Per qualche minuto di puro terrore non si udì alcun rumore. David e Angela trattennero il respiro ed entrambi pensarono che Van Slyke si stesse chiedendo perché le luci fossero accese.
Poi, con loro grande sorpresa, i passi si allontanarono fino a non essere più udibili.
«Dov’è andato?» sussurrò Angela.
«Vorrei proprio saperlo», le rispose David. «Non mi piace non sapere dov’è. Questo posto lui lo conosce fin. troppo bene. Potrebbe prenderci alle spalle.»
Angela si voltò a guardare le scale della cantina. L’idea di Van Slyke che saltava loro addosso all’improvviso le fece venire i brividi.
Per qualche minuto restarono immobili, sforzandosi di sentire ogni minimo rumore. Il silenzio della casa aveva un che di spettrale. Alla fine, David riaprì la porta e ritornò in cucina, facendo segno alla moglie di fare altrettanto.
«Forse non era Van Slyke», sussurrò Angela.
«Doveva essere lui», replicò David.
«Usciamo subito di qui. Se rimango qui troppo a lungo, ho paura che Nikki scenda dalla macchina.»
«Che cosa?» sussurrò David. «Nikki è qui?»
«Non l’ho potata lasciare da tua madre. Ha insistito per venire con me e io non avevo tempo di discutere con lei o di spiegare la situazione a Jeannie.»
«Oh, mio Dio! E se Van Slyke l’ha vista?»
«Pensi che possa averla vista?»
David fece cenno ad Angela di seguirlo. Arrivarono alla porta che dava sul cortile e l’aprirono più silenziosamente che poterono. Fuori era completamente buio. L’automobile di Van Slyke era a qualche metro di distanza, ma di lui non c’era traccia.
David disse ad Angela di rimanere ferma e scattò verso l’auto impugnando il fucile. Le girò intorno, guardando dentro attraverso i finestrini, e si assicurò che non ci fosse nessuno, poi fece cenno ad Angela di raggiungerlo.
«Evitiamo di camminare sulla ghiaia», le suggerì. «Fa troppo rumore. Rimaniamo sull’erba. Dove hai parcheggiato?»
«Proprio dietro di te.»
David andò avanti e Angela lo seguì. Quando raggiunsero la strada, videro che i loro peggiori timori si erano realizzati. Alla luce di un lampione, scorsero la sagoma di Van Slyke al posto di guida della Cherokee di Jeannie. Nikki era seduta accanto a lui.
«Oh, no!» esclamò Angela, lanciandosi istintivamente in avanti, ma David la bloccò.
Si guardarono, colmi di orrore, e lei sussurrò: «Dobbiamo fare qualcosa!»
«Dobbiamo analizzare la situazione», replicò lui, guardando la Cherokee.
«Pensi che abbia una rivoltella?» domandò Angela.
«Ce l’ha, lo so», rispose lui.
«Forse dovremmo chiedere aiuto.»
«Ci vorrebbe troppo tempo e poi Robertson e i suoi non avrebbero la più pallida idea di come gestire una situazione come questa, ammesso che ci prendano sul serio. Dobbiamo cavarcela da soli e fare allontanare Nikki quel tanto che basta per potere usare il fucile, se ne avessimo bisogno.»
Per qualche interminabile istante rimasero a fissare l’auto.
«Dammi le chiavi», disse poi David. «Magari ha chiuso le portiere dall’interno.»
«Sono in macchina», rispose Angela.
«Oh, no! Potrebbe andarsene via con Nikki.»
«Mio Dio!»
«La faccenda sta peggiorando sempre di più. Però, ci hai fatto caso? Per tutto il tempo che siamo rimasti a guardare, Van Slyke non si è mosso. L’ultima volta che l’ho visto era agitatissimo, non riusciva a stare fermo un secondo.»
«È vero. Sembra che stiano parlando con calma.»
«Se Van Slyke è distratto, noi potremmo scivolare dietro la macchina», propose David. «Poi tu potresti andare da un lato e io dall’altro. Apriamo le portiere contemporaneamente, poi tu tiri giù Nikki e io punto il fucile contro di lui.»
«Mio Dio! Non pensi che in questo modo corriamo troppi rischi?»
«Dammi un’idea migliore. Nikki deve scendere da lì prima che a Van Slyke venga in mente di andarsene con lei.»
«Va bene», accettò Angela, riluttante.
Attraversarono la strada tenendosi a una certa distanza dalla Cherokee, poi si avvicinarono da dietro, rimanendo accucciati per non farsi vedere. Alla fine arrivarono proprio dietro l’auto e si acquattarono nella sua ombra.
David avanzò piano fino a trovarsi all’altezza della portiera posteriore e sollevandosi vide che non erano state messe le sicure.
«Finalmente qualcosa che va per il verso giusto», sussurrò Angela, quando lui tornò indietro e glielo disse.
«Bene, sei pronta?» le chiese lui.
«Aspetta un momento», replicò Angela, afferrandolo per un braccio. «Più penso al tuo piano e meno mi piace. Non credo che dovremmo metterci ognuno da un lato. Dovremmo arrivare tutti e due dalla parte di Nikki. Tu apri la portiera e io la tiro fuori.»
David ci pensò un momento, poi si dichiarò d’accordo. La cosa importante era fare in modo che Nikki si allontanasse da Van Slyke e il piano di Angela aveva maggiori probabilità di successo. Il problema era come affrontare Van Slyke una volta che la bimba fosse in salvo.
«D’accordo, allora», disse lui. «Al mio segnale, spalanchiamo la portiera.»
Angela annuì.
David prese il fucile e lo tenne con la mano sinistra, poi girò intorno alla moglie per trovarsi sul lato destro dell’auto. Avanzò lentamente, rimanendo accucciato e stringendo il fucile al petto. Quando arrivò all’altezza della portiera posteriore, si voltò a vedere se Angela era dietro di lui. Lei era lì. Allora si preparò a balzare in avanti, ma prima che potesse dare alla moglie il segnale convenuto, la portiera di Nikki si aprì e la bimba si sporse fuori. Nel vedere i genitori accucciati lì di fianco, rimase sconcertata.
«Che cosa state facendo?» domandò.
David balzò in avanti e spalancò completamente la portiera. Nikki perse l’equilibrio e cadde fuori dall’auto. Angela si gettò verso di lei, l’afferrò e la trascinò nell’erba, facendola gridare per il male e per lo spavento.
David puntò il fucile contro Van Slyke, pronto a premere il grilletto, se ce ne fosse stato bisogno, ma l’altro non aveva la rivoltella e non provò neppure a scappare. Non si mosse nemmeno. Si limitò a guardare David con un viso completamente privo di espressione.
David si avvicinò guardingo e lui rimase seduto immobile, le mani in grembo. Non sembrava affatto lo psicotico in preda a crisi maniacale di poco prima.
«Che cosa succede?» gridò Nikki. «Perché mi hai tirata giù in questo modo? Mi hai fatto male alla gamba.»
«Mi dispiace», si scusò Angela. «Ero preoccupata per te. L’uomo seduto accanto a te è lo stesso che ieri sera è venuto a casa nostra con quell’orrenda maschera da rettile.»
«Non può essere!» esclamò la bimba, asciugandosi le lacrime. «Il signor Van Slyke mi ha detto che doveva restare a parlare con me fin quando foste ritornati voi.»
«Di che cosa ti ha parlato?»
«Di quando aveva la mia età e mi ha detto che è stato un periodo meraviglioso.»
«La sua infanzia non è stata affatto meravigliosa», la contraddisse David, senza perdere di vista Van Slyke, che continuava a rimanere immobile. Sempre tenendogli il fucile puntato contro, gli si avvicinò e gli chiese se stava bene.
«Sto bene», gli rispose lui. «Mio padre mi portava sempre al cinema, tutte le volte che volevo.»
Tenendolo sotto tiro, David girò davanti alla macchina e aprì la portiera del guidatore. Van Slyke non si era mosso, ma lo aveva seguito con lo sguardo e adesso lo fissava.
«Dov’è la pistola?» gli chiese David.
«Pistola sola gola vola», scandì lui.
David lo afferrò per un braccio e lo tirò giù dall’auto. Angela gli urlò di stare attento. Aveva udito le parole di Van Slyke e spiegò al marito che l’uomo stava facendo delle associazioni sonore: era evidentemente in piena crisi psicotica.
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