Murray Leinster - De Profundis
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- Название:De Profundis
- Автор:
- Издательство:SIAD
- Жанр:
- Год:1983
- Город:Milano
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Murray Leinster
De Profundis
Io, Sard, faccio rapporto al Shadi durante le Maree della Pace, avendo compiuto un viaggio di ricerca suggerito dallo scienziato Morpt quando discusse con me di un Oggetto caduto dentro Honda dalla Superficie. Temo che il mio rapporto non verrà accettato come veritiero. Perciò, in attesa dei verdetto sulla mia salute mentale, do questo rapporto perché sia accettato come scienza o come delirio a seconda della scelta del Shadi…
Ero presente quando l’Oggetto è caduto. In quel momento ero in comunicazione con lo scienziato Morpt, che stava meditando sui fatti dell’universo. Era piuttosto assonnato, e la sua mente s’impegnava al problema più per senso del dovere che per un’autentica ispirazione mentre rifletteva — a beneficio nostro, dei suoi studenti, cioè — sulle prove della teoria di Caluph sulla struttura dell’universo, secondo la quale questo e, in sostanza, un guscio di materia solida pieno d’acqua la quale, venendo respinta, per sua stessa natura, dal centro, acquista pressione, e noi, gli Shadi, viviamo nella regione di maggior pressione. Morpt si era quasi appisolato del tutto mentre rifletteva, per nostra informazione, che questa teoria giustifica tutti i fenomeni fisici conosciuti, salvo l’esistenza del gas, una sostanza che non è né solida né liquida e si trova soltanto nelle nostre vesciche natatorie. Per questa ragione si suppone, di solito, che sia la nostra parte immortale, la quale s’innalza fino al centro dell’universo quando il nostro corpo si consuma, onde esistere colà per sempre.
Mentre meditava, ricordai gli esperimenti di Morpt, secondo i quali una parte di questo gas poteva venir espulso dal corpo di un Shadi ed esser tenuto in un contenitore rovesciato, mentre il corpo formava una nuova riserva di gas nella vescica natatoria. Aspettavo con ansia l’acuto, penetrante ragionamento di Morpt, il quale aveva sempre negato che una sostanza — per quanto rara e singolare — in grado d’esser confinata in un contenitore, e per di più d’essere espulsa e sostituita in un corpo, possa costituirne l’essenza vitale. Questi esperimenti di Morpt hanno causato grandi turbamenti nei circoli scientifici.
In quel momento, comunque, era soltanto un insegnante assonnato, il quale pensava, mezzo addormentato, una lezione che aveva pensato altre centinaia di volte. Era un po’ infastidito da una pietra aguzza conficcata a metà dentro il suo settimo tentacolo, che, però, non era abbastanza scomoda da indurlo a muoversi.
Io giacevo nella mia caverna in ansiosa attesa. Poi, d’un tratto, fui conscio di qualcosa che stava scendendo dall’alto. L’istinto della nostra razza è di bloccare il trasferimento del pensiero e ghermire il cibo prima che chiunque altro se ne accorga, entrando a sua volta fulmineamente in azione. Mi gettai subito fuori della mia caverna e mi portai nello spazio sotto l’Oggetto. Sollevai i miei tentacoli per afferrarlo. Tutto il procedimento fu automatico: attivazione del blocco mentale, percezioni esterne protese al massimo, messa a fuoco d’ogni immagine mentale proveniente dall’Oggetto che affondava per prevenire ogni suo tentativo di fuga… ma ogni Shadi ben sa come tutto ciò si faccia per puro istinto, ogni qualvolta qualcosa di mobile giunge alla nostra portata.
Tuttavia, due fatti specifici influenzarono il mio comportamento dopo quella prima reazione automatica. Primo, mi ero già nutrito, e da poco. Secondo: ricevetti delle immagini mentali dall’interno dell’Oggetto che curiosamente concordavano con l’argomento della lezione di Morpt e i miei personali pensieri in quel momento. Quando il mio primo tentacolo si calò su quell’Oggetto che scendeva, invece di pensieri di paura e di battaglia, intercettai il messaggio d’una entità che stava esprimendo disperazione, rivolgendosi a un’altra.
«Mia cara, non rivedremo mai più la Superficie», stava pensando.
E ricevetti, nel medesimo istante, una vivida immagine di cos’è la Superficie. Dal momento che descriverò quest’ultima più tardi, ometto la descrizione dell’immagine mentale che ricevetti, restandone quasi abbacinato. Mi diede, comunque, da pensare. E credo sia stata una fortuna. Tanto per cominciare, se avessi spinto l’Oggetto dentro le mie fauci, come l’istinto m’induceva a fare, credo che avrei avuto non pochi problemi a digerirlo. L’Oggetto, come ebbi modo di scoprire ben presto, era fatto di quella rara sostanza solida che compare soltanto sotto forma di manufatti. Un campione del genere è stato descritto a più riprese da Glor. E lungo circa la metà del corpo d’uno Shadi, cavo, appuntito a un’estremità, con uno dei fianchi stranamente piatto, e con escrescenze dalla forma strana, aperture, e due alberi e un tubo cavo che spuntano da esso.
Come ho detto, l’Oggetto era fatto di questo strano materiale solido. Il mio senso spaziale mi disse subito che era cavo. In più, era anche pieno di gas! E ricevevo delle immagini mentali in conflitto fra loro, le quali mi dicevano che c’erano due creature vive dentro di esso! Lasciate che ripeta: c’erano due entità viventi all’interno dell’Oggetto, e vivevano nel gas invece che nell’acqua!
Ero stupefatto. Per lungo tempo non fui conscio di nient’altro che non fossero i pensieri delle creature all’interno dell’Oggetto. Tenevo saldamente l’Oggetto fra due dei miei tentacoli, sbalordito per quell’incredibile fatto. Fui estremamente incauto. Avrei potuto essere ucciso e consumato mentre me ne stavo lì, paralizzato dalla sorpresa. Ma subito mi ripresi, e tornai in fretta alla mia caverna, portando con me l’Oggetto. Mentre facevo questo, fui conscio di pensieri che esprimevano una viva sorpresa:
«Abbiamo toccato il fondo… no! Qualcosa ci ha afferrati. Qualcosa di dimensioni mostruose. Presto sarà finita, ormai…»
Non in diretta risposta, ma in modo indipendente, l’altra entità pensò cose profondamente emotive che mi è impossibile descrivere. Incomprensibili per me. Il prodotto d’una psicologia così aliena nei confronti della nostra che non c’è alcun modo di esprimerle. Posso soltanto dire che la seconda entità era in preda alla più completa disperazione, e perciò bramava intensamente essere stretta fra i due tentacoli dell’altra entità. Ciò, a mio modo di vedere, dovrebbe mettervi in una condizione di totale impotenza, ma è proprio questo che la seconda creatura agognava. Riferisco il fatto senza fare nessun tentativo per spiegarlo.
Mentre scivolavo dentro la mia caverna, mandai casualmente l’Oggetto a sbattere contro il bordo superiore dell’apertura. Fu un colpo duro. Ricevetti di nuovo un’improvvisa ondata di disperazione.
«Ci siamo!» pensò la prima creatura, e si aspettò, con orrore, il rovesciarsi dell’acqua dentro all’Oggetto pieno di gas.
Dal momento che la psicologia di queste creature è del tutto inesplicabile, mi limiterò soltanto a riassumere le poche immagini mentali che ricevetti durante il successivo, breve periodo. Furono queste immagini che, in qualche modo, spiegarono la storia dell’Oggetto.
Tanto per cominciare, si era trattato d’un esperimento scientifico. L’Oggetto era stato creato per contenere il gas dentro il quale quelle creature vivevano, consentendo poi che questo gas fosse calato nelle regioni della pressione. Le due creature appartenevano alla stessa specie, ma erano diverse in un modo per il quale noi non abbiamo pensiero. Una pensava a sé come ad un “uomo”, e l’altra come a una “donna”. Non avevano nessuna paura l’una dell’altra. Avevano accompagnato l’Oggetto allo scopo di registrare le loro osservazioni nella regione della pressione. Per effettuare queste osservazioni avevano sospeso l’Oggetto a un lungo tentacolo che partiva da uno di quei manufatti descritti da Glor.
Una volta che avessero osservato, avrebbero dovuto esser riportati a quel manufatto. Poi il gas sarebbe stato liberato e le due creature si sarebbero riunite ai loro compagni. Il fatto che due creature potessero rimanere assieme, e che entrambe si sentissero sicure, l’una in presenza dell’altra, è già uno strano pensiero. Ma i loro pensieri mi dissero che quaranta o cinquanta altri della loro stessa specie li aspettavano sul manufatto, tutti ugualmente privi dell’istinto di nutrirsi l’uno dell’altro.
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