“Chloe...”
“Va bene. Mezz'ora. Ma non verrò lì da te. Se vuoi vedermi, devi venire tu a Washington. Le cose sono incasinate qui, adesso, e non posso...”
“Ok, vengo io. Quando sarebbe un buon momento per te?”
“Sabato. All’ora di pranzo. Ti scriverò dove per messaggio.”
“Per me va bene. Grazie mille, Chloe.”
“Prego.” Sentì che avrebbe dovuto dire qualcos’altro, una cosa qualunque per alleviare la tensione. Ma alla fine, tutto quello che disse fu “Ciao, Steven”.
Terminò la chiamata e rimise in tasca il telefonino. Non poté fare a meno di chiedersi se avesse ceduto solo perché si sentiva piuttosto sola. Pensò all'agente Moulton e si chiese dove fosse andato insieme alla sua amica. Ma soprattutto, si domandò perché le importasse così tanto.
Raggiunse l’auto e tornò a casa, mentre le strade di Washington cominciavano a scurirsi nel crepuscolo. Era una città straordinaria; nonostante il traffico e la strana fusione di storia e commercio, era in qualche modo bellissima lo stesso. Quel pensiero rese Chloe malinconica, mentre si dirigeva verso il suo appartamento – un appartamento nuovo, che si era ritenuta fortunata a trovare, ma che ora le sembrava un’isola lontana da tutto e da tutti.
***
Quando il cellulare trillò, il mattino dopo, Chloe si sentì emergere dalla foschia di un sogno. Cercò di afferrarne gli ultimi brandelli mentre fuggiva da lei, ma poi si fermò, chiedendosi se ne valesse la pena. Gli unici sogni che faceva ultimamente erano su suo padre, tutto solo in prigione.
Le sembrò di poter persino sentire la sua voce canticchiare un vecchio pezzo di Johnny Cash, che aveva cantato spesso nel loro appartamento quando era bambina. “A Boy Named Sue” ricordò. O forse no. Tutte quelle canzoni iniziavano a sembrarle uguali.
Ad ogni modo, era “A Boy Named Sue” la canzone che aveva in mente quando era stata svegliata. Quando staccò il telefono dal caricatore sul comodino, vide che segnava le 6:05 – appena venticinque minuti prima della sveglia che aveva impostato.
“Pronto, parla l’agente Fine” rispose.
“Agente Fine, sono il vicedirettore Garcia. Vorrei che venisse nel mio ufficio subito. Diciamo entro un'ora. Ho un caso che voglio affidare a lei e all’agente Rhodes il prima possibile, stamattina.”
“Sì, signore” disse, alzandosi. “Sarò lì subito.”
In quel momento, non le importava di dover passare un altro giorno con Nikki Rhodes. Tutto quello che le importava era che, fino a quel momento, il suo punteggio con i casi era 1-0, ed era impaziente di migliorare quel risultato.
Chloe arrivò nell'ufficio del vice direttore Garcia tre minuti dopo. Era seduto al piccolo tavolo da riunioni in fondo alla stanza, intento a sfogliare alcuni documenti. Vide che aveva già sistemato due tazze fumanti di caffè nero per loro, ai lati opposti del tavolo.
“Buongiorno, agente Fine” disse vedendola entrare. “Ha già visto o parlato con l'agente Rhodes?”
“Stava entrando nel parcheggio proprio mentre salivo in ascensore.”
Garcia parve pensarci su per un momento, forse confuso sul perché Chloe non avesse semplicemente aspettato la collega all'ascensore, dato che l’aveva vista. Poi si domandò quanto Johnson gli avesse raccontato della piccola lotta di potere che era in atto tra loro.
Poiché aveva già bevuto un caffè in macchina mentre arrivava, Chloe si sedette davanti a una delle tazze e si limitò a sorseggiarne un po’. Preferiva il caffè macchiato e leggermente zuccherato, ma non voleva apparire capricciosa. Stava ancora sorseggiando, quando Nikki Rhodes entrò nella stanza. La prima cosa che fece fu lanciare a Chloe un’occhiata irritata. Poi si sedette davanti all'altra tazza di caffè.
Garcia le guardò entrambe, apparentemente intuendo la tensione tra loro, ma poi scrollò le spalle. “Abbiamo un omicidio a Landover, nel Maryland. È un caso che all'inizio è apparso abbastanza normale. La polizia del Maryland se ne sta già occupando, ma hanno chiesto il nostro aiuto. Dovreste anche sapere che Jacob Ketterman, degli affari pubblici della Casa Bianca, conosceva la vittima. Un tempo lavorava con lei. Ci ha chiesto di esaminare il caso, come favore. E poiché è coinvolta la Casa Bianca, dovremo tenere la cosa riservata. Dovrebbe essere semplice, con questo caso. A quanto sembra, si tratta di un semplice omicidio. È uno dei motivi per cui abbiamo deciso di mettere in campo dei nuovi agenti. Sarà un buon test, e non sembra esserci fretta di chiudere il caso, anche se ovviamente preferiremmo che fosse risolto il prima possibile.”
Fece scivolare due copie del verbale verso di loro. I dettagli erano concisi e diretti. Mentre Chloe leggeva, Garcia ripeté ciò che aveva appreso.
“La vittima è la trentaseienne Kim Wielding. Lavorava come tata per la famiglia Carver quando è stata uccisa. Per quel che possiamo dire, qualcuno è entrato in casa e l'ha uccisa. È stata colpita alla testa due volte con qualcosa di molto duro, poi è stata strangolata. Le ferite alla testa erano piuttosto brutte. Non è ancora stato determinato quale delle due cose l'abbia uccisa. Abbiamo bisogno di voi due per scoprire chi è stato.”
“L'omicidio era l'unico motivo per cui l'assassino è entrato in casa?” chiese Chloe.
“Così sembra. Non pare sia stato rubato nulla. La casa era esattamente come i Carver l’avevano lasciata... ad eccezione della loro tata morta. L'indirizzo è nel fascicolo” proseguì Garcia. “Ho appena parlato al telefono con lo sceriffo di Landover. I coniugi Carver e i loro tre figli sono alloggiati in un motel da quando è avvenuto l'omicidio, due giorni fa. Ma stamattina vi aspetteranno in casa per rispondere a qualsiasi domanda. E questo è tutto, agenti. Andate là fuori e portateci un'altra vittoria. Passate dal reparto risorse umane e fatevi assegnare un’auto. Conoscete la procedura?”
Chloe non la conosceva, ma annuì comunque. Immaginava che Nikki Rhodes sapesse già tutto. Visto com’era andata il giorno prima, Chloe credeva che la collega conoscesse ogni singolo dettaglio su come funzionavano le cose al Bureau.
Chloe e Nikki si alzarono dal tavolo. Chloe bevve un ultimo sorso di caffè, prima di uscire dall'ufficio di Garcia. Camminarono lungo il corridoio verso l'ascensore senza dire una parola.
Sarà una lunga giornata, se non mettiamo da parte questa stupida rivalità, pensò Chloe.
Mentre Chloe spingeva il pulsante con la freccia verso il basso, si rivolse a Nikki e fece del suo meglio non solo per rompere il ghiaccio, ma per scioglierlo del tutto.
“Agente Rhodes, parliamoci chiaro. Hai qualcosa contro di me?”
Nikki sorrise e si prese un momento per pensare alla risposta. “No” disse alla fine. “Non ho niente contro di te, agente Fine. Ma sono un po’ titubante a lavorare con qualcuno che è stato inserito nel ViCAP all'ultimo minuto. Mi chiedo se questo non sia una specie di favore che ti è stato fatto, il che sarebbe ingiusto nei confronti di altri agenti che si sono fatti il culo per far parte di questo programma.”
“Non che siano affari tuoi, ma mi è stato chiesto di entrare a far parte di questo programma. Ero perfettamente soddisfatta del mio corso con la Squadra Ricerca Prove.”
Nikki scrollò le spalle, mentre le porte dell'ascensore si aprivano. “Non so se alla SRP sarebbero contenti di come hai contaminato quell'impronta, ieri.”
Chloe rimase in silenzio a quelle parole. Avrebbe potuto continuare quella piccola guerra di parole con Nikki, ma questo non avrebbe fatto altro che rendere il loro rapporto di lavoro ancora peggiore di quanto non fosse già. Se voleva cambiare le cose, avrebbe semplicemente dovuto provare all’agente Rhodes di essere all’altezza.
Читать дальше