Iain Banks - Complicità
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- Название:Complicità
- Автор:
- Издательство:Longanesi
- Жанр:
- Год:1996
- Город:Milano
- ISBN:88-304-1337-2
- Рейтинг книги:3 / 5. Голосов: 1
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Pur essendo alto più o meno come la moglie, ormai si era un po’ ingobbito. Indossava una vestaglia. Di solito pareva il modello del gentiluomo di campagna, l’archetipo del proprietario terriero con abito di tweed tre pezzi, scarpe dalla suola grossa, camicia a quadri e berretto; quando il tempo diventava particolarmente brutto, poi, ricorreva a un vecchio Barbour impermeabilizzato più volte. Non l’avevo mai visto indossare qualcosa di morbido, di così umano come un paio di calzoni sformati, una camicia con il collo aperto e una vestaglia… Il volto forte e squadrato era teso, e i radi capelli castani tutti spettinati. Quando mi vide, si avvicinò, mi strinse una mano e disse: «Una cosa terribile, una cosa terribile». Ripeté la frase varie volte, mentre dalla porta aperta della biblioteca usciva, suonata a tutto volume, una melodia di Beethoven; la moglie allungò una mano per lisciargli i capelli arruffati. Senza neppure cercare il mio sguardo, l’uomo fissò un punto dietro le mie spalle, ed ebbi l’impressione che, al pari della moglie, stesse aspettando di veder succedere qualcosa d’importante oppure che attendesse qualcuno destinato ad arrivare da un momento all’altro; parevano entrambi incapaci di credere a quanto era appena accaduto, convinti che tutto non fosse altro che un sogno oppure un orribile scherzo. Sembravano in attesa che Clare entrasse dalla porta, togliendosi con un calcio gli stivali gialli, sporchi di fango, e reclamando a gran voce una tazza di tè.
Andy era fuori, a sparare. Sentivo l’abbaiare del fucile mentre mi allontanavo dalla casa e attraversavo il bosco cupo e grondante d’acqua, cercando di evitare il sentiero fangoso e di camminare sull’erba morta e appiattita ai lati, in modo da non inzupparmi le scarpe.
Il campo era circondato dagli alberi e dava sul fiume a monte del lago. In quel momento, il fiume non si vedeva, ma quella settimana aveva piovuto molto e il corso d’acqua aveva allagato un angolo del campo, lasciando una specie di laghetto poco profondo nel quale si rifletteva l’argento scuro e opaco delle nuvole. La superficie era piatta e immobile.
Su questo lato del campo c’era un piccolo spiazzo semicircolare di ghiaia, circondato interamente da assi di legno: lungo il bordo frontale dello spiazzo erano disposti sei paletti, ognuno sormontato da una piccola tavola, una sorta di vassoio. A una ventina di metri dallo spiazzo di ghiaia c’era una collinetta di terra che nascondeva il meccanismo di lancio dei piattelli. Sui due lati, a distanza più o meno uguale, si scorgevano altre due collinette. A mano a mano che mi avvicinavo, sentivo più chiaramente il piccolo generatore che borbottava dalla montagnola centrale. Uscii dagli alberi e guardai in basso, verso il punto in cui si trovava Andy. Mi fermai un istante a osservarlo.
Indossava calzoni di velluto a coste, camicia, maglione e gilet imbottito. Su uno dei paletti vicini era appeso un berretto. Andy era molto abbronzato. Sul ripiano davanti a lui c’era una scatola di cartucce aperta; da un interruttore a pedale posto ai suoi piedi partiva un lungo tubo flessibile che azionava la catapulta per il lancio dei piattelli. Andy infilò sei cartucce nel fucile a pompa a canna lunga e si voltò per mirare.
Premette il piede una volta e il piattello schizzò fuori dal suo nascondiglio, volteggiando nel grigio in un turbinio di arancione fosforescente. Il fucile tuonò e il piattello si disintegrò sopra il campo. Guardando meglio, vidi che l’erba fradicia e il terreno marrone e lucido del campo erano coperti di frammenti arancioni.
Il generatore che forniva la corrente alla catapulta andava su e giù di giri tra un lancio e l’altro; il braccio di lancio aveva un meccanismo di variazione casuale della traiettoria: ogni volta, infatti, i piattelli uscivano con angolatura e direzione diverse. Andy li centrò tutti al primo colpo, tranne l’ultimo. Tentò addirittura di ricaricare in fretta per poter effettuare un secondo tiro, ma, prima che lui riuscisse a infilare la cartuccia nel fucile, il piattello cade nell’erica bagnata vicino al fiume.
Andy si strinse nelle spalle, rimise la cartuccia nella scatola, controllò il fucile e si girò verso di me. «Ciao, Cameron», disse; capii che si era accorto della mia presenza fin dall’inizio. Depose con cautela il fucile a pompa in una custodia posata sulla ghiaia.
«Ciao», mormorai, avvicinandomi a lui. Aveva l’aria stanca. Ci stringemmo la mano, leggermente imbarazzati, poi ci abbracciammo. Aveva un vago odore di fumo.
«Fottuta cultura squadrista! Tutti in adorazione della fottuta Maggie e dei loro bull-terrier, a ingozzarsi e ubriacarsi di birra e poi a mostrare tutti insieme il culo dai finestrini dell’autobus e a fare vasche su e giù per il centro con le loro giacche mimetizzate. Sì, a me le arti marziali mi piacciono un casino, no, non sono un fottuto nazi, faccio soltanto collezione di oggetti militari, no, non sono razzista, odio solamente i negri. Però preferiscono le riviste di armi alle armi vere. Ci scommetto che se lo menano sulle foto a colori di una Luger cromata. Metà di loro è convinta che Elvis Presley sia ancora vivo, manica di stronzi rottinculo! Quegli stupidi bastardi se lo meritano che i fottuti irlandesi li facciano a pezzi, una volta ho visto l’interno di un’autoblinda, l’avevano fatta saltare e ridotta in mille pezzi, era saltata in aria per trenta metri e poi era rotolata lungo il fianco di una collina, sino in fondo, e noi avevamo fatto a turno a guardarci dentro, per dimostrare che eravamo veri uomini, sembrava l’interno di un macello…»
Ero seduto con Andy e lui continuava a blaterare. Stavamo bevendo whisky. Andy aveva una grande stanza al secondo piano della casa di Strathspeld: vi avevamo giocato da piccoli, costruendo modellini e combattendo con i soldatini; c’erano il trenino elettrico, i carri armati Airfix e i fortini fatti con il Lego; avevamo fatto esperimenti con il Piccolo chimico , avevamo giocato con la pista Scalextric, avevamo lanciato alianti dalla finestra verso il prato, avevamo sparato ai bersagli in giardino con i fucili ad aria compressa, uccidendo anche un paio di uccellini, e avevamo persino fumato qualche pacchetto di sigarette proibite. E, sempre alla stessa finestra, avevamo fumato anche innumerevoli spinelli, ascoltando dischi in compagnia di altri amici del villaggio, e di Clare.
«Perché la gente è così fottutamente incompetente?» urlò all’improvviso Andy, e scagliò il bicchiere di whisky dall’altro lato della stanza. Andò a colpire la parete di fianco alla finestra e si ruppe. Mi tornò in mente la pila di bicchieri da champagne che si era disintegrata al Museo della scienza, soltanto quattro anni prima. Il whisky rimasto nel bicchiere formò una chiazza marroncina sul muro. Rimasi a fissare il liquido che colava lentamente.
«Scusa», borbottò Andy, per niente dispiaciuto, alzandosi malfermo dalla poltrona e andando verso il punto in cui, sulla moquette, giacevano i pezzi di bicchiere rotto. Si chinò e cominciò a raccoglierli, quindi li lasciò ricadere, si accucciò, si coprì il volto con le mani e cominciò a piangere.
Lo lasciai piangere per un po’, poi andai da lui, mi accucciai al suo fianco e gli posai una mano sulla spalla.
«Perché la gente è così fottutamente inutile?» singhiozzò. «Ti mollano, non sanno fare il loro mestiere! Quel pezzo di merda di Halziel! Quel coglione del capitano Lingary, lui e la sua fottuta medaglia al valore… Tutti stronzi!»
Si alzò, staccandosi da me. Si avviò barcollando verso un cassettone di legno e tirò fuori un cassetto che cadde rumorosamente per terra, rovesciando numerosi maglioni. S’inginocchiò e allungò una mano dietro il cassetto; sentii il rumore di un nastro adesivo che veniva strappato.
Andy si rialzò, reggendo una pistola automatica; poi cercò d’infilare un caricatore. «Preparati per una bella lobotomia, mio caro dottor Halziel del cazzo», biascicò, sempre piangendo e cercando inutilmente d’inserire il caricatore nella pistola.
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