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Damon Knight: Dio

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Damon Knight Dio

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Damon Knight, sulla scena della sf da molti decenni ormai, si è guadagnato una solida fama di scrittore (ricordiamo il celebre Il lastrico dell’inferno), come curatore di antologie e scopritore di nuovi talenti, e anche come saggista. Qui ci presenta, con una esposizione fredda e lineare che ben si adatta al tema, un tempo in cui uomini e donne possono vivere per sempre e sono spinti solo da una furiosa e vuota ricerca di divertimenti effimeri.

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— Qualcuno deve domare questo selvaggio — dice ansante lo sconfitto. — Io non ci riesco, è troppo sfuggente. Magari tu, Dio?

— Sta riposando — protesta Claire, ma gli altri in coro: — Oh, sì! — Solo un salto o due — dice Piet, fregandosi le mani e sfoderando un largo sorriso. — C’è un sacco di tempo prima che salga la marea… a meno che tu non te la senta.

Riluttante, Dio si alza. Con una smorfia, Piet si solleva al di sopra della sabbia. Dio lo segue, avvertendo la rigida spinta dei muscoli del torace e della schiena e la curiosa sensazione di pressione lungo la spina dorsale. I due uomini girano in tondo, salendo lentamente. Piet si contorce, mettendosi a testa in giù, e facendo scattare in avanti le braccia per afferrare le gambe di Dio. Dio scivola sopra di lui e, voltandosi, cerca di abbrancarlo. Ma Piet gli sfugge come un’anguilla e lo blocca con una presa al torace. Dio si piega contro quel petto rigido, con tutti i muscoli in tensione; sbilanciati, i due uomini rimangono sospesi per un attimo. Poi, improvvisamente, qualcosa nella forza che tiene Dio sospeso in aria viene a mancare. Insieme, cominciano a cadere, andando a sbattere violentemente sulla sabbia. Si ode un mormorio di sorpresa.

Dio si rialza. Piet è in ginocchio accanto a lui, pallido in viso, e con una mano premuta sul braccio. — È slogato? — chiese Mark, chinandosi per tastarlo delicatamente.

— Sono venuto giù di peso — dice Piet. — Non mi aspettavo… — indica Dio con il capo. — Questa è nuova.

— Be’, sbrighiamoci a sistemarlo o perderai lo spruzzo. — Piet appoggia il braccio dolorante sulle cosce. — Pronto? — Mark appoggia il piede nudo sul braccio, si piega in avanti e preme di scatto e con forza. Piet fa una smorfia e poi sorride: il braccio è a posto.

— Siediti e lascia che si saldi — dice l’altro. Si rivolge a Dio: — Cos’è questo?

Dio si sta accorgendo di un acuto dolore ad un dito e di un rivolo di sangue scuro. — Si è solo piegata leggermente un’unghia — dice Mark. — Premila, si chiuderà in un secondo.

Katha suggerisce un gioco con le parole e dopo un attimo sono tutti seduti in circolo, gridando sillabe a turno. Dio non è molto brillante: non riesce a dimenticare il sangue scuro che sgorga dalla punta del suo dito. Il cielo argenteo sembra distante e opprimente, lui è stanco del calore soffocante, dell’aria irrespirabile e della sabbia rovente sotto il suo corpo. Prova un senso di paura impotente, come se qualcosa di terribile fosse già successo, come se fosse troppo tardi.

Qualcuno dice: — È ora — e tutti si alzano in piedi scrollandosi la sabbia di dosso. — Vieni — gli sussurra Claire. — Non sei mai stato sopra lo spruzzo? È divertente.

— No. Devo tornare, ti chiamerò più tardi — dice Dio. Lei gli sfiora delicatamente il petto con le dita mentre lui la bacia, poi Dio si allontana. — Arrivederci — grida agli altri. — Arrivederci. — E voltandosi, cammina con passo strascicato sulla sabbia.

Gli altri, felici di essersi liberati di lui, si stanno dirigendo verso le rocce sopra il pelo dell’acqua. Uno spruzzo bianco e schiumoso si leva da una fenditura quando il mare irrompe all’interno di una caverna sottostante. L’acqua si ritira, lasciando uno specchio di sabbia umida che si asciuga nello spazio di un attimo. Poco più in là, un enorme maroso si è già riformato, solleva la sua cresta verde e si scaglia in avanti. — Non questa, la prossima — grida Tanno.

— Claire — dice Katha avvicinandosi, — è così strano. Hai notato il tuo amico? Quando se n’è andato, il dito gli sanguinava ancora.

Lo spruzzo bianco si sollevava in alto, provocando uno scoppio di risa nervose. — Che cosa? — chiede Claire. — Devi esserti sbagliata. Non poteva essere.

— Avanti adesso, state tutti vicini!

— Eppure — dice Katha, — stava sanguinando. — Nessuno le dà retta, ma lei ci è abituata.

In lontananza, l’ondata si gonfia minacciosa e viene in avanti, coronata di bianco; si solleva sempre più veloce, e mentre invade la caverna con un rombo che scuote il terreno, gli Immortali vengono scagliati in alto sul bianco spruzzo, gridando di gioia.

Dio è solo nelle sue stanze vuote e passeggia sul pavimento elastico, avvolto nel silenzio. Si ferma, e ad un suo cenno appare uno specchio sulla nuda parete; si sporge per scrutare il proprio volto grigio, e poi fa di nuovo scomparire lo specchio. Tutto intorno a lui incombe l’universo, enorme, inesorabile.

La striscia segnatempo sul muro è diventata quasi completamente nera: il giorno è finito. È rimasto solo per tutto il pomeriggio. I circuiti del telefono e della porta sono programmati per respingere le chiamate, anche quella di Claire. Il suo solo istinto è stato quello di nascondersi.

Un pezzo di stoffa gialla avvolge il dito ferito. Il sangue l’ha inzuppato, poi si è seccato ed ora è completamente appiccicato alla ferita. Il sangue si è fermato, ma l’unghia non si è ancora riattaccata. Qualcosa non va, in lui: com’è possibile una cosa del genere?

Sono giorni che lo sente arrivare, farsi sempre più vicino, invisibile. Ora è qui.

Sono passate otto ore, il suo dito non è ancora guarito.

Lui ricorda quell’attimo, sospeso in aria, quando gli è venuto a mancare il sostegno. Potrebbe succedere ancora? Allora pianta saldamente i piedi e si concentra, su , ed avverte il familiare irrigidirsi della schiena e del torace. Ma non succede nulla. Incredulo, tenta ancora. Nulla!

Il cuore gli martella nel petto; un senso di vertigine e di gelo. Barcolla, quasi cade. Non è possibile che questo stia accadendo a lui… aiuto, deve trovare aiuto. Sotto le sue dita tremanti l’indice telefonico si illumina: trova il nome di Claire, preme il selettore. A quest’ora sarà uscita, ma il registro di settore è in grado di trovarla. Lo schermo resta grigio. Lui aspetta. L’oscurità è un po’ più lontana. Claire lo aiuterà, penserà a qualcosa.

Lo schermo si illumina, ma compare solo la faccia neutra e grigia di un autosegretario. — Un momento, prego.

Lo schermo tremola: finalmente il viso di Ciaire!

— … è una registrazione, Dio. Quando non mi hai chiamato e io non sono riuscita a raggiungerti, ci sono rimasta molto male. So che sei occupato, ma… Be’, Piet mi ha chiesto di andare a Toria a giocare a polo, e ho deciso di accettare. Forse mi fermerò un paio di settimane per il festival dei fiori, o forse andrò a Roma. Mi dispiace, Dio, avevamo cominciato così bene. Forse davvero le classi non devono mescolarsi. Addio.

Lo schermo si oscura. Dio è in ginocchio e continua a fissarlo. — Non andartene — dice ansimando. — Non andare. — Il coraggio residuo lo abbandona; lacrime calde, salate, e piene di vergogna sgorgano dai suoi occhi.

La stanza è spoglia e luminosa, ma negli angoli si insinua l’oscurità, ripiegandosi verso l’alto, nera come l’ossidiana, pronta a balzare in avanti.

II

La folla al livello inferiore è un fiume di colori, blu elettrico, rosso scarlatto, giallo opaco, tutti brillanti, nitidi, vivaci. Profumi floreali si diffondono dalle morbide pieghe degli abiti; l’aria è piena di voci allegre e di risa. Di ritorno da cinque mesi passati a girovagare in Africa, Pacifico ed Europa, Claire è piacevolmente smarrita tra i marciapiedi mobili del Settore Venti. Dove una volta c’era la strada principale, ora c’è un labirinto di stradine anguste, piene di vivaci stendardi e dense di effluvi. I veicoli per le escursioni sono eleganti canestri di filigrana d’argento, sospesi con aerea grazia. Lei sale su uno di essi, e si innalza lungo il canyon di finestre descrivendo una lunga curva, oltrepassando terrazzi e balconi, cogliendo qua e là rapide e intime visioni di gente che non rivedrà mai più: qui una donna che dà da mangiare ad un piccolo pappagallo azzurro; là due bambini che la fissano stupiti da un giardino, entrambi con lunghi capelli biondi simili a denti di leone. Quanto tempo è passato dall’ultima volta che ha visto dei bambini! Cerca di immaginarsi che cosa si provi ad essere un bambino ora, in questo mondo immenso pieno di adulti, ma non ci riesce. I ricordi della sua infanzia sono così lontani, vaghi e bizzarri, come figure viste dal lato sbagliato di un binocolo. Ecco un uomo con una rigogliosa barba nera, che tiene una bottiglia in bilico sul naso davanti ad un gruppo di persone che ridono… ecco che cade! Ecco due coppie che si stanno baciando… il suo cuore batte più in fretta; si sente arrossire. Piet era diventato così noioso, dopo un po’; lei ora vuole dimenticarlo. Lo ha già dimenticato con la sua dolce e chiara voce di contralto, intona: — Dio, Dio, Dio…

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