Blake Pierce - Il Sussurratore delle Catene

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Delle donne sono state assassinate a nord di New York, i loro corpi trovati misteriosamente appesi e incatenati. Quando viene richiesto l’intervento dell’FBI, data la bizzarra natura degli omicidi – e la mancanza di indizi – c’è soltanto un’agente a cui ci si possa rivolgere: L’Agente Speciale Riley Paige. Riley, ancora scioccata dal suo ultimo caso, è riluttante ad occuparsi di quest’ultimo, visto che è ancora convinta che un ex serial killer sia ancora a piede libero, perseguitandola. Ad ogni modo, lei sa che la sua capacità di penetrare nella mente di un serial killer e nella sua natura ossessiva è ciò che le occorrerà per risolvere questo caso, e proprio non può rifiutare – sebbene la spingerà al limite. La ricerca di Riley la porta nel profondo della mente illusa dell’assassino, in quanto la condurrà in orfanotrofi, ospedali, prigioni, tutto pur di comprendere le origini della sua psicosi. Realizzando di trovarsi a che fare con un vero psicopatico, è consapevole che non passerà molto tempo prima che colpisca ancora. Ma con il suo stesso lavoro esposto e la sua stessa famiglia un bersaglio, e con la sua fragile psiche che rischia di crollare, potrebbe essere fin troppo per lei – e troppo tardi. Giallo noir psicologico intriso di suspense mozzafiato, IL SUSSURRATORE DELLE CATENE è il libro #2 in una nuova serie affascinante – con un nuovo amato personaggio – che vi terrà attaccati alle pagine fino a tardi. Il Libro #3 nella serie di Riley Paige sarà presto disponibile.

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Riley era furiosa. Avrebbe voluto mettere le mani addosso a quegli agenti. Avevano avuto il coraggio di contraddirla, facendosi ascoltare da sua figlia. Pensò di chiedere ad April i loro nomi, ma decise di lasciar perdere.

“Ascoltami, April” Riley disse. “Devo andare fuori città per un lavoro, per qualche giorno. Devo andare ora. Ti porto da tuo padre. Voglio che resti lì.”

“Perché non posso venire con te?” April chiese alla madre.

Riley si chiese per quale motivo gli adolescenti potessero essere tanto stupidi, a volte.

“Perché devi finire il corso” rispose. “Devi passare l’esame o resterai indietro con la scuola. L’inglese è indispensabile e sei andata male, fino ad ora, senza una buona ragione. E in più averti intorno mentre svolgo il mio lavoro non garantisce la tua sicurezza. Dovresti saperlo.”

April non rispose.

“Vieni dentro” Riley disse. “Ci restano solo pochi minuti. Devo prendere delle cose, e anche tu. Poi, ti porto a casa di tuo padre.”

Rivolgendosi a Brian, la donna aggiunse: “E ti accompagno a casa.”

“Posso fare l’autostop” Brian replicò.

Riley si limitò a guardarlo.

“D’accordo” accondiscese il ragazzo, visibilmente infastidito. Lui ed April si alzarono dal tavolo e seguirono Riley in casa.

April raccolse poche cose.

“Andate avanti e entrate in macchina, tutti e due” ordinò poi la donna. I ragazzi uscirono, obbedendole senza discutere.

Riley chiuse la porta sul retro con il nuovo chiavistello che aveva aggiunto da poco, poi passò di stanza in stanza per controllare che tutte le finestre fossero ben chiuse.

Nella sua camera da letto, prese la valigia e si assicurò che tutto l’occorrente fosse sempre al suo interno. Uscendo, guardò nervosamente il suo letto, come se quei ciottoli potessero essere tornati.

Per un istante, si chiese perché stesse partendo per un altro stato, invece di restare lì a rintracciare il killer che l’aveva ridicolizzata.

Inoltre, questa bravata di April l’aveva spaventata. Poteva fidarsi del fatto che sua figlia fosse al sicuro a Fredericksburg? Prima ne era stata convinta ma ora aveva forti dubbi.

Ma non poteva cambiare le cose. Si era impegnata a seguire il nuovo caso e doveva partire.

Uscita di casa, mentre raggiungeva l’auto parcheggiata, rivolse lo sguardo al fitto e oscuro bosco intorno, nel tentativo di trovare un qualsiasi segno di Peterson.

Ma non ce n’erano.

Capitolo 6

Riley guardò l’orologio dell’auto, mentre portava i ragazzi in una parte esclusiva di Fredericksburg, e si rese conto che le restava davvero poco tempo.

Le parole di Meredith risuonarono nella sua mente.

Se farai tardi, saranno grossi guai.

Forse — e solo forse — sarebbe riuscita ad arrivare alla pista d’atterraggio in tempo. Aveva programmato di fermarsi a casa solo per prendere una borsa, e ora le cose si erano un po’ complicate.

Si domandò se chiamare Meredith ed avvertirlo che problemi di famiglia l’avevano trattenuta ma decise di non farlo; il suo capo si era dimostrato già abbastanza riluttante ad assegnarle il caso. Non poteva aspettarsi una maggiore tolleranza.

Per fortuna, la casa di Brian era sulla strada che conduceva a quella di Ryan.

Quando Riley accostò di fronte al grande giardino, fermando l’auto, osservò: “Dovrei entrare a raccontare ai tuoi genitori che cosa è successo.”

“Non sono in casa” Brian rispose, alzando le spalle con noncuranza. “Mio padre se n’è andato e mia mamma non c’è mai.”

Uscì dall’auto, poi si voltò e disse: “Grazie del passaggio.” Mentre andava verso casa, Riley si chiese che genitori fossero quelli che lasciavano un ragazzo da solo in questo modo. Non sapevano in che tipo di problemi può infilarsi un adolescente?

Ma forse sua madre non può fare diversamente, Riley pensò con tristezza. Chi sono io per giudicare?

Non appena vide Brian entrare in casa, Riley ripartì.

April non aveva detto una parola durante l’intero tragitto, fino ad allora, e non sembrava essere molto in vena di parlare neppure adesso.

La madre si chiese se quel silenzio fosse dovuto alla scontrosità o alla vergogna.

Si rendeva conto, amaramente, che ignorava molte cose di sua figlia.

Riley era arrabbiata sia con se stessa sia con April.

Solo il giorno prima, le era parso che avessero cominciato ad andare d’accordo. Aveva creduto che la figlia stesse cominciando a comprendere le pressioni a cui un agente dell’ABI veniva sottoposto.

Ma Riley aveva insistito che April andasse dal padre la notte precedente, e oggi April si stava ribellando contro quell’imposizione.

Riley si disse che avrebbe dovuto essere molto più comprensiva.

Era sempre stata un po’ ribelle lei stessa. E sapeva che cosa significasse perdere una madre ed avere un padre distante.

April aveva paura che la stessa cosa accadesse anche a lei, comprese.

E’ terrorizzata per la mia sicurezza, si disse. Negli ultimi mesi, April aveva visto la madre subire profonde ferite, nel fisico e nell’anima. Dopo la paura provocata dall’intrusione della sera precedente, la ragazza era certamente preoccupatissima.

Riley si disse che doveva prestare più attenzione ai sentimenti della figlia. Chiunque, a qualunque età, avrebbe avuto difficoltà ad affrontare le complicazioni della vita di Riley.

La donna accostò di fronte alla casa che, una volta, condivideva con Ryan.

Era una casa bella e grande; si poteva persino parcheggiare l’auto sotto un apposito porticato, o porte-cochère come Ryan lo chiamava, e raggiungere direttamente la porta laterale. Quel giorno, tuttavia, Riley scelse di parcheggiare in strada, anziché nel vialetto d’accesso o sotto il porticato.

Lì non si era mai sentita a casa. In qualche modo, vivere in un quartiere periferico di tono non le era mai calzato a pennello. Il suo matrimonio, la casa, il quartiere, tutto aveva creato tali aspettative, da farla sentire inadeguata. Nel corso degli anni, Riley si era resa conto di essere più brava nel suo lavoro che nel vivere una vita normale. Alla fine, aveva lasciato il matrimonio, la casa e il quartiere, e questo l’aveva resa molto più determinata ad essere all’altezza nel difficile compito di madre di una figlia adolescente.

Quando April cominciò ad aprire lo sportello dell’auto, Riley disse: “Aspetta.”

April si voltò e la guardò con aspettativa.

Senza fermarsi a riflettere, Riley disse: “D’accordo, lo capisco.”

April la guardò con un’espressione stupita. Per un istante, sembrò sul punto di piangere. Riley si sentì sorpresa quasi quanto la figlia.

Non sapeva proprio come comportarsi con lei. Sapeva solo che ora non aveva tempo per fare delle prediche da genitore e, in ogni caso, ma non lo fece. Sentiva anche nel profondo, che aveva detto esattamente la cosa giusta.

Riley e April uscirono dall’auto e s’incamminarono insieme verso la casa. La donna non sapeva se sperare che Ryan fosse in casa oppure no. Non voleva litigare con lui, e aveva già deciso di non dirgli dell’incidente della marijuana. Sapeva che avrebbe dovuto, ma non aveva il tempo di sopportare tutte le sue reazioni. Inoltre, doveva spiegargli che sarebbe andata via per alcuni giorni.

Gabriela, la donna guatemalteca, tarchiata e di mezza età, che aveva lavorato per anni come governante per la famiglia, salutò Riley ed April sulla porta. Gli occhi di Gabriela si spalancarono per la preoccupazione.

“Hija, dove sei stata?” chiese con il suo forte accento.

“Mi dispiace, Gabriela” April disse umilmente.

Gabriela guardò attentamente il viso di April. Riley vide, dalla sua espressione, che la donna aveva capito che April aveva fumato erba.

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