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Larry Niven: I figli di Ringworld

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Larry Niven I figli di Ringworld

I figli di Ringworld: краткое содержание, описание и аннотация

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Ringworld, il Mondo Anello: un gigantesco universo artificiale con un diametro di un milione di miglia che galleggia nello spazio remoto, e in cui vivono centinaia di razze diverse. Louis Wu è l’uomo che l’ha scoperto e che ora è prigioniero di una malvagia entità aliena appartenente alla razza dei Burattinai. Questo essere imprevedibile sta per provocare una guerra di proporzioni galattiche, attaccando astronavi di tutte le razze dello Spazio conosciuto. Ma se la guerra ci sarà, Ringworld verrà distrutto e fra le stelle non resterà che un ponte di cenere.

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Ottantaquattro giorni prima, diceva lo schermo.

Sessantasette giorni di Ringworld. Quasi un falan, pari a dieci rotazioni del Ringworld, settantacinque giorni di 30 ore. Venti o trenta giorni sarebbero dovuti bastare a guarirlo, pensò Louis. Sapeva d’essere rimasto ferito. Con tutti i lividi della battaglia contro Bram, non si era nemmeno accorto delle punture nella schiena.

Era stato in riparazione per il doppio di tempo, la prima volta che si era disteso in quella scatola. Poi le sue tubature interne avevano cominciato a perdere e lui era stato per undici anni senza il composto chimico per la longevità detto droga di vita. Era diventato moribondo e vecchio.

Il testosterone era alto; l’adrenalina, alta e in aumento.

Louis esercitò sul coperchio dell’automed una pressione costante verso l’alto. Sapeva che il coperchio non si sarebbe alzato più velocemente, ma il suo corpo aveva fame d’azione. Scivolò fuori e cadde su un pavimento di pietra, freddo sotto i piedi. “Pietra?” pensò con sorpresa.

Era nudo. In una vasta caverna. Dov’era la Needle ?

L’ultima volta la nave interstellare Hot Needle of Inquiry era incastonata in un magma rappreso e il sistema sperimentale nanotecnologico di Carlos Wu si trovava nei quartieri dell’equipaggio. Ora i suoi componenti erano in un gruppo di strumenti e di cavi su un pavimento di lava raffreddata. L’automed era in parte smontato. Ogni cosa funzionava ancora. Superbo, imponente, grandioso: un tipico lavoro da difensore. Armonista, il difensore dei Ghoul, aveva di sicuro esaminato l’automed, mentre l’apparecchiatura curava Louis.

Nei pressi, la Hot Needle era stata sfilettata come un pesce senza pinne. Una fetta di scafo che andava quasi dal muso alla coda era stata asportata e lasciava vedere la parte sottocoperta, lo spazio merci, l’ormeggio per una navetta ora distrutta, piastre di propulsori e l’alloggiamento del motore iperspaziale. Più di metà del volume della nave era occupato da serbatoi, naturalmente ora prosciugati. Il bordo del taglio era stato rivestito di rame o bronzo e cavi nel metallo portavano a strumenti e a un generatore.

La sezione tagliata era stata asportata da massicci macchinari. La superficie era orlata di bronzo munito di cavi. Il motore iperspaziale aveva occupato tutta la lunghezza della nave. Adesso era deposto nella lava, in un gruppo di strumenti. Ancora opera di Armonista?

Louis andò a guardare. Il motore era stato riparato. Dodici o tredici anni prima, Louis aveva abbandonato Ultimo nello spazio del Ringworld, tagliando in due il motore iperspaziale. Smontato, pareva pronto per portare la Needle fra le stelle a velocità Quantum I, tre giorni per un anno luce.

“Potrei tornare a casa” pensò Louis, assaporando l’idea. “Che fine hanno fatto gli altri?” Si guardò intorno. Cominciava a rabbrividire di freddo.

Ormai aveva quasi 240 anni, no? Ma le nanomacchine nell’automed sperimentale di Carlos Wu gli avevano letto il DNA e avevano riparato tutto fino nel nucleo delle cellule. Lui aveva già fatto l’esperienza. Il suo corpo credeva di avere appena passato la pubertà.

“Tranquillo, ragazzo. Nessuno ancora ti ha sfidato.”

L’astronave, la sezione di scafo, l’automed, macchine per trasporto e manutenzione di quei pezzi, nonché strumenti d’aspetto rudimentale predisposti per esaminarli, formavano uno stretto grappolo in spazi più vasti. La caverna era enorme e quasi vuota. Louis vide piastre di carico simili a pile di gettoni da poker e più in là una sghemba torre di enormi toroidi che da un’apertura nel pavimento arrivava fino al soffitto. Vicino all’apertura c’erano cilindri ingabbiati in altri macchinari di Armonista. Erano più grossi della Needle e ciascuno un po’ diverso dagli altri.

Louis era già passato una volta da quel posto. Guardò in alto, sapendo cosa aspettarsi. “Cinque o sei miglia più su” pensò. La Mappa di Marte era alta quaranta miglia e quel livello si trovava di sicuro vicino al soffitto. Louis ne distingueva i contorni, li vedeva come la parte posteriore di una maschera: la maschera di un vulcano a scudo delle dimensioni di Cerere.

La Needle era penetrata nel cratere di Olympus Mons, nel Centro Manutenzione che si trovava sotto la Mappa di Marte in scala uno a uno. Teela Brown li aveva intrappolati lì, una volta diventata difensore. Aveva spostato l’astronave per ottocento miglia in quei corridoi, poi aveva riversato intorno a loro roccia fusa. Loro avevano usato dischi passatoio, il sistema di trasporto istantaneo dei burattinai, per arrivare a Teela. Da allora, per tutti quegli anni, l’astronave era rimasta intrappolata. Ora Armonista l’aveva riportata nella stazione di lavoro sotto Olympus Mons.

Louis conosceva Armonista, ma non bene. Aveva disposto una trappola per Armonista, la Creatura della Notte, il riproduttore. L’aveva fatto diventare un difensore. L’aveva guardato combattere contro Bram. In pratica di lui non sapeva altro. Ora Armonista aveva in pugno la sua vita ed era stato proprio lui a dargliela.

Armonista era stato più furbo di lui. Il tentativo di anticipare le mosse di un difensore era sciocco… e inevitabile. Nessuna cultura umana aveva mai smesso i tentativi di anticipare Dio.

Già. La Needle era un’astronave interstellare, se qualcuno vi avesse montato di nuovo l’ipermotore. L’enorme torre sghemba, lunga quaranta miglia se arrivava giù fino al Centro Manutenzione, era un acceleratore lineare, un sistema di lancio. Forse un giorno Armonista avrebbe avuto bisogno di un’astronave. Intanto avrebbe lasciato sventrata la Needle , perché altrimenti Louis Wu e Ultimo avrebbero potuto usarla per fuggire e il difensore non voleva la loro fuga.

Louis andò fin sotto la Needle. Un cilindro di 33 metri, con il ventre appiattito. Dall’astronave non mancavano molte cose: l’ipermotore, l’automed, che altro? Gli alloggi dell’equipaggio erano una sezione trasversale, con il pavimento 24 metri più in alto. Sotto, Louis vedeva i sistemi delle cucine e del riciclaggio. Se avesse potuto arrampicarsi fin lassù, avrebbe trovato da mangiare e anche da vestirsi. Non vide un chiaro percorso, forse c’era un collegamento mediante disco passatoio. Ma non riusciva a immaginare dove Armonista potesse sistemare un disco passatoio e neppure dove il congegno l’avrebbe portato.

Era visibile anche il ponte di comando di Ultimo. Alto tre piani, con soffitti più bassi di quanto non servissero a uno Kzin. Louis vide come poteva arrampicarsi fino al piano più basso. Un Difensore non avrebbe avuto nessuna difficoltà.

Scosse la testa: cosa pensava, Ultimo? I Burattinai di Pierson si attenevano a una filosofia vecchia di milioni di anni, basata sulla codardia. Quando aveva costruito la Needle , Ultimo aveva isolato il ponte di comando da eventuali intrusi, anche membri del suo stesso equipaggio di alieni. Non c’erano porte, solo dischi passatoio con mille trappole esplosive. Ora, pensò Louis, probabilmente il burattinaio si sentiva nudo come lui.

Si piegò sui talloni sotto il bordo di una struttura piatta in cima, forse il sistema di purificazione dell’aria. Saltò, si aggrappò e prese ad arrampicarsi. Per le riparazioni dell’automed era dimagrito, ridotto quasi pelle e ossa, non faceva gran fatica a tirarsi su. Dopo quindici metri si fermò un momento, appeso per le dita. Aveva raggiunto il piano inferiore della cabina di Ultimo, la parte più privata. Avrebbe trovato meccanismi di difesa. Forse Armonista li aveva staccati, forse no. Si tirò su e fu nello spazio a lui vietato.

Vide Ultimo. Poi vide su un tavolo il suo stesso droud, il congegno con il quale poteva collegare il proprio cervello a una qualsiasi presa elettrica. L’aveva distrutto, l’aveva dato a Chmeee e aveva guardato lo Kzin farlo a pezzi. Perciò era un congegno di ricambio. Un’esca per lui, droud-dipendente. Si toccò la nuca, fra i capelli, sotto il codino. Innesta il droud, pensò, lascia che la corrente elettrica ti scorra nel centro del piacere… non trovò la presa.

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