RAYMOND CHANDLER - TROPPO TARDI

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Alle otto e un quarto arrivo Christy French e mi si pianto vicino, col cappello quasi sulla nuca e due pennellate nere sotto gli occhi.

Lo guardai, poi guardai l'omino al di la della tavola. Ma l'omino non c'era piu. Nemmeno le carte c'erano piu. Non c'era piu nulla, se non una sedia, accostata ordinatamente al tavolo e i piatti in cui avevamo mangiato, ammonticchiati sul vassoio. Per un istante provai una sensazione fredda d'irrealta.

Poi Christy French giro attorno al tavolo, tiro indietro la sedia con violenza, si sedette e appoggio il mento su una mano. Tolse il cappello e si passo le dita fra i capelli. Poi mi fisso, con gli occhi duri, imbronciati. Ero tornato nel regno della polizia.

CAPITOLO XXX

– Il Procuratore Distrettuale vuol vedervi alle nove – annunzio French. – E dopo, immagino, potrete andarvene a casa. Sempre che il Procuratore non vi incrimini legalmente di qualcosa. Mi spiace che abbiate dovuto passare la notte su una sedia.

– Niente di male. Avevo bisogno d'un po' di ginnastica.

– Gia, ritorniamo all'ordinaria amministrazione – osservo il tenente, fissando con aria tetra i piatti sul vassoio.

– Preso Lagardie? – domandai.

– No. Pero e proprio un medico. – Mi guardo dritto negli occhi. – Esercitava a Cleveland.

– Mi secca infinitamente essere cosi esatto – dichiarai.

– Che cosa intendete?

– Il giovane Quest voleva ricattare Steelgrave. Cosi, per puro caso si imbatte nell'unico uomo di tutta Bay City che puo provare l'identita di Steelgrave. Tutta questa storia e troppo conseguente.

– Non avete dimenticato nulla?

– Sono abbastanza stanco da dimenticare il mio nome. Che cosa ho dimenticato?

– Anch'io sono stanco morto – dichiaro French e prosegui. – Qualcuno deve aver detto a Quest chi era Steelgrave. Quando l'istantanea e stata presa non avevano ancora fatto la pelle a Moe Stein. Cosi che senso aveva la foto se nessuno sapeva chi era Steelgrave?

– La signorina Weld lo sapeva, immagino – obiettai. – E Quest era suo fratello.

– Quel che dite non ha molto senso, brav'uomo. – French mi rivolse un sorriso stanco. – Vi pare plausibile che la ragazza abbia aiutato il fratello a ricattare il suo amico… nonche lei, in persona?

– Ci rinuncio. Forse la foto e stata un caso, un colpo di fortuna. L'altra sorella… la mia ex cliente… m'ha detto che il ragazzo si divertiva a fotografare la gente di sorpresa. Il piu di sorpresa possibile. Se fosse vissuto a sufficienza avreste dovuto metterlo al fresco per tentato ricatto.

– Per omicidio – corresse French, con aria indifferente.

– Eh?

– Maglashan l'aveva trovato, lo scalpello da ghiaccio. Solo che a voi non aveva voluto dirlo.

– Dovrebbero esserci delle prove piu sostanziali.

– Ce ne sono. Ma non vale la pena di scomodarsi. Clausen e "Fila-Via"

Marston erano entrambi pregiudicati. Il ragazzo e morto. Veniva da una famiglia rispettabile. Ma gli mancava qualche rotella e si era messo con della gente losca. Inutile infangare una famiglia solo per provare che la polizia e capace di risolvere un "caso".

– Siete generoso. E Steelgrave?

– Di quello non mi occupo piu. – French fece l'atto di alzarsi. – Quando qualcuno fa fuori un gangster, quanto credete che durino le indagini?

– Finche i giornali ne pubblicano i resoconti in prima pagina – risposi.

– Ma qui c'e di mezzo una questione d'identita.

– No.

Feci tanto d'occhi.

– Semplicemente no. Ne siamo sicuri. – French era in piedi, ora. Si passo le dita tra i capelli, per ravviarli, sistemo la cravatta e si calco il cappello in testa. Poi soggiunse sottovoce, a mezza bocca: – Resti tra noi…

Ne siamo stati sempre sicuri. Solo non avevamo uno straccio di prova.

– Grazie. Non lo diro a nessuno. E che ne e delle pistole?

Il tenente si fermo e fisso il piano del tavolo. Poi alzo gli occhi, piuttosto adagio, e incontro i miei.

– Appartenevano entrambe a Steelgrave. E per completar l'opera, Steelgrave aveva tanto di porto d'armi. Rilasciato dallo sceriffo di un'altra contea. Non mi chiedete il perche. Una delle due… – Fece una pausa e contemplo il muro, al di sopra della mia testa… – una delle due ha ucciso Quest. E la stessa arma ha ucciso Stein…

– Quale?

Abbozzo un sorrisetto:

– Sarebbe un bel disastro se l'esperto di balistica le avesse confuse e non avessimo piu modo di saperlo…

Aspetto che io dicessi qualcosa, ma io non avevo niente da dire. Allora fece un gesto vago con la mano.

– Be', arrivederci. Non per un fatto personale, sapete, ma spero che il Procuratore distrettuale vi levi la pelle… E poi versi sale sulle piaghe.

Si volto e usci.

Avrei potuto fare altrettanto, invece rimasi seduto, a fissare il muro, al di la del tavolo, come se avessi dimenticato come si faceva ad alzarsi. Dopo un po' la porta si aperse ed entro la dama arancione. Tiro giu la saracinesca della sua scrivania; levo il cappellino dalla sua chioma impossibile e appese la giacca a un gancio nudo, nel muro nudo. Aperse la finestra al suo fianco, tolse la custodia alla macchina da scrivere e inseri un foglio nel carrello. Poi si volto a guardarmi.

– Aspettate qualcuno?

– Alloggio qui – risposi. – Ci sono rimasto tutta la notte.

Lei mi guardo fisso per un momento.

– Siete stato qui anche ieri pomeriggio. Me ne ricordo.

Torno a voltarsi verso la macchina, e le sue dita cominciarono a volare.

Dalla finestra aperta veniva il ringhio sommesso delle macchine che andavano ad affollare il parcheggio. Nel cielo c'era un riverbero bianco, e quasi niente foschia. Prometteva di essere una giornata afosa.

Il telefono trillo sulla scrivania della dama arancione. Lei parlo sommessamente nel microfono e riappese. Poi torno a guardarmi.

– Il signor Endicott e in ufficio – annunzio. – Sapete la strada?

– Una volta lavoravo la. Non per lui, pero. Mi hanno licenziato.

Mi guardo con la faccia da Palazzo di Giustizia che hanno tutti quelli come lei. Una voce che pareva venire da qualsiasi altra parte, fuor che dalla sua bocca, disse:

– Dategli un pugno sul naso, da parte mia.

Le andai vicino e guardai giu, verso i capelli arancione. C'era molto grigio alle radici.

– Chi e stato?

– Il muro – rispose lei. – Parla. Sono le voci dei morti, passati di qui, mentre andavano al diavolo.

Uscii dalla stanza in punta di piedi e chiusi la porta accompagnando la molla, perche non facesse rumore.

CAPITOLO XXXI

Si passa per due porte a chiusura automatica. Oltre la porta c'e una combinazione di centralino e ufficio informazioni, dove siede una donna senza eta, come se ne vedono nei municipi di tutto il mondo. Non sono mai state giovani, e non saranno mai vecchie. Non hanno ne bellezza, ne fascino, ne stile. Non devono piacere a nessuno. Sono al sicuro. Sono civili senza essere mai veramente cortesi, intelligenti e informate senza nutrire mai un autentico interesse per nulla. Sono quel che diventa un essere umano quando baratta la vita per l'esistenza e l'ambizione per la sicurezza.

Oltre il centralino c'e una serie di cubicoli a vetri, allineati lungo una parete dell'ampio locale. Dall'altro lato c'e la sala d'aspetto: una fila di sedie di legno che guardano tutte dalla stessa parte: verso i cubicoli.

Circa la meta delle sedie era occupata da persone in attesa, tutte con l'espressione di chi ha aspettato molto e sa che dovra aspettare ancora piu.

Per la maggior parte erano male in arnese. Uno era in divisa da carcerato, con una guardia al fianco. Un ragazzo lungo e sparuto dal viso bianco, e dagli occhi vuoti, malati.

In fondo, oltre i cubicoli c'era una porta con la scritta: "SEWELL ENDICOTT. PROCURATORE DISTRETTUALE". Bussai ed entrai in una stanza d'angolo, vasta e ariosa. Un locale abbastanza simpatico, all'antica, con le poltrone imbottite, di cuoio nero, e i ritratti dei procuratori distrettuali e dei governatori passati, alle pareti. Un vento leggero faceva ondeggiare le tende di rete, alle quattro finestre. Un ventilatore, su un alto scaffale, faceva le fusa e girava lentamente disegnando un languido arco.

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