Morgan Rice - Un’Impresa da Eroi

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Una serie fantasy epica mozzafiato. Morgan Rice ripete limpresa! Questa magica saga ricorda il meglio di J.K. Rowling, George R.R. Martin, Rick Riordan, Christopher Paolini e J.R.R. Tolkien. Non sono riuscita a chiudere il libro! --Allegra Skye, autore del best-seller SAVED Dallautrice best-seller Morgan Rice giunge il primo capitolo di una nuova serie fantasy. UNIMPRESA DA EROI (LIBRO 1 nellANELLO DELLO STREGONE) ruota attorno allepica crescita di un ragazzo speciale, un quattordicenne proveniente da un piccolo villaggio ai confini del Regno dellAnello. Il più giovane di quattro fratelli, il meno favorito del padre, odiato dai suoi fratelli, Thorgrin sente di essere diverso dagli altri. Sogna di diventare un grande guerriero, di entrare tra gli uomini del Re e proteggere lAnello dalle orde di creature che popolano laltra parte del Canyon. Quando raggiunge letà giusta ma il padre gli vieta di tentare lingresso nella Legione del Re, Thor rifiuta di prendere quel no come una risposta definitiva: si mette in cammino da solo, determinato a farsi strada allinterno della Corte del Re ed essere preso sul serio. Ma la Corte del Re è impegnata con i propri drammi familiari, lotte di potere, ambizioni, gelosia, violenza e tradimento. Re MacGil deve scegliere un erede tra i suoi figli e lantica Spada della Dinastia, la sorgente di tutto il loro potere, giace ancora intatta in attesa del prescelto. Thorgrin si presenta come un outsider e lotta per essere accettato e per far parte della Legione del Re.

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Dopo un tempo che gli parve un’eternità, il druido lentamente si voltò e guardò Thor in faccia: a quel punto Thor lo riconobbe. Gli mancò il fiato. Era uno dei volti più noti nel regno: il druido personale del Re. Argon, consigliere dei re del Regno Occidentale da secoli. Cosa ci facesse lì, lontano dalla corte reale, nel bel mezzo di Boscoscuro, era un mistero. Thor si chiese se per caso stesse sognando.

“I tuoi occhi non ti ingannano,” disse Argon, fissando Thor dritto in volto.

La sua voce era profonda, antica, come fosse emanata dagli alberi stessi. I suoi occhi grandi e luccicanti sembravano trapassare Thor da un capo all’altro. Sentiva un’energia intensa che si irradiava da lui, come se si trovasse di fronte al sole.

Thor immediatamente si inginocchiò e abbassò il capo.

“Mio signore,” disse. “Mi spiace averti disturbato.”

La mancanza di rispetto nei confronti di un consigliere del Re poteva portare all’arresto o alla morte. Questo era stato inculcato in Thor fin dalla nascita.

“Alzati, fanciullo,” disse Argon. “Se avessi voluto che ti inginocchiassi, te l’avrei detto.”

Lentamente Thor si aòl e lo guardò. Argon fece qualche passo verso di lui. Se ne stava lì a fissarlo, fino a che Thor iniziò a sentirsi a disagio.

“Hai gli occhi di tua madre,” disse Argon.

Thor fu preso alla sprovvista. Non aveva mai conosciuto sua madre, non aveva mai incontrato nessun altro, a parte suo padre, che la conoscesse. Gli avevano raccontato che era morta dandolo alla luce, cosa per la quale Thor aveva sempre provato un senso di colpa. Aveva sempre sospettato che quella fosse la ragione per cui la sua famiglia lo odiava così tanto.

“Credo che tu mi stia confondendo con qualcun altro,” disse Thor. “Io non ho una madre.”

“Davvero?” chiese Argon sorridendo. “Sei nato da un uomo?”

“Volevo dire, signore, che mia madre è morta durante il parto. Credo che tu si stia sbagliando.”

“Tu sei Thorgrin, del Clan McLeod. Il più giovane di quattro fratelli. Quello che non è stato scelto.”

Thor sgranò gli occhi. Non sapeva proprio che senso dare a quella situazione. Che qualcuno del lignaggio di Argon conoscesse chi era lui, questo era al di fuori della sua capacità di comprensione. Mai avrebbe immaginato che qualcuno fuori dal villaggio lo conoscesse.

“Come fai a saperlo?”

Argon gli sorrise, ma non rispose.

Thor si sentì improvvisamente pervadere dalla curiosità.

“Come…” aggiunse Thor, cercando le parole giuste, “come sai di mia madre? La conoscevi? Chi era?”

Argon si voltò e si allontanò.

“Domande per un’altra volta,” disse.

Thor lo guardò andarsene, confuso. Era stato un incontro talmente frastornante e misterioso, e tutto stava accadendo così in fretta. Decise che non poteva permettere che Argon se ne andasse. Lo rincorse.

“Cosa ci fai qui?,” chiese Thor, correndo per raggiungerlo. Argon, usando il suo bastone, un antico oggetto d’avorio, camminava sorprendentemente veloce. “Non stavi aspettando me, vero?”

“E chi altro?” chiese Argon.

Thor camminava in fretta per stare al passo, seguendolo nel bosco e lasciandosi la radura alle spalle.

“Ma perché io? Come potevi sapere che sarei venuto qui? Cosa stai cercando?”

“Quante domande,” disse Argon. “Saturi l’aria. Dovresti ascoltare, piuttosto.”

Thor lo seguì mentre proseguivano attraverso il bosco fitto, facendo del suo meglio per restare in silenzio.

“Tu sei qui alla ricerca della tua pecora perduta,” affermò Argon. “Uno sforzo nobile. Ma sprechi il tuo tempo. Non sopravviverà.”

Thor sgranò gli occhi.

“Come fai a saperlo?”

“Io conosco parole che tu mai saprai, ragazzo. Almeno non ancora.”

Thor pensava tra sé e sé mentre camminava più velocemente per stare al passo.

“Ad ogni modo, non ascolterai. È nella tua natura. Ostinato. Come tua madre. Continuerai a correre dietro alla tua pecora, determinato a salvarla.”

Thor arrossì mentre Argon leggeva i suoi pensieri.

“Sei un ragazzo risoluto, aggiunse. Determinato. Troppo orgoglioso. Tratti positivi. Ma un giorno potrebbero determinare la tua sconfitta.”

Argon iniziò a risalire un crinale ricoperto di muschio, e Thor lo seguì.

“Tu vuoi entrare nella Legione del Re,” disse Argon.

“Sì!” rispose Thor trepidante. “C’è qualche possibilità? Puoi fare che succeda?”

Argon rise, un suono profondo e cavernoso che fece scorrere un brivido lungo schiena di Thor.

“Io posso far accadere tutto o niente. Il tuo destino è già stato scritto. Ma sta a te sceglierlo.”

Thor non capiva.

Raggiunsero la cima del crinale e quando furono arrivati Argon di fermò e guardò Thor negli occhi. Thor era solo qualche passo indietro, e la bruciante energia di Argon lo trapassava.

“Il tuo è un destino importante,” disse. “Non abbandonarlo.”

Thor sgranò ancor più gli occhi. Il suo destino? Importante? Si sentì pervadere dall’orgoglio.

“Non capisco. Parli per indovinelli. Ti prego, dimmi di più.”

All’improvviso, Argon svanì.

Thor non riusciva a credere ai suoi occhi. Rimase lì a guardare da ogni parte, in ascolto, dubbioso. Aveva immaginato tutto? Era stata una sorta di illusione?

Thor si voltò ed esaminò il bosco: da quel punto propizio, dall’alto del crinale, poteva vedere ben oltre rispetto a prima. Mentre osservava, scorse del movimento in lontananza. Udì un rumore ed ebbe la netta certezza che si trattasse della sua pecora.

Corse a precipizio giù dal crinale ricoperto di muschio e si diresse rapidamente verso il suono, di nuovo attraverso il bosco. Mentre procedeva non riusciva a togliersi dalla mente l’incontro con Argon. Si capacitava a malapena che fosse successo. Con tutti i posti che c’erano, cosa ci faceva il druido del Re proprio lì? Lo aveva aspettato. Ma perché? E cosa aveva voluto dire sul suo destino?

Più Thor cercava di capirci qualcosa, meno ne veniva fuori. Argon lo stava mettendo in guardia dal continuare, ma allo stesso tempo lo aveva tentato a farlo. Ora, mentre procedeva, Thor avvertì un crescente senso di inquietudine, come se qualcosa di importantissimo stesse per accadere.

Svoltò ad una curva e si fermò pietrificato alla vista di ciò che gli stava di fronte. Tutti i suoi peggiori incubi divennero realtà in un istante. Gli si rizzarono i capelli e si rese conto di aver commesso un grave errore addentrandosi così tanto in Boscoscuro.

Lì di fronte a lui, appena trenta passi più in là, c’era un Sybold. Enorme, robusto, alto – sulle quattro zampe – quasi quanto un cavallo. Si trattava dell’animale più temuto di Boscoscuro, forse del Regno intero. Thor non ne aveva mai visto uno, ma aveva sentito le leggende. Assomigliava ad un leone, ma era più grande, più robusto, con la pelle di un colore scarlatto scuro e gli occhi di un giallo brillante. La leggenda diceva che il suo colore scarlatto derivasse dal sangue di bambini innocenti.

Thor aveva sentito di ben pochi avvistamenti di quella bestia, e anche quei pochi risultavano dubbiosi. Forse perché nessuno era realmente mai sopravvissuto ad un incontro. Alcuni consideravano il Sybold come il Re del Bosco, e un auspicio. Quale fosse quell’auspicio, Thor proprio non riusciva ad immaginarlo.

Fece un cauto passo indietro.

Il Sybold si alzò, la mascella mezza aperta, con la saliva che gocciolava dalle sue fauci, è guardò verso Thor. In bocca aveva la pecora perduta che belava, appesa a testa in giù, con metà del corpo attanagliato dalle zanne. Era quasi morta. Il Sybold sembrava gioire della sua preda e prendeva tempo, sembrava provare piacere nel torturarla.

Thor non riuscì a sopportare i lamenti. La pecora si dimenava, indifesa, e lui si sentiva responsabile.

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