Gerolamo Rovetta - Mater dolorosa
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Prospero Anatolio impallidì, ma si contenne; poi, cessato il primo sbalordimento, si persuase non esser altro che una finzione colla quale Maria voleva ottenere la propria rivincita e vendicarsi. Tuttavia, era una commedia che gli spiaceva molto.
– Volendo risparmiarti l’incomodo di cambiar domicilio – rispose a Maria dopo un momento, – ci sarebbe un altro modo per difenderti, e… per salvarti, come dici.
– Quale?
– Mettere alla porta il Conte Della Valle.
– Faresti capire a Giorgio ciò che è e dev’essere sempre un mistero per lui e per tutti.
– Chi sa? Più fortunato degli altri, nostro cugino avrebbe potuto indovinare l’arcano.
– No, non credo almeno – rispose con calma. Maria, senza voler notare l’insinuazione contenuta nelle parole del marito.
Questi, arrabbiatissimo, cominciò a gridare per difendersi; ma, poichè non sapeva bene che cosa dire, se n’andò brontolando e sbattendo l’uscio con gran dispetto.
Ritornato nel suo studio, e dopo essersi sfogato un poco, egli si mise a passeggiare su e giù, pensando al modo di levarsi d’impaccio col minor danno. Temeva poi anche, – le chiacchiere già, correvano sul fatto suo – che la partenza di Maria facesse troppo rumore e ne seguisse uno scandalo.
– Bisogna impedire questa partenza: bisogna impedirla assolutamente.
Ma come fare?
Il duca aveva fatto il giro dello studio, in lungo e in largo un centinaio di volte, senza aver trovato un buon ripiego. Di tanto in tanto, a ogni nuovo pensiero che gli si affacciava alla mente, si fermava su due piedi, fissando il soffitto, e meditando; poi scrollava il capo e ricominciava a passeggiare, sempre più annuvolandosi. Così passò un’ora, un’ora e mezzo, due, quando a un tratto il suo volto si rischiarò:
– Ah! ah! – borbottò fra sè, sorridendo: – mia moglie vuol confondermi? Per lo meno le insegnerò che sono sempre un uomo di spirito!… – Vano e leggero, il duca d’Eleda teneva di più a parere un uomo di spirito, che non ad essere un uomo onesto.
In fretta, senza chiamare il servo, indossò il soprabito e uscì di casa.
– Via de’ Fiesolani! palazzo Castiglione! – gridò al cocchiere montando nella prima carrozza vuota che incontrò per la strada.
IX
Il d’Eleda pensava di adoperare Giorgio Della Valle come intermediario ufficioso presso Maria. Giorgio sapeva già ogni cosa; dunque, confidandosi con lui, fosse amico o nemico, non arrischiava molto. Di più Maria per vendicarsi aveva finto con lui di essere innamorata ed egli con quella mossa da scaltro diplomatico rompeva la trama dell’innocente commediola.
– Ma… e se Maria non avesse mentito? – Era questa un’ipotesi sulla quale egli non avrebbe voluto fermarsi nemmeno: un’ipotesi stupida, assurda… che per altro intorbidiva, di tanto in tanto, tutto il sereno del suo ragionare.
– Che! che!… non è possibile; Maria non avrebbe confessato, se fosse proprio stato vero!… – Ad ogni modo, pensò che egli avrebbe capito la verità dal contegno di Giorgio, ed anche per questo lato il passo che stava per fare era molto abile. Intimamente sicuro, tuttavia un certo dubbio istintivo lo inquietava sempre; e quando poi si trovò alla presenza di Giorgio, cominciò a temere di poter scoprire un qualche indizio compromettente.
Oh, allora guai! la sua vendetta sarebbe stata terribile!
Al primo incontro, tanto il duca quanto il Della Valle si sentivano un po’ impacciati: Giorgio non riusciva a capire che cosa ci fosse sotto a quella visita, e Prospero Anatolio, come succede sempre a chi si trova impegnato in una risoluzione stata presa senza punto riflettere, dubitava di essersi spinto troppo oltre e, potendolo fare, sarebbe tornato indietro volentieri.
– Sono qui – disse infine al conte Della Valle – sono qui a trovarti, perchè ho… ho gran bisogno di te.
– Di me? – E Giorgio, notando l’aria stravolta, gli domandò se, per caso, era corsa una sfida.
– Appunto – rispose il duca, sorridendo – ho un duello!… Accetti di essere il mio primo?
– Volentieri, ma il tuo avversario chi è?…
– È mia moglie. – Così dicendo il duca fissò di traverso i suoi occhietti grigiastri nel volto del giovanotto.
– La duchessa Maria?
– Pur troppo. – E Prospero Anatolio, vedendo che l’altro era soltanto maravigliato, cominciò a respirare più liberamente.
– Allora accetto – rispose Giorgio, il quale aveva capito adesso che cosa doveva esserci di nuovo. – Accetto; ma confessandoti che mi riuscirebbe più facile una requisitoria contro di te, che una difesa.
– Ti ringrazio della franchezza.
– Che posso fare?
– Maria mi accusa, e non vuoi saperne di ascoltare giustificazioni.
– Ma come ha scoperto?
– Chi sa? non s’è voluta spiegare.
– Che cosa ti ha detto?
– Ha cominciato e ha finito, dichiarandomi soltanto che oggi o domani al più tardi vuol ritirarsi a Santo Fiore.
– Bisognerebbe cercare di persuaderla che si è ingannata o che è stata ingannata. La cosa per altro mi sembra difficile.
– Per ciò appunto sono qui a seccarti. Tu dovresti dire a Maria che io non sono… che lei non è… quantunque alcune apparenze abbiano forse potuto far supporre che fra me e quella signora… insomma, mi capisci?…
– Già, già; ho capito.
– E poi…
– E poi? Che cosa?
– Tu dovresti farle notare che il suo disegno è sconveniente sotto ogni rispetto. Per un dubbio soltanto, ella non ha diritto di allontanarmi dalla mia famiglia.
– È vero. La duchessa non può sapere fin dove arriva la tua… cioè la sua… – Giorgio adesso si trovava impacciato, anche lui, a spiegarsi chiaro.
– In secondo luogo – ripigliò il duca – con un tale procedere ella darebbe aiuto ai pettegolezzi e ne potrebbe venire uno scandalo.
– Tenterò di convincerla, e davvero sarebbe il minor male per tutti; ma non avresti qualche altra persona più influente di me?
– No; perchè lo zio, il conte di Santo Fiore, capirai, non mi conviene di metterlo a parte… di adoperarlo in codesto affare. -
– Certo non sarebbe opportuno; tenterò io.
Il conte Della Valle era buono: Prospero Anatolio aveva bisogno di lui, e ciò bastava perchè questi ottenesse l’indulgenza del giovanotto.
– Quando credi che io vada dalla duchessa?
– Anche subito, non c’è tempo da perdere.
Si concluse che il d’Eleda si sarebbe fermato là ad aspettar le novelle.
Come quell’altro aveva fatto prima, adesso anche Giorgio, durante la corsa, studiava tranquillamente il suo piano, non immaginandosi certo di quante commozioni doveva essere feconda, per la povera donna che gli voleva bene, quella visita così inaspettata.
Appena Lorenzo annunziò il conte Della Valle a Maria, ella si fe’ pallida in volto e tutto il sangue le corse al cuore. Pensò di non riceverlo, ma poi riflettendo che in tal caso egli sarebbe tornato, disse a Lorenzo di farlo entrare.
Uscito il servo, sedette per meglio nascondere il tremito convulso da cui era presa; le bastò un minuto per padroneggiarsi, per ricomporsi, e quando Giorgio fu innanzi a lei, la sua voce era tranquilla, la sua mano era ferma. Il giovanotto trovò Maria mutata, – diversa dal solito – la trovò più sostenuta, e, quando egli disse la causa di quella sua visita, fu costretto a notare in lei un vivo malcontento.
– Se io vi parlo di ciò, lo faccio perchè ne fui pregato da Prospero e perchè sentirei di essere per lo meno sconoscente se mi tenessi estraneo a quanto succede nella vostra famiglia. – Giorgio, a mano a mano, sempre più accalorandosi, fece la sua brava difesa, tentando tutti gli argomenti. Parlava col cuore ed era eloquente, perchè in lui la sicurezza di fare un’opera buona suppliva il difetto di convinzione. Maria non parea persuasa, e neanche commossa; ma dentro di lei() c’era un cozzo di affetti, una battaglia angosciosa, indescrivibile. Giorgio le inondava il cuore di una gioia suprema, rivelandosi come lo aveva sognato, onesto, nobile, generoso; ma, nel confronto ch’era costretta a dedurne fra lui e suo marito, confronto che terminava coll’essere troppo favorevole al cugino, la coscienza, giudice severissimo, le faceva scontare quella gioia, rimproverandola, quasi fosse una colpa.
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