“Tu? Sei un tecnico di laboratorio. Pensi che chiunque ti proporrebbe un contratto da duecentomila dollari? Questa era la tua possibilità, la nostra possibilità . Il Prossimo Passo è una cosa costosa, Mia.” Calò il silenzio.
Mia stava fissando il suo fidanzato, stupefatta. Mark non le aveva mai parlato così. Si sentiva mortificata, ferita e confusa. Le relazioni erano una situazione in cui ci si aiutava quando le cose diventavano difficili, o no? La signora al tavolo accanto la guardava con compassione.
“Cosa vorresti dire? Ti ho raccontato quello che è successo. Sono stata il fulcro nella creazione di quel medicinale. Non sono solo un tecnico di laboratorio. Sono un fantastico tecnico di laboratorio.”
“È solo che a me sembra che il lavoro qui lo faccio tutto io,” disse Mark scrollando le spalle.
Mia sentì le lacrime salirle agli occhi. Ricacciò indietro i suoi sentimenti prima che lui potesse vedere quanto l’aveva ferita. Come avevano fatto le cose a precipitare così rapidamente? Forse era meglio se ora tagliava la testa al toro e gli diceva come si sentiva.
“Senti, Mark. Il lavoro in laboratorio mi piace, ma le dinamiche e l’organizzazione sono frustranti. Quello che voglio veramente è far funzionare The Vortex .”
Mark parve sgonfiarsi davanti ai suoi occhi. La rabbia evaporò e lui sprofondò nella sua sedia.
“… Vedi? Ecco qual è il problema. Non sei seria, Mia. Continui sempre a sognare.”
“Ma essere una coppia non dovrebbe significare supportarsi a vicenda nei propri sogni?”
“No, se sono sogni del piffero! Cosa vuoi da me, Mia. Dimmi solo quello che vuoi.”
“Che ne dici di fare il Prossimo Passo con me? Siamo fidanzati da due anni. Non dovremmo andare a vivere insieme? Fissare la data per il matrimonio? Iniziare a fare programmi?”
“Non è così semplice, Mia. Ci sono un sacco di considerazioni da fare.” Mark scrollò ancora le spalle e la guardò dritta negli occhi.
“Ma potremmo semplificare le cose, Mark. Potremmo scappare insieme. A me non frega niente di anelli e inviti di nozze, e a te?”
Questa volta non rispose, ma continuò a tenere gli occhi bassi, perso nei suoi pensieri. Poi scosse la testa.
“Senti, è un po’ che ci penso. Forse dovremmo prenderci una pausa.”
Mia si sentì sprofondare il cuore sotto ai piedi, come quando si trovava su una di quelle montagne russe dove Frank la portava, quelle che salivano lentamente fino in cima e poi precipitavano giù velocissime dall’altra parte.
Mark la stava lasciando?
“Cosa intendi dire?” gli chiese, sentendosi tradita, confusa e ferita. “Stai rompendo il nostro fidanzamento?”
Mark era irrequieto sulla sua sedia, quasi incapace di guardarla negli occhi.
“Penso solo che non stia funzionando,” disse alla fine.
Mia lo fissò. Da quanto la pensava così? Da quando si era trasferito a New York per inseguire la sua carriera nella finanza, era stato evasivo. Fino ad ora, lei aveva imputato il suo comportamento allo stress del nuovo lavoro. Adesso si rendeva conto che c’era qualcosa di più profondo.
“Ricordo quando anche tu avevi un sogno, Mark. Volevi creare una community online che facesse da punto d’incontro tra mentori e aspiranti imprenditori del terzo mondo. Cos’è successo a quel ragazzo?”
“È cresciuto,” disse Mark con tono calmo. “Quello che voglio diventare adesso, è un gestore di fondi speculativi. E sei cambiata anche tu Mia, lo sai benissimo.”
“Forse hai ragione,” gli disse, sentendo le lacrime che minacciavano di tornare. Non voleva che Mark la vedesse piangere. Cacciò giù i propri sentimenti feriti. La verità era che si erano allontanati. Lui era ancora un bravo ragazzo. Ma la sua compassione era stata eclissata dall’ambizione.
“Sai, Mark, una volta credevi in un mondo migliore. Ora non sono più sicura di cosa credi. Ma so che non credi in me.”
Sperava che avrebbe ribattuto alle sue parole, che le avrebbe detto che si sbagliava, e invece fece solo segno alla cameriera di portare il conto. Rimasero in silenzio ad aspettare. Non era rimasto altro da dire.
Mia prese il telefono dalla borsetta e aprì la app Uber per chiamare un’auto.
“Devo prendere le mie cose dalla tua macchina.”
Mark pagò il conto e la seguì fuori. L’auto che mia aveva chiamato arrivò e lei vi mise dentro le sue borse. Poi si voltò verso Mark e lo guardò negli occhi per l’ultima volta.
“Senti, magari potremmo…” le disse lui.
“… Dovresti andare a vedere lo spettacolo. Aspettando Godot parla dell’attesa di qualcosa che non succederà mai, un po’ come io che aspettavo il nostro Prossimo Passo. Addio, Mark.” Lo baciò sulla guancia e si infilò nell’Uber. Mentre l’auto partiva, iniziò a cadere una fredda pioggia.
Mia si svegliò sotto a un groviglio di coperte stropicciate. Per un breve momento le parve una mattina come tutte le altre. Il sole stava brillando dietro alle imposte e il rumore del traffico iniziava a farsi più intenso. Sul suo telefono arrivò una notifica. Nervosamente lo afferrò: magari Mark aveva cambiato idea e la chiamava per parlarne? Controllò messaggi e email. A parte un principe nigeriano che chiedeva le sue credenziali bancarie, la sua casella era vuota. Sprofondò nuovamente sul suo cuscino, triste e avvilita.
Uff, ieri è stato il giorno peggiore della mia vita!
Il ricordo della totale mancanza di appoggio da parte di Mark era ancora vivido e doloroso. E poi le faceva male la testa. Oh sì, ora ricordava. Era rimasta sveglia fino a tardi con una bottiglia di Pinot a guardare repliche di Cacciatori di fantasmi . Quindi questo era il primo giorno di ciò che restava della sua vita. Il grande spazio vuoto che costituiva il suo futuro sembrava schiacciante. Il telefono suonò, ridestandola dai suoi pensieri. Era Mark? Si strofinò gli occhi e fissò lo schermo mentre le tornava in mente un promemoria molto spiacevole.
Ore 18.30 di stasera. Cena I&P.
No!
La cena annuale dell’Incatramata con piume veniva organizzata dai Middleton ogni primavera in onore dell’illustre antenato della famiglia – Arthur Middleton – che era stato un grosso fan della citata punizione, riservata agli oppositori durante la Rivoluzione Americana. Mia aveva la netta sensazione che non appena avesse detto alla sua famiglia che nello stesso giorno aveva perso lavoro e fidanzato, sarebbe stata lei a finire ricoperta di catrame e piume.
Si tirò le coperte sopra alla testa. Starsene seduta alla cena dei Middleton con tutte le loro stupide domande e le scuse che lei avrebbe dovuto porgere, era l’ultima cosa che voleva. Tirerò fuori una scusa , pensò, appena mi passa questa balla e il mio cervello ricomincia a funzionare .
Percependo il suo bisogno di compagnia, Tandy saltò sul letto e premette il muso contro la sua spalla. Mia si era fermata a prenderlo tornando verso casa, dicendo a Brynn che aveva mal di testa e che la serata era finita presto. Mia sbirciò fuori dalle coperte e lo vide intento a fissarla incuriosito, i suoi occhi marroni stranamente comprensivi e compassionevoli. Come a volerla rassicurare, le leccò la mano.
“Hai ragione,” gli disse, gettando via le coperte. Sentì girare un poco la testa quando si mise a sedere e fece un respiro profondo. Non poteva permettersi di provare pena per se stessa. C’erano un milione di cose da fare. Tandy saltò giù dal letto e iniziò a correre qua e là, contento che si fosse alzata e si stesse muovendo.
Mia andò in bagno, si lavò il viso dagli ultimi residui di make-up della sera precedente e si spazzolò i capelli. Poi mandò giù tre aspirine con il suo caffè, si infilò una tutta e portò Tandy a fare una corsa. Trenta minuti e tre miglia più tardi, era tornata nel suo loft, arrossata, sudata e leggermente rinvigorita. Si fece una doccia e si vestì. Oggi non serve nessuna camicia ordinata , pensò.
Читать дальше