartella piena di rapporti. Sir Robert lo guardò con aria accigliata.

«Bene, uccello del malaugurio, che cosa sono tutte queste chiacchiere e queste voci riguardo al giovane Hassell? Pensavo fosse tutto sotto controllo.»

Groves aveva un’espressione preoccupata mentre posava i rapporti.

«Anch’io, fino a qualche settimana fa. Fino ad allora tutti e cinque i ragazzi erano in buona forma e non davano segni di tensione. Poi, abbiamo osservato che Vic era preoccupato per qualcosa e io ieri sera ho affrontato la questione con lui.»

«Si tratta di sua moglie, immagino.»

«Sì. L’intera faccenda è assai spiacevole. Vic è proprio il genere di padre che crea problemi anche nei momenti migliori, e Maude Hassell non sa che quando il bambino arriverà, lui probabilmente sarà in viaggio verso la Luna.»

Il D.G. inarcò le sopracciglia.

«Sai già che è un maschio?»

«Il trattamento Weismann-Mathers è sicuro al 95 per cento. Vic voleva un maschio — nel caso non tornasse.»

«Capisco. E come pensi che reagirà la signora Hassell quando verrà a saperlo? Naturalmente non sappiamo ancora se Vic farà parte dell’equipaggio.»

«Penso che reagirà bene. Ma è Vic quello che si sta preoccupando. Come ti sentivi tu quando hai avuto il primo figlio?»

Sir Robert sorrise.

«Questo vuol dire andare a scavare nel passato. Si dà il caso che anch’io fossi lontano — in una spedizione, per vedere un’eclissi. Per poco non ho spaccato un coronografo, quindi capisco il punto di vista di Vic, ma è una dannata seccatura; dovrai cercar di ragionare con lui. Digli di chiarire la cosa con la moglie, ma di assicurarsi che lei non ne parli con nessuno. Ci sono altre complicazioni possibili in vista?

«Non che io possa prevedere. Ma non si può mai dire. "

«No, non si può, vero?»

Gli occhi del direttore generale si spostarono sul piccolo motto incorniciato dietro la scrivania. Dal punto in cui stava seduto, il dottor Groves non riusciva a leggerlo, ma sapeva a memoria quali erano le parole che sempre lo avevano incuriosito:

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