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Bob Shaw: Cosmo selvaggio

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Bob Shaw Cosmo selvaggio

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Un’astronave stellare da esplorazione spedisce su un pianeta sconosciuto sei moduli di atterraggio e ne vede tornare sette. Su quel pianeta c’и chiaramente “qualcosa che non va”… Ma nelle zone piщ remote e selvagge del Cosmo, si sa, le cose non vanno mai perfettamente lisce e gli esploratori devono sempre stare in guardia, devono sempre aspettarsi di tutto. Giustamente Bob Shaw ha messo in epigrafe alla strabiliante saga dell’astronave “Sarafand” questi memorabili versi di R. L. Stevenson: “Per il Cosmo strano e selvaggio me ne vado, da eterno straniero. Il mio amore sono le tue strade e i brillanti occhi del pericolo”.

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Surgenor si guardò la mano incredulo.

Aveva deciso di bere un po’ di caffè, perché sentiva la gola secca, e aveva cercato di aprire il compartimento del cibo. La destra gli si era alzata di pochi millimetri, poi era ricaduta sul bracciolo.

Surgenor aveva cercato istintivamente di aiutare con la sinistra l’altra mano, ma anche questa aveva rifiutato di muoversi… e allora si era reso conto di essere paralizzato.

Il panico cieco durò quasi un minuto, dopo di che Surgenor si ritrovò esausto per la lotta sostenuta contro i suoi muscoli. Rivoletti di sudore ghiacciato scorrevano veloci lungo tutto il suo corpo. Si sforzò di rilassarsi e di valutare la situazione, e scoprì che possedeva ancora il controllo degli occhi.

Sbirciando al suo fianco si accorse che anche Voysey era stato immobilizzato; il solo segno di vita era un tremore quasi impercettibile dei muscoli facciali. Surgenor immaginò che il fenomeno fosse nuovo per Voysey. Era la prima volta che lui stesso lo sperimentava in prima persona, ma aveva conosciuto parecchi mondi dove esistevano animali da preda capaci di circondarsi di un campo che sopprimeva le attività neurali inferiori delle altre creature. Questa capacità mortale si incontrava più facilmente sui pianeti ad alta gravità, dove gli animali da preda non erano molto più agili delle loro vittime. Surgenor cercò di parlare, ma come si era aspettato non riuscì a far funzionare le corde vocali.

Improvvisamente, si accorse che dall’altoparlante continuavano ad uscire delle voci. Le ascoltò per un po’ prima di rendersi conto del significato della cosa.

— Non è il caso di preoccuparsi tanto — stava dicendo Pollen. — È uno di quei problemi di logica pura che sembrano fatti apposta per te, Aesop. Secondo me dovresti cominciare a chiamare a turno i numeri dei moduli, ordinando a ciascuno di arretrare di un centinaio di metri. O anche cinquanta, o cinque: la distanza non importa. In questo modo potrai separare le sei macchine originali dalla settima, oppure, se chiamando un numero saranno due le macchine a…

Surgenor imprecò mentalmente per l’impossibilità di raggiungere il pulsante e interrompere Pollen prima che fosse troppo tardi. Stava cercando disperatamente ancora una volta dì muovere la mano, quando, senza preavviso, la voce di Pollen si perse fra i sibili acuti e discordanti delle interferenze. Il rumore continuò senza alcun segno di volersi abbassare, e Surgenor si rese conto con sollievo che il Modulo Sette aveva preso il controllo della situazione. Cercò di allentare la tensione dei muscoli, e di respirare lentamente e profondamente, riuscendo così a riacquistare la capacità di pensare in modo razionale. Pollen aveva sconsideratamente segnato la loro condanna a morte, facendo l’errore imperdonabile di confondere una situazione teorica con le reali condizioni di pericolo in cui si trovavano.

La situazione in quella nera distesa priva di aria, che si intravedeva attraverso gli schermi, assomigliava superficialmente ai problemi posti in certi test attitudinali, e considerandola da questo punto di vista, Surgenor ne scorgeva parecchie soluzioni. A parte il metodo tipico, suggerito da Pollen, dì chiamare i numeri, una soluzione più empirica poteva consistere nel far sparare ad Aesop un colpo di laser a bassa intensità a ciascun modulo. Anche se un Uomo Grigio era in grado di sopportare quel trattamento senza fare una piega, l’analisi spettroscopica della luce prodotta avrebbe certamente mostrato le differenze di composizione. Un’altra soluzione consisteva nell’ordinare ai moduli di far sbarcare il piccolo robot riparatore, che veniva usato quando le condizioni esterne erano troppo difficili per permettere agli uomini di uscire con le tute. Surgenor dubitava che l’alieno fosse in grado di dividersi in due sezioni indipendenti. Il difetto di tutte queste soluzioni era che ciascuna di esse implicava un processo di eliminazione… una cosa che il Modulo Sette non avrebbe mai permesso. Qualsiasi tentativo di restringere il campo dei sospetti avrebbe avuto come effetto di anticipare un po’ il loro destino. L’unica soluzione non mortale, se pure esisteva, doveva essere applicabile istantaneamente. E Surgenor non era per niente ottimista sulle sue possibilità di trovarla.

Per pura forza d’abitudine, cominciò a rivedere da capo la situazione, cercando qualche punto d’appiglio. Si ricordò allora delle voci che avevano continuato a uscire dall’altoparlante dopo che lui e Voysey erano rimasti paralizzai. Pollen e un certo numero degli altri erano ancora in grado di parlare, il che probabilmente significava che erano al di fuori del raggio di controllo del Modulo Sette.

Significava che anche i terribili poteri del nemico avevano qualche limite, ma non sembrava che quella scoperta avesse un valore pratico. Surgenor esaminò gli schermi del modulo, chiedendosi quanti minuti, o secondi, gli restassero. Era difficile distinguere esattamente le varie immagini senza girare la testa, ma riuscì a vedere altri due moduli a destra, poco lontano dal loro; tutti e tre assieme formavano un gruppo distinto dagli altri, che si trovavano piuttosto lontani, dalla parte opposta del cerchio. Mentre li osservava, uno dei moduli cominciò a far lampeggiare i fari, in un tentativo di Morse.

Surgenor lo ignorò, in parte perché aveva dimenticato da tempo il codice, in parte perché aveva concentrato la sua attenzione sulle due macchine più vicine, una delle quali era quasi certamente il Modulo Sette. Molto più in alto, le luci della Sarafand lampeggiarono contro il cielo stellato, mentre Aesop rispondeva veloce e con sicurezza al veicolo che aveva cercato di comunicare con lui. Surgenor provò a immaginare lo sbalordimento dei suoi occupanti di fronte all’iperefficienza di Aesop.

Il rumore incessante delle interferenze radio, unito all’ansia per la loro sorte, stava mettendo a dura prova i nervi di Surgenor, rendendogli quasi impossibile concentrarsi. Si rendeva conto che era assurdo cercare di interpretare il comportamento di un alieno in termini umani, e un Uomo Grigio era certo la creatura più aliena che l’uomo potesse incontrare, eppure c’era qualcosa di incoerente nel fatto che…

Voysey allungò la mano destra verso i comandi e accese i motori.

Per un attimo, Surgenor credette che fossero stati liberati dal campo paralizzante, ma scoprì subito che era ancora incapace di muoversi.

La faccia di Voysey era bianca come il gesso, immobile, con un filo di saliva che luccicava sul mento. Surgenor si rese conto che agiva soltanto come un servo-meccanismo umano, controllato dal Modulo Sette. I pensieri di Surgenor cominciarono a turbinare vorticosamente.

«Ci siamo» pensò. «È finita».

La sola ragione che la creatura potesse avere per farli avanzare era che voleva distrarre l’attenzione di Aesop. Surgenor si sentì rabbrividire a quell’idea… non c’era nessun modo per distrarre o confondere Aesop: non avrebbe esitato un secondo a vaporizzare il primo modulo che avesse osato varcare la linea dei mille metri.

La sinistra di Voysey tolse il freno, e il veicolo scivolò leggermente sul terreno accidentato.

Surgenor fece un altro disperato tentativo per muoversi, ma riuscì solo a farsi assalire di nuovo dal panico. Qual era il piano del Modulo Sette? Surgenor era giunto alla conclusione che il suo raggio d’azione era limitato. Sapeva anche che aveva intenzione di creare un incidente nella speranza di distrarre da sé l’attenzione di Aesop, e questo implicava senza dubbio il proposito di avvicinarsi alla Sarafand . Ma perché? Un’azione simile non aveva scopo, a meno che…

La comprensione, tardiva ma completa, della situazione esplose nella mente di Surgenor come una “nova”… insieme alla prospettiva di nuovi pericoli.

«So la verità» disse dentro di sé «ma non devo pensarci, perché l’Uomo Grigio è telepatico, e se riesce a scoprire quello che sto pensando…»

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