Blake Pierce - Vicolo Cieco

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“Un capolavoro del thriller e del mistero. Blake Pierce ha creato con maestria personaggi dalla psiche talmente ben descritta da farci sentire dentro la loro mente, a provare le loro stesse paure e fare il tifo per loro. Questo libro è ricco di colpi di scena e vi terrà svegli fino all’ultima pagina.” --Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (su Il Killer della Rosa)VICOLO CIECO (Un Mistero di Chloe Fine) è il libro #3 di una nuova serie thriller di Blake Pierce, autore del best-seller Il Killer Della Rosa (Libro #1, download gratuito), che ha ottenuto più di 1000 recensioni da cinque stelle.  Chloe Fine, 27 anni, agente speciale della sezione VICAP dell’FBI, deve immergersi in un ambiente di periferia fatto di pettegolezzi, segreti e bugie per tentare di risolvere l’omicidio di quella che sembrava una moglie e madre perfetta, uccisa la sera della ventesima rimpatriata del suo liceo. Vecchi compagni delle superiori, ormai vicini ai quarant’anni, sono tornati nello stesso sobborgo di periferia per crescere i loro figli, rimettendo in gioco le stesse dinamiche che li univano e dividevano 20 anni prima. La ventesima rimpatriata del liceo riporta a galla vecchi ricordi, rancori, tradimenti e segreti, causando nuovo dolore a distanza di una generazione. Quella stesa notte, la ex reginetta del liceo viene trovata morta, assassinata in casa sua.Nella piccola e apparentemente perfetta cittadina, il passato getta la sua ombra sul presente. Nessuno è risparmiato: tutti sono possibili sospettati.Riuscirà Chloe Fine a risolvere il caso di omicidio, mentre lei stessa è alle prese con i suoi fantasmi passati e con la possibile uscita di prigione del padre?Thriller psicologico dall’intensa carica emotiva, personaggi ben costruiti, un’ambientazione intima e una suspense mozzafiato, VICOLO CIECO è il libro #3 in una nuova, avvincente serie che vi terrà incollati alle sue pagine fino a tarda notte.Il libro #4 nella serie di CHLOE FINE sarà presto disponibile.

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Un grido si fece strada nei suoi polmoni e nella sua gola. Non sapeva se correre da lei o di sotto, a prendere il telefono.

Alla fine non fece nessuna delle due cose. Le gambe gli cedettero e si ritrovò a terra, gridando e tempestando di pugni il pavimento, cercando di dare un senso alla terrificante scena che aveva davanti agli occhi.

CAPITOLO UNO

Chloe si concentrò, focalizzando lo sguardo sulla canna della pistola, quindi sparò.

Il rinculo fu delicato, lo scoppio leggero e quasi pacifico per lei. Inspirò profondamente e sparò di nuovo. Era facile; adesso le veniva naturale.

Non riusciva a vedere l’obiettivo dall’altra parte del poligono, ma sapeva di aver fatto due buoni tiri. Ormai era in grado di farsi un’idea di cose del genere, e sapeva che era un segnale che stava diventando un vero e proprio agente. Era più a suo agio con la pistola, e il calcio e il grilletto le erano familiari quanto le sue stesse mani, quando riusciva a raggiungere la massima concentrazione. In passato andava al poligono quasi per dovere, per tentare di migliorare. Adesso, invece, le piaceva. Le procurava un senso di libertà e una strana liberazione, pur trattandosi soltanto di sparare ad un bersaglio di carta.

Dio solo sapeva quanto avesse bisogno di sentirsi così, ultimamente.

Le ultime due settimane al lavoro erano state fiacche, e Chloe non aveva avuto molto da fare, a parte aiutare i colleghi a raccogliere informazioni e fare ricerche. Era quasi stata coinvolta per aiutare una squadra in un’operazione anti-hacker e la cosa l’aveva eccitata fin troppo, facendole capire quanto le cose andassero a rilento ultimamente.

Ecco perché era finita al poligono. Non era necessariamente il suo modo ideale di passare il tempo, ma sapeva di aver bisogno di pratica. Nonostante durante gli studi all’accademia fosse stata tra i migliori della sua classe, essere trasferita dalla Squadra Ricerca Prove al Programma Criminali Violenti le aveva fatto capire che doveva sempre essere al meglio di sé.

Mentre sparava un’altra raffica di colpi contro il bersaglio a una cinquantina di metri di distanza, capì come mai le persone potessero essere attratte da quell’attività. Eri completamente solo: tu, la tua arma e il bersaglio nel mirino. C’era qualcosa di molto zen in tutto ciò, con tutta la concentrazione richiesta. E poi c’era il suono dello sparo che riecheggiava. Una cosa che Chloe aveva imparato passando il suo tempo al poligono era quanto potesse essere fluida la relazione tra il corpo umano e una pistola. Quando era concentrata, la Glock le sembrava un prolungamento del braccio, qualcosa che poteva controllare con la mente, proprio come controllava i movimenti delle dita e delle braccia. Era un allarmante esempio del perché dovesse impugnare la sua arma solo se assolutamente necessario: quando sei addestrato a usare una pistola, può diventare fin troppo naturale premere il grilletto.

Al termine della sessione, raccolse i bersagli e fece il punto. Aveva un numero sorprendente di colpi finiti al centro del bersaglio, ma alcuni erano più esterni, quasi al margine della sagoma.

Scattò alcune foto ai bersagli con il cellulare e prese degli appunti, per poter migliorare la volta successiva, quindi gettò le sagome di carta e si avviò verso l’uscita. Mentre camminava, scoprì un’altra sensazione che immaginava fosse allettante per quelli che passavano un sacco di tempo al poligono di tiro: le mani e i polsi le vibravano per il rinculo dei colpi sparati. La sensazione era strana ma al tempo stesso piacevole, in un modo che non avrebbe saputo descrivere.

Stava uscendo dall’edificio quando vide un volto familiare entrare dalla porta. Era Kyle Moulton, l’uomo che le era stato assegnato come partner e che non aveva visto granché nelle ultime settimane, a causa della mancanza di casi su cui lavorare. Quando le rivolse un sorriso smagliante, Chloe provò un istante di panico da ragazzina.

“Agente Fine” disse lui in tono quasi sarcastico. Ormai si conoscevano abbastanza da lasciar perdere l’appellativo agente e chiamarsi per nome. Non solo, Chloe era sicura che tra loro ci fosse anche una certa tensione romantica. Lei l’aveva percepita da subito, dall’istante in cui l’aveva visto per la prima volta fino a quando avevano chiuso il loro primo caso tre mesi prima.

“Agente Moulton” gli rispose a tono.

“Scarichi un po’ di tensione o ti passi il tempo?” domandò.

“Un po’ tutte e due” rispose Chloe. “È solo che ultimamente mi sento irrequieta.”

“Ti capisco. Stare dietro una scrivania non fa neanche per me. Però... ecco, non sapevo che venissi al poligono di tiro.”

“Cerco solo di restare allenata.”

“Lo vedo” replicò lui con un sorriso.

Tra loro calò un silenzio a cui ormai Chloe stava facendo l’abitudine. Detestava sentirsi così presuntuosa, ma era quasi certa che lui provasse i suoi stessi sentimenti. Era evidente dalle occhiatine che si scambiavano e dal fatto che Moulton non riuscisse a sostenere il suo sguardo per più di tre secondi – proprio come in quel momento, mentre erano ancora in piedi all’ingresso del poligono.

“Ascolta” disse poi Moulton. “Potrà sembrarti stupido e forse anche un po’ avventato, ma mi chiedevo se volessi cenare insieme a me stasera. Non come colleghi, intendo.”

Chloe non riuscì a trattenere il sorriso che le balenò sulle labbra. Era tentata di rispondere in modo ironico, magari con un classico “Era ora”.

Invece optò per una risposta più semplice e sincera. “Sì, mi farebbe piacere.”

“A essere sinceri è un po’ che volevo chiedertelo, ma... il lavoro era sempre così frenetico. E le ultime settimane sono state giusto l’opposto.”

“Sono contenta che alla fine tu me l’abbia chiesto.”

Il silenzio li avvolse di nuovo, ma stavolta Moulton riuscì a guardarla negli occhi senza distogliere lo sguardo. Per un attimo, Chloe pensò che stesse per baciarla, poi però il momento passò e Moulton fece un cenno verso la porta.

“È meglio che vada. Chiamami più tardi per dirmi dove vuoi andare a mangiare.”

“Lo farò.”

Chloe rimase lì qualche secondo, guardandolo entrare nel poligono. Come inizio di una relazione era piuttosto impacciato. Si sentiva ingenua e immatura come una dodicenne nervosa ad un ballo dopo che aveva scoperto di piacere ad un ragazzo, così si allontanò il più rapidamente possibile.

Erano quasi le cinque e non aveva nient’altro in programma, così decise semplicemente di tornarsene a casa. Non aveva senso tornare al suo cubicolo solo per aspettare che passasse l’ultimo quarto d’ora. Adesso che ci pensava, non aveva molto tempo per prepararsi alla cena con Moulton. Non sapeva a che ora cenasse lui di solito, ma probabilmente sarebbero usciti per le sette, quindi le restavano poco più di due ore per decidere dove andare e cosa indossare.

Si affrettò verso il parcheggio e salì in macchina. Ancora una volta si sentì come una scolaretta innamorata. E se per qualche motivo fosse salito nella sua auto? Era piuttosto sporca, dato che non la puliva da quando lei e Steven avevano rotto. Appena pensò a Steven, capì perché si sentisse così impacciata a uscire di nuovo con un uomo. Prima di Steven aveva avuto soltanto un’altra relazione seria, poi lei e Steven erano usciti insieme per quattro anni prima di fidanzarsi. Ormai non era più abituata ad avere appuntamenti galanti, e l’idea le pareva quasi antiquata e, a dirla tutta, un po’ la spaventava.

Fece del proprio meglio per calmarsi nei quindici minuti che ci vollero per raggiungere il suo appartamento. Non aveva idea dei trascorsi amorosi di Kyle Moulton. Magari anche lui era fuori dal giro e arrugginito quanto lei. Naturalmente, a giudicare dal suo aspetto, Chloe dubitava che fosse così. Anzi, pensando proprio alla sua avvenenza, non aveva idea del perché potesse essere interessato a lei.

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