Frank Brody si sporse in avanti e Keri capì che stava per interromperlo. Sperò che non lo facesse ma non c’era nulla che potesse fare per fermarlo. Di solito preferiva lasciare che un interrogatorio proseguisse finché lo voleva l’interlocutore. A volte si mettevano a loro agio e commettevano degli errori. Ma apparentemente Brody non condivideva la sua filosofia.
“Dottor Burlingame, perché la sua chiamata non è stata deviata al dipartimento di polizia di Beverly Hills?” chiese. Il tono burbero non recava traccia di compassione. A Keri sembrava che si stesse chiedendo come mai fosse rimasto incastrato in quel caso.
“Credo perché vi ho chiamati dal mio ufficio, che si trova a Marina del Rey. Ha importanza?” chiese. Sembrava perso.
“No, certo che no,” lo rassicurò Hillman. “Siamo felici di aiutarla. E la nostra unità di persone scomparse probabilmente sarebbe comunque stata chiamata dal dipartimento di Beverly Hills. Perché non torna a casa dove incontrerà i miei detective verso l’una e mezza? Ho il suo indirizzo.”
“Okay,” disse Burlingame. “Parto ora.”
Dopo aver riattaccato, Hillman osservò i due detective.
“Prime impressioni?” chiese.
“Probabilmente è andata a Cabo con delle amiche e si è dimenticata di dirglielo,” disse Brody senza esitazioni. “Quello, oppure l’ha uccisa lui. Dopotutto, il colpevole è quasi sempre il marito.”
Hillman guardò Keri. Lei rifletté per un secondo prima di rispondere. L’applicazione delle regole abituali per quel tizio non le sembrava andare bene, ma non sapeva dire il perché.
“Tendo a essere d’accordo,” disse alla fine. “Ma voglio vederlo in faccia prima di giungere a qualsiasi conclusione.”
“Be’, sta per avere la sua opportunità,” disse Hillman. “Frank, può uscire. Devo parlare a Locke un momento.”
Brody le fece un sorrisetto malizioso mentre usciva, come se fosse stata messa in punizione e lui fosse riuscito a scamparla. Hillman chiuse la porta alle sue spalle.
Keri si preparò, certa che qualsiasi cosa stesse per sentire non sarebbe stata una buona notizia.
“Potrà andarsene tra un minuto,” disse, con un tono più dolce del previsto. “Ma volevo ricordale un paio di cose, prima. Innanzitutto, credo che sappia che non sono stato molto felice del suo trucchetto alla conferenza stampa. Ha messo le sue necessità prima del dipartimento. Lo capisce, vero?”
Keri annuì.
“Detto questo,” continuò, “mi piacerebbe che noi due ricominciassimo da capo. Mi rendo conto che in quel momento stava male e che ha visto l’opportunità di accendere i riflettori sulla scomparsa di sua figlia. Quello lo rispetto.”
“Grazie, signore,” disse Keri, leggermente sollevata ma sospettando che stesse ancora per calare un’ascia.
“Comunque,” aggiunse, “solo perché la stampa la adora non significa che non la caccerò a calci se mantiene il suo atteggiamento da lupo solitario. Ci siamo chiariti?”
“Sì, signore.”
“Bene. Infine, per cortesia la prenda con calma. È uscita da meno di una settimana dall’ospedale. Non faccia nulla che possa riportarla lì, okay? Discorso finito.”
Keri lasciò l’ufficio, vagamente sorpresa. Si aspettava una lavata di capo. Ma non era preparata al lieve cenno di preoccupazione per la sua salute.
Cercò Brody con lo sguardo prima di capire che doveva essersene già andato. Apparentemente non voleva neanche condividere un’auto con una detective donna. Normalmente ne sarebbe stata infastidita ma oggi era un bene insperato.
Mentre raggiungeva la macchina, trattenne un sorriso.
Sono di nuovo sul campo!
Non fu che quando le fu assegnato un nuovo caso che capì quanto le fosse mancato tutto questo. La frenesia familiare e l’aspettativa cominciarono a prendere piede e il dolore delle costole sembrò addirittura dissiparsi leggermente. La verità era che, a meno che non stesse risolvendo casi, Keri sentiva che le mancava un pezzo di se stessa.
Non poteva neanche fare a meno di sorridere per qualcos’altro – stava già progettando di violare due degli ordini di Hillman. Stava per agire da lupo solitario e stava per non prenderla con calma nello stesso tempo.
Perché avrebbe fatto una piccola sosta sulla strada per la casa del dottore.
Aveva intenzione di controllare quel deposito abbandonato.
Con la sirena sul tettuccio della malconcia Prius, Keri zigzagava nel traffico, con le dita aggrappate al volante e l’adrenalina in crescita. Il deposito di Palms era sulla strada per Beverly Hills, più o meno. Così Keri aveva giustificato l’aver dato la priorità alla ricerca di sua figlia, la scorsa settimana scomparsa da cinque anni, a discapito della ricerca di una donna che era sparita da meno di un giorno.
Ma doveva arrivare presto. Brody era partito in anticipo per i Burlingame, perciò poteva arrivare dopo di lui. Ma se si fosse fatta vedere troppo tardi, Brody avrebbe sicuramente fatto la spia a Hillman.
Avrebbe usato qualsiasi scusa per evitare di lavorare con lei. E raccontare al capo che lei aveva rallentato un’indagine presentandosi in ritardo all’interrogatorio di un testimone era roba sua. E questo le lasciava solo pochi minuti per controllare il deposito.
Parcheggiò sulla strada e puntò al cancello principale. Il deposito si trovava tra un magazzino e un punto vendita della U-Haul. Il brusio della centrale elettrica dall’altra parte della strada era fastidiosamente alto. Keri si chiese se non stesse rischiando di prendersi il cancro anche solo stando lì.
Il deposito era circondato da staccionate a basso costo pensate per tenere fuori i girovaghi e i tossici, ma non fu difficile per Keri scivolare nella fessura che stava tra i cancelli chiusi malamente. Avvicinandosi alla porta principale del complesso, notò il cartello del luogo a terra, coperto dalla polvere. Diceva Conservazione di oggetti senza prezzo.
Non c’era niente che fosse senza prezzo dentro al deposito vuoto e cavernoso. In effetti non c’era proprio niente, eccetto poche sedie pieghevoli di metallo rovesciate e qualche mucchio di cartongesso sbriciolato. L’intero posto era stato ripulito. Keri esplorò tutto il complesso, in cerca di qualche indizio che potesse riguardare Evie, ma non fu in grado di trovare nulla.
Si abbassò sulle ginocchia, sperando che una prospettiva diversa potesse offrirle un punto di vista nuovo. Non notò nulla, anche se c’era qualcosa di leggermente strano sul fondo del deposito. Una sedia pieghevole di metallo era in piedi con sopra una pila di detriti in cartongesso, finemente ammucchiati fino a raggiungere un’altezza di trenta centimetri. Sembrava improbabile che fossero finiti così senza nessun aiuto.
Keri si avvicinò per vedere meglio. Aveva la sensazione di essere in cerca di collegamenti dove non ce n’erano. Eppure spostò in parte la sedia, ignorando il breve barcollio che fece il cartongesso prima di ruzzolare sul pavimento.
Rimase sorpresa dal suono che fece quando colpì il cemento. Invece del tonfo che si aspettava, ci fu un un’eco vuota. Sentendo che il cuore cominciava improvvisamente a battere veloce, Keri calciò via i detriti e calpestò il punto in cui erano caduti – un’altra eco vuota. Fece scorrere la mano sul pavimento e scoprì che il punto che prima si trovava sotto alla sedia non era di cemento vero, ma di legno dipinto di grigio per mimetizzarsi con il resto della pavimentazione.
Cercando di controllare il respiro, esaminò la parte in legno con le dita finché non ne sentì una parte rialzata. Premette, e udì il rumore di una serratura a scatto che si apriva, e sentì sollevarsi un’estremità. Si abbassò e tirò via dalla sua fessura scanalata il pezzo quadrato di legno, che era grande circa come il coperchio di un tombino.
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