Giovanna Esse - Peccati Erotici Delle Italiane, Volume I
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La cucina faceva parte di una sala ricavata da un unico grande ambiente che ospitava una serie di divani e un grande tavolo da pranzo. Sul fondo, davanti a unâampia vetrata, una lunga banchina di legno di noce faceva da spartiacque dalla zona cottura, che era bellissima. Tutta rivestita in tozzetti di ceramica; una sequenza infinita di calde sfumature: andavano dal giallo al marroncino. La casa di Flora era accogliente e pulita!
Da anni non sâincontravano e la madre di Nicòle si gustò quei momenti di spensieratezza.
«Se me lo avesse predetto unâindovina, non ci avrei creduto⦠così lontane da casa, e ritrovarci qui. Sono proprio contenta!» Mentre Franca, era vivace, a volte quasi aggressiva, Flora aveva un carattere allegro, ma parlava meno. Era una di quelle persone che ti danno sicurezza: un sorriso quieto accompagnava ogni suo gesto, e guardarla preparare il tè era rilassante, conforme a tutto lâambiente, che si era creata intorno.
A Nicòle piacque subito quella figura di donna matura e prosperosa, con i seni generosi che premevano sotto il camice sottile che indossava per casa.
«Nicòle, preferisci la cioccolata calda?» chiese Flora con la sua voce carezzevole e la ragazza non seppe resistere.
«Oh, sì, per favore! La ringrazio» rispose, mentre ispezionava la casa con lo sguardo.
«Dammi pure del tu, Nicòle: non sono mica una vecchietta, come la tua mamma!» rise, sgranando quei suoi denti piccoli e bianchi che sembravano perline. Franca protestò ma bonariamente.
«Vieni Nicòle, forse ho qualcosa per te. Dovrebbe piacerti più delle nostre chiacchiere» e fece strada verso la zona living, dove un grosso televisore troneggiava su un tavolino, zeppo di film in DVD.
«Qui dovresti trovare qualcosa di adatto a te; la figlia di mio fratello lascia in giro un sacco di questi dischetti, Ha più o meno la tua età .»
«Uaho!» esclamò estasiata lei, scartabellando tra le custodie di plastica «ma questo è lâultimo concerto del mio cantante preferito. Per favore, per favoreâ¦!» proseguì, cercando di fare la migliore interpretazione di âocchi da cerbiattoâ mai eseguita, «Posso guardarlo?» Flora dovette fare uno sforzo, per non restare immobile e godersi quegli stupendi occhioni languidi. Sbrigativa replicò:
«Ah, cara mia, per me, te lo puoi anche sposare, non guardo mai âcosiâ moderni.»
«Nicòle! Guarda che tra breve torniamo a casa!» Urlò Franca in direzione del salotto, dove sua figlia si era già impossessata del telecomando. Con la maestria tipica dei giovani, aveva già eseguito tutte le manovre per far partire il film, sul grande schermo piatto.
«Dobbiamo rientrare presto.» poi, a Flora, «Sai cara, non stavo nella pelle dalla voglia di rivederti, ma siamo appena arrivati⦠figurati che a casa ho ancora gli operai che montano i mobili, e lunedì dobbiamo già prendere servizio.» Intanto Flora, incurante del tornado che scatenava sempre Franca, continuò metodica le sue operazioni: servì un buon tè per entrambe sul tavolo della cucina e poi raggiunse Nicòle, con una tazza di cioccolata fumante e un piatto di biscotti fatti in casa, che sparirono presto dal vassoio.
Franca, intanto, era già in piedi, scattata come una molla:
«Dai, sono curiosa di vedere la tua casa!» disse, e intanto indicava segretamente, col mento, sua figlia che, ignara, si era già lasciata rapire dalle immagini. Flora comprese e, con la sua tazza tra le mani, fece strada allâamica verso le scale, che portavano al piano superiore. Câerano due camere e un bagno, molto comodo e spazioso.
«Ma è carinissima: che bella! E queste mattonelle: deliziose. Ti spiace se approfitto?»
«Ma scherzi? Fa come se fossi a casa tua.» rispose lâospite guardando lâamica che, rapidamente, si abbassò pantaloni e collant, per urinare. «Vengono dallâItalia» continuò Flora, indicando le mattonelle. «Vietri sul Mare, per la precisione; i listoni sono decorati a mano, uno per uno. Piacciono tanto anche a me. Hanno i colori forti che si nascono nei posti in cui il sole è splendente.» Mentre Franca si ricomponeva dandosi una controllata davanti al grande specchio molato, incassato nellâintonaco e circondato da una cornice di ceramiche, Franca si fece più confidenziale nei toni, e raccontò rapidamente le sue ultime peripezie.
Erano in un momento di sbandamento totale. Il suo compagno, il padre di Nicòle, era stato trasferito in fretta dalla loro città . Lei, per fortuna, aveva trovato impiego, grazie allâaiuto di un collega. Un lavoro da cassiera, e spesso le sarebbe toccato svolgere il turno serale, ma non si lamentava, dopotutto l'importante era avere già un lavoro. Franca amava molto le apparenze e con pochi soldi non sapeva arrangiare⦠lui aveva altri due figli, frutto del primo matrimonio, ma erano grandi; i giovani si erano trasferiti per necessità , ma presto si sarebbero organizzati per andare a vivere a Parigi, dove avrebbero frequentato l'Università .
Flora la seguiva quieta, sorbendo il the e cercando di non perdersi, in quelle descrizioni frettolose. Lâamica le aveva accennato qualcosa riguardo a un certo âaiutoâ su cui contava; stava ad ascoltare attentamente, per capire dove sarebbe andata a parare. Il problema di Franca non era solo pratico: tutta la famiglia stava attraversando un momento di confusione e lei cercava di fare del suo meglio. I figli maggiori, irritati dal trasloco forzato, erano diventati intrattabili. La sua convivenza rischiava di sgretolarsi, a causa di una relazione del marito con una collega; infine, Franca era depressa, e cercava, a sua volta, qualcosa di diverso... Vecchi problemi irrisolti si erano insinuati nella famiglia e ora ne stavano minando i rapporti.
«La piccola è agitata, è nervosa» continuò Franca «e la nostra famiglia è talmente scombinata⦠Siamo incerti sulle scelte da compiere.» la fissò, «Ecco: vorrei aï¬darti Nicòle, per il doposcuola, aï¬nché tu possa insegnarle la lingua e aiutarla a passare questo momento così complicato. Naturalmente sarai retribuita. à ovvio! Ti prego, non me la sento di aï¬darla a unâestranea in un paese che non conosce. Per lei sarebbe solo un ulteriore trauma e, francamente, vorrei evitarlo.»
Flora la interruppe, alzando decisa una mano:
«Alt, tesoro mio!» intervenne. «Non è una questione di soldi, figurati. Ma ciò che mi chiedi è una grande responsabilità . Cosa ti fa credere, poi, che le maioliche italiane e la cucina in veranda rappresentino il paradiso?» La squadrò quasi oï¬esa. «Anchâio ho una mia vita, sai? Vivo da sola ma non vuol dire che non abbia qualcuno e, soprattutto, anchâio ho i miei problemi, purtroppo.» E il suo viso si ammantò di una delicata tristezza. I loro occhi sâincrociarono. Flora sorrise, rivedendo lo sguardo sparuto di Franca; sembrava lei la bambina confusa, adesso.
«Oh, insomma» disse infine risoluta. «Va bene! Facciamo una settimana di prova, ok?» Franca annuì, aveva la stessa aria di un cane che scodinzola.
«Però voglio sapere con precisione i giorni in cui la ragazza verrà da me. Posso riceverla dalle tre. Non prima. Sono impegnata col lavoro e altro⦠e la sera, a casa, per le venti!»
Più tardi, da sola nel lettone, Flora a occhi chiusi tornò con la mente alle emozioni che le aveva suscitato lâincontro con la giovane Nicòle. Le forme acerbe, i seni piccoli e, di certo, duri come il marmo...
A quel punto, i suoi pensieri si illanguidirono, immaginando il fiore acerbo, che la giovane custodiva. Avrebbe pagato per poterlo almeno ammirare, odorare, ma non poteva che restare un sogno. I suoi pensieri, però, diventavano sempre più lascivi, nonostante gli sforzi per distogliere la mente. Allora le immagini, che in quel momento creava con la fantasia, si confusero con i ricordi del passato. Il volto della giovane si sovrappose a quello della madre, quando era giovane e fresca. La rivide, mentre abbassava la testa, dai capelli fluenti, e si tuï¬ava sul suo corpo, odoroso di puro piacere. La lingua di Franca la cercava, allora, insaziabile. Ricordò tutte le volte in cui aveva ricambiato quellâesasperante frugare, con la bocca, negli spazi segreti dellâaltra. Il corpo, sognato, di Franca giovane, nellâeccitazione che si era impadronita di lei, si confondeva con quella di unâaltra. Una donna sconosciuta dai contorni indefiniti, illuminata da una luce dietro le spalle, che ne occultava i lineamenti. Poco dopo, però, fresca come fosse rorida di rugiada, appariva l'innocente visione di Nicòle.
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