Barry Longyear - Mio caro nemico

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Due nemici, naufragati su un pianeta ostile, scopriranno come sia possibile diventare fratelli, anche oltre la morte.
Anche pubblicato come “Nemico mio adorato”.
Vincitore dei premi Hugo, Nebula e Locus per il miglior romanzo breve
in 1980.

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Mi alzai e lo presi per il pigiama da ospedale. — Zammis, sono io!

Gli occhi gialli, spenti e senza vita, mi fissarono. L’infermiere mi mise una mano sulla spalla. — Lascialo andare, Irkmaan.

— Zammis! — Mi rivolsi a Gothig e Nev. — Dite qualcosa!

L’infermiere prese di tasca un manganello e se lo batté sul palmo della mano. — Lascialo andare, Irkmaan.

Gothig si fece avanti. — Spiegatemi cose questa faccenda!

L’infermiere guardò Gothig, Nev, me poi Zammis. — Questo qui… questa creatura, è arrivato professando il suo amore, amore dico, per gli uomini! Non è una perversione da poco, questa, Jeriba Gothig. Il governo voleva proteggervi da uno scandalo del genere. Vorreste gettare nel fango la reputazione della vostra famiglia?

Guardai Zammis. — Che cosa gli avete fatto, kizlode figli di puttana? L’elettroshock? L’avete drogato? L’avete fatto diventare pazzo?

L’infermiere mi rivolse una smorfia di derisione. — Tu non capisci, Irkmaan. Questo qui non sarebbe mai stato felice come Irkmaan vul… amico degli umani. Stiamo rendendogli possibile il ritorno nella società Drac. È forse un male?

Guardai Zammis e scossi la testa. Mi ricordavo fin troppo bene di come ero stato trattato dai miei compagni terrestri. — No, non credo che sia un male… non lo so.

L’infermiere si rivolse a Gothig. — Vi prego di capire, Jeriba Gothig. Non potevamo infliggere questa disgrazia alla famiglia Jeriba. Vostro nipote sta quasi bene, e presto inizierà un programma di rieducazione. Fra meno di due anni avrete un nipote degno di portare avanti la famiglia Jeriba. È forse un male?

Gothig si limitò a scuotere la testa. Io mi inginocchiai di fronte a Zammis e lo guardai negli occhi. Gli presi la destra fra le mie due mani.

— Zammis?

Zammis abbassò gli occhi, mosse la sinistra, mi prese una mano e mi fece allargare le dita. Una alla volta, indicò le mie dita, poi mi guardò negli occhi, poi fissò ancora la mano. — Sì… — Zammis indicò ancora.

— Uno, due, tre, quattro, cinque! — Mi guardò negli occhi. — Quattro cinque!

Annuii — Sì, sì.

Zammis si appoggiò la mia mano alla guancia. — Zio… zio, te l’avevo detto che non ti avrei mai dimenticato.

Non contai mai gli anni che passarono. Mi era ricresciuta la barba, quando mi inginocchiai vicino alla tomba del mio amico Jeriba Shigan. Vicino c’era la tomba di Gothig, vecchia di quattro anni. Rimisi a posto qualche pietra, ne aggiunsi qualche altra. Mi strinsi nella giacca di pelle di serpente, per proteggermi dal vento, e mi sedetti vicino alla tomba, guardando il mare. I cavalloni correvano sempre verso la spiaggia, sotto la cortina nerogrigia di nuvole. Presto sarebbe arrivato il ghiaccio. Mi guardai le mani rugose, poi ancora la tomba.

— Non potevo restare nella colonia con loro, Jerry. Non fraintendermi: è un bel posto. Proprio bello. Ma continuavo a guardare l’oceano dalla finestra, e a pensare alla caverna. In un certo senso sono solo, ma non è brutto. So chi sono e cosa sono, Jerry, e questo è l’importante, vero?

Sentii un rumore. Mi chinai in avanti, appoggiai le mani sulle ginocchia e mi alzai. Dall’insediamento stava arrivando un Drac con un bambino fra le braccia.

Mi fregai la barba. — Allora, Ty, è questo il tuo primo figlio?

Il Drac annuì. — Mi farebbe piacere, zio, se tu gli insegnassi quello che deve imparare: la genealogia, il Talman ; e tutto sulla vita di Fyrine IV, il nostro pianeta che si chiama Amicizia.

Presi il fagottino fra le braccia. Due braccine tozze, con tre dita si agitarono nell’aria, poi mi afferrarono la giacca. — Sì, Ty, è proprio un Jeriba. E come sta Zammis, il tuo genitore?

Ty alzò le spalle. — Benissimo. Ti saluta.

— Salutalo da parte mia. Zammis dovrebbe uscire da quel guscio ad aria condizionata, e venire a vivere nella caverna. Gli farebbe bene.

Ty sorrise. — Glielo dirò, zio.

Mi battei il pollice sul petto. — Guarda me! Ti sembro ammalato?

— No zio.

— Dì a Zammis di mandare fuori dai piedi quel dottore e di tornare a vivere nella caverna, capito?

— Si zio. — Ty sorrise. — Hai bisogno di qualcosa?

Mi grattai il collo e feci segno di sì. — Carta igienica. Un paio di pacchi; e magari un paio di bottiglie di whisky… no, lascia stare il whisky. Aspetterò che il piccolo Haesni compia un anno. Solo la carta igienica.

Ty si inchinò. — Sì, zio, e che il mattino ti trovi sempre bene.

Feci un gesto impaziente con la mano. — Certo, certo. Non dimenticarti la carta igienica.

Ty si inchinò ancora. — No, zio.

Ty si voltò e si inoltrò nel bosco, verso la colonia.

Gothig aveva venduto tutto, ed era emigrato con tutta la famiglia, e le famiglie collaterali, su Fyrine IV. Io ero stato con loro per un anno, poi ero andato a vivere nella caverna. Raccoglievo la legna e affumicavo la carne di serpente per resitere durante l’inverno. Zammis mi aveva dato il piccolo Ty per allevarlo nella caverna, e adesso Ty mi aveva dato Haesni. — Guardai il neonato. — Tu sarai chiamato Gothig, e poi… — Alzai gli occhi al cielo, e sentii le lacrime che si asciugavano sulle guance — … e il figlio di Gothig si chiamerà Shigan. — Mi avviai verso il sentiero che portava alla grotta.

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