Andrea Lepri - La Macchina Per Scrivere

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Una macchina per scrivere maledetta.
Un uomo seduto sulla ringhiera di un balcone.
Il protagonista del suo romanzo.
Due vite che intrecciano esperienze simili, due percorsi in bilico tra l’Amore e la Morte.
Franco se ne sta comodamente seduto sulla ringhiera del terrazzo di casa sua, al terzo piano del palazzo dove abita. Come se niente fosse, legge le pagine del romanzo che ha appena finito di scrivere per poi lasciarle cadere giù, tra la folla di curiosi che si è radunata a guardarlo. Credendo che sia in procinto di saltare di sotto qualcuno ha chiamato i soccorsi, adesso un Vigile del Fuoco sta salendo con la scala meccanica verso di lui mentre in lontananza si odono le sirene della polizia e dell’autoambulanza. Incurante di tutto questo Franco legge, incredulo. Non credeva di essere capace di scrivere un romanzo, e gli sembra impossibile di essere riuscito a terminarlo prima che arrivi la punizione. Infatti scriverlo gli è costato molto, per riuscirci ha seguito un percorso che lo ha portato a commettere gesti impronunciabili. Sua moglie sta correndo da lui per tentare di salvarlo, infatti parlandoci per telefono ha intuito che Franco ha trovato in cantina la sua macchina per scrivere, quella macchina che si dice sia maledetta. Intanto lui legge e ricorda... 
Franco è convinto che l’amore sia la forza che fa girare il mondo. A causa di un incidente sul lavoro è costretto a trascorrere le vacanze estive da solo, a casa, in convalescenza. Quando gli consegneranno i risultati delle analisi potrà partire per raggiungere la famiglia in ferie, moglie e due bambini. Dopo tanto tempo si trova a dover passare un lungo periodo in completa solitudine, ma non ci è più abituato e si annoia molto. Quando rovistando in cantina trova una vecchia macchina per scrivere, decide che per trascorrere il tempo scriverà un romanzo. È la storia del signor Carpetti, un uomo solo che avendo perso l’amore per la vita sta morendo di un male inesistente. Quando il dottore gli rivela che ha pochi mesi di vita intraprende un cammino che lo porterà a cambiare profondamente. Durante questo percorso conoscerà una persona che lo trascinerà con sé in un’avventura incredibile e che lo riporterà a credere nei valori dell’amore. Questa persona è Walter, un medico missionario vittima di un intrigo internazionale che ha per oggetto la vendita di farmaci scaduti ai paesi del terzo mondo. È lui che insegnerà a Carpetti l’amore per la vita, per le persone e per le cose. 
Ma la macchina che Franco sta usando per scrivere questa storia ha qualcosa di strano: si dice che sia appartenuta ad uno scrittore pazzo, un uomo che dopo aver scritto un unico capolavoro si è suicidato, lasciando una lettera accusatoria nei confronti della macchina stessa ove la definisce maledetta. Mentre Carpetti, passando attraverso esperienze di vario genere, compie il proprio cammino verso la salvezza, Franco, per poterlo raccontare al meglio, si immedesima sempre di più in Carpetti. Intanto stabilisce un rapporto molto particolare con la macchina per scrivere, non riconosce come sue alcune pagine del romanzo e pensa che le abbia scritte lei. Pur temendo che questo lo porterà a impazzire definitivamente sente deve scrivere a tutti i costi, questo perché quando si allontana dalla macchina è colto da sensazioni strane, angoscia, dolore fisico. Alcuni malori ricorrenti gli fanno credere di essere gravemente ammalato, di avere una malattia che progredisce di giorno in giorno e che presto lo porterà alla morte. Di conseguenza nella propria mente compie le stesse esperienze di Carpetti in un viaggio a ritroso, arrivando a scoprire la parte oscura di sé ed a mettere in discussione tutto ciò in cui crede. Le due storie si svolgono in parallelo e si sovrappongono, intanto i due personaggi chiave procedono su percorsi inversi. Ad un certo punto però le due storie si intrecciano: entrambi compiono un atto di violenza (o almeno, Franco crede che sia così) sulla stessa ragazza, Chica, partorita dalla fantasia di Franco. Quello stesso gesto darà la svolta definitiva alla storia di Carpetti e alla vita di Franco, ma con effetti opposti. Carpetti troverà finalmente uno scopo di vita che lo guarirà dal suo male

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«Ehy, amico! Non mollare. Hai capito? Non mollare, mi raccomando. Tra poco sarò da te, devi soltanto tenere duro un altro po’. Tieni duro ancora un po’!» gli ripete, ma Franco non lo ascolta nemmeno. Gli risponde con un sorriso vago e incomprensibile, poi torna a fissare la macchina per scrivere e la pila di fogli dattiloscritti accatastati al suo fianco, il portacenere traboccante e la sedia girata con lo schienale verso la scrivania.

E’ cominciato tutto quella sera, quando mi sono seduto a quella dannata scrivania riprende a ricordare, mentre inconsapevolmente stringe forte le mani alla ringhiera viscida per non cadere.

Si, non c’è altra spiegazione: la macchina è maledetta…. e ormai è tardi… la punizione….

CAPITOLO III

LA PRIMA PAGINA

Quasi inconsciamente, come guidato da una forza misteriosa, Franco tolse il foglio imbrattato che aveva usato per provare la macchina e ne inserì uno pulito. Lo centrò per bene e cominciò a battere goffamente sui tasti, ripensando alla vista di cui si era compiaciuto poco prima.

CAPITOLO I (LA CASA DI CARPETTI)

Il cielo della sera era tanto pulito che le stelle si potevano quasi contare una ad una, mentre una mezza Luna affilata e lucente sembrava appesa a un filo invisibile, che andava a perdersi nell’infinito. Dalla finestra al terzo piano di un palazzone di periferia si notava, riflesso sulle tende, il baluginare delle immagini di un televisore. Era piccolo, in bianco e nero, di quelli rivestiti di plastica bianca con la classica antenna circolare attaccata sopra in modo sbilenco. Era poggiato sopra un massiccio mobile di colore marrone scuro, sul quale il tempo aveva impresso segni prepotenti. Accanto, una brutta statuetta di terracotta raffigurava chissà quale divinità africana.

Però, come inizio non è niente male. forse ho finalmente trovato la maniera di ingannare il tempo, si disse Franco rileggendo quello che aveva appena scritto. Ma dopo diversi fogli gettati nel cestino, e un altro paio di birre, allontanò la macchina per scrivere e si strofinò gli occhi, poi si alzò con uno scatto stizzito. Guardò l’orologio e decise di andare a dormire perché era già a corto di idee, come tutte le sere si addormentò con il pensiero rivolto alla moglie e ai bambini.

Le prime di lame di luce che filtravano dalle persiane lo sorpresero a fissare il soffitto, aveva un’espressione leggermente preoccupata sulla faccia dalla barba già un po’ troppo lunga.

Accidenti alle buone abitudini, non posso continuare a svegliarmi così presto! Se mi alzo adesso cosa mi metto a fare? si disse preoccupato. Allungò un braccio verso il comodino, prese l’ultima sigaretta dal pacchetto vuoto e lo accartocciò. Lo gettò a terra e guardò la piccola montagna di spazzatura che si era formata ai piedi del letto, si domandò se avesse voglia di raccoglierla e di andare fino in cucina per buttarla nella pattumiera. Si rispose di no con un’alzata di spalle e mise la sigaretta in bocca, si lasciò ricadere pesantemente e una volta disteso cercò di resistere alla tentazione di accenderla. Sto fumando troppo, è colpa della noia. Vorrei uscire un po’, ma con questo caldo devo essere prudente. Anche se si è trattato solo di un banale malore, non voglio rischiare di dover allungare questa convalescenza. I passerotti appostati sui cornicioni stavano salutando l’arrivo del nuovo giorno con una bella melodia e da là osservavano i movimenti giù in cortile, sapevano che di lì a qualche minuto l’anziana signora avrebbe buttato dalla finestra la loro colazione. E’ inutile, non riuscirò mai a riprendere sonno… è meglio se mi alzo si rassegnò dopo aver sperato per un po’ di riuscire a riaddormentarsi. Intanto, un senso di inquietudine si stava lentamente ma prepotentemente impadronendo di lui, aveva come la sensazione di aver lasciato qualcosa a metà ma non riusciva a ricordare cosa. Poco dopo era di nuovo seduto davanti alla macchina per scrivere con la sigaretta ancora spenta in bocca. Guardò a lungo la macchina, incerto, domandandosi se era davvero in grado di scrivere una storia. Squillò il telefono, quel suono improvviso a rompere il suo tentativo di concentrarsi lo disturbò. Per qualche istante pensò di non rispondere.

«Ciao, come state? … scusa, ero nel bagno» mentì storcendo la bocca, con gli occhi rivolti al soffitto. «Si, io sto bene, e voi? Vi state divertendo? Magnifico… passatemi la mamma… Allora, come ve la passate?… e i ragazzi? Si, io mi annoio da morire e sono ansioso di rivedervi….. ah ho una sorpresa per te… no, non te lo dico cos’è, altrimenti che sorpresa sarebbe? Va bene ci sentiamo presto… salutami i tuoi…”. tagliò corto, poi riattaccò il telefono e corse a sedersi, sbuffando ancora scocciato per quell’inattesa interruzione. Ho trovato: scriverò la storia di un uomo che vive solo si disse.

Squillò il telefono, l’uomo emerse con un sospiro dalla vecchia poltrona di pelle e si trascinò di malavoglia verso l’apparecchio.

«Pronto? Gianni! Io bene, tu come stai? Mi fa piacere sentirti… domani sera? No, domani sera proprio non posso. Ti dico che non è una scusa, lo sai che con voi due non mi sentirei mai di troppo… va bene, alla prossima non mancherò, lo prometto. Dai un bacio a Marta da parte mia» concluse l’uomo, poi ripose la cornetta e gettò un’occhiata ansiosa in salotto, verso il televisore. Ormai stavano scorrendo i titoli di coda.

Accidenti, mi sono perso il finale, si disse innervosito, ma sarà finito sicuramente bene. I film finiscono quasi sempre bene.

Dopo aver spento il televisore, sistemò per bene le sedie sotto il tavolo rivestito di formica verde, in modo che le zampe cadessero esattamente sugli angoli delle mattonelle. Sparecchiò e andò a dare due mandate alla porta di casa, dopo aver poi controllato due volte che il rubinetto del gas fosse chiuso, si recò in camera. Come tutte le sere, passando davanti al grande specchio posto in corridoio, smise di trascinare i piedi a terra e drizzò le spalle per verificare lo spessore della propria pancia. Costituzione pensò rassegnato ancora una volta, scotendo la testa. Più di una volta aveva provato ad eliminare la fascia di grasso che gli contornava addome e fianchi, vietandogli di indossare come si deve le camicie. Erano il capo di abbigliamento che amava di più, ma non aveva mai avuto abbastanza forza di volontà per seguire seriamente una dieta fino in fondo. E così come questa, le cose aveva cominciato nel corso degli anni per poi portarne a termine quasi nessuna erano molte altre. Con il rituale di sempre si preparò per andare a dormire: piegò accuratamente gli abiti e li posò sulla sedia a dondolo che stava sotto la finestra, poi indossò il pigiama preferito, quello grigio a rombi azzurri ormai consumato all’altezza dei gomiti e delle ginocchia. Pose le ciabatte ai piedi del letto in modo che fossero perfettamente parallele e si coricò.

Di nuovo gli occhi rivolti al soffitto e la sigaretta ormai gualcita in bocca, di nuovo sveglio così presto. Ma quella mattina si sentiva peggio della precedente, aveva dormito poco e male e il suo sonno era stato turbato da un brutto incubo: un uomo col camice bianco e gli occhiali gli diceva di non aver paura, che aveva una brutta malattia ma che la poteva vincere. E lui si sentiva impotente, anche se aveva tanta voglia di vivere. Colpa delle zanzare e di questo maledetto caldo minimizzò, ma la solitudine e il silenzio sembravano aver ingigantito quelle brutte sensazioni. Malgrado i suoi tentativi di pensare ad altro, continuava a provare un’angoscia quasi fisica, che lo avvolgeva come le spire di un serpente.

Almeno, sono riuscito a stare un giorno senza fumare… vedremo quanto durerò. Prese dal comò quell’unico foglio che aveva scritto il giorno prima e lo rilesse, nella speranza che gli venisse una qualche idea per proseguire il racconto. Quell’uomo solo scopre di essere ammalato… si è ammalato perché ha perso il senso delle cose… il senso dell’amore… si, ecco: ha perduto il senso dell’amore e si è lasciato andare si disse pensando al protagonista del suo romanzo. Non ha più voglia di vivere, ma forse, se qualcuno glielo insegnerà potrà guarire. Chissà, magari incontrerà una specie di guida spirituale, un guru o qualcosa del genere. In ogni caso sarà un tipo un po’ strano, un uomo che porta con sé una grande amarezza oppure un grande segreto. Lo chiamerò Walter, mentre il protagonista deve avere un nome comune, normalissimo. Lo chiamerò… accidenti, è difficile persino trovargli i nomi, ai personaggi. Mah, per ora lo chiamerò per cognome, poi si vedrà: lo chiamerò Carpetti, mi sembra un cognome abbastanza anonimo. E il romanzo, o racconto, o quello che ne verrà fuori, lo ambienterò in autunno, sperando che questo mi aiuterà a sentirmi più fresco. Seguendo questo lampo di ispirazione scese al volo dal letto per andare a scrivere, senza neanche pensare alla colazione, ma barcollò e cadde. Si rialzò guardandosi intorno perplesso e constatò stupito che ai suoi piedi non c’era niente, quindi non era caduto per aver inciampato in qualcosa. Si preoccupò solo per un istante, poi non ci pensò più: quel suo nuovo bisogno era più forte di lui, doveva mettersi immediatamente a scrivere altrimenti l’idea sarebbe volata via.

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