Morgan Rice - Lo Scettro di Fuoco

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“Un potente inizio per una serie produrrà una combinazione di protagonisti esuberanti e circostanze impegnative che coinvolgeranno non solo i giovani, ma anche gli adulti che amano il genere fantasy e che cercano storie epiche colme di amicizie potenti e tremendi avversari.--Midwest Book Review (Diane Donovan) (riguardo a Un trono per due sorelle)“L’immaginazione di Morgan Rice non ha limiti!”--Books and Movie Reviews (riguardo a Un trono per due sorelle)Dall’autrice di best seller numero #1, ecco una nuova serie per giovani lettori, ma anche per adulti! Siete amanti di Harry Potter e Percy Jackson? Non cercate oltre!In LO SCETTRO DI FUOCO: OLIVER BLUE E LA SCUOLA DEGLI INDOVINI (LIBRO QUATTRO), il dodicenne Oliver Blue viene inviato in un’importante missione per salvare la Scuola degli Indovini. Deve tornare nella Firenze del 1592 per trovare l’unico manufatto capace di salvarli tutti.Ma il segreto è sorvegliato da niente meno che Galileo stesso.Mentre cerca uno dei più grandi scienziati e inventori di tutti i tempi, l’uomo che ha inventato il telescopio e che ha scoperto i pianeti, Oliver non può fare a meno di chiedersi: è un indovino anche lui? E quali altri segreti tiene con sé?Suo fratello Chris, più potente che mai, rimane determinato a uccidere Oliver una volta per tutte. Oliver si rende presto conto che si tratta di una corsa contro il tempo, dato che c’è in ballo il destino della scuola, e di tutto il mondo.Un fantasy edificante, LO SCETTRO DI FUOCO è il libro #4 di una serie affascinante piena di magia, amore, umorismo, strazio, tragedia, destino e scioccanti colpi di scena. Ti farà innamorare di Oliver Blue, spingendoti a leggere fino a notte fonda.Anche il libro #5 della serie sarà presto disponibile!“Qui ci sono gli inizi di qualcosa di notevole.” --San Francisco Book Review (riguardo a Un’impresa da eroi)

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Una mano posata sulla sua lo riportò al momento presente. Oliver si voltò e vide i sinceri occhi grigi di Hazel.

“Sei preoccupato per Esther?” gli sussurrò con tono gentile.

Oliver emise una risatina malinconica. “Adesso sì.”

“Ops, scusa,” rispose Hazel, rendendosi conto del proprio errore. Poi corrugò la fronte. “A cosa stavi pensando allora, se non a lei? Avevi uno sguardo così triste.”

Oliver arricciò le labbra. Non voleva dare nessun peso ad Hazel, ma sapeva anche che gli avrebbe fatto male, nel tempo, continuare a tenere per sé quel segreto.

“A Da Vinci,” sussurrò, tenendo la voce bassa in modo da non disturbare gli studenti concentrati che sedevano attorno a loro. “Lo posso percepire,” spiegò dandosi un colpetto alla testa. “Qua dentro.”

Hazel sgranò gli occhi. “Intendi dire le sue conoscenze?”

“Le sue conoscenze. I suoi ricordi.” Oliver spostò la mano posandosela sul cuore. “I suoi sentimenti.”

“Oddio,” rispose Hazel con espressione scioccata.

In quel momento Ralph si chinò verso di loro. “Di costa state confabulando?” chiese con voce ben più alta rispetto agli altri due.

Diversi studenti seduti sulla panca davanti alla loro si girarono guardandoli storto e portandosi il dito alle labbra: “Shh!”

Ralph arrossì per l’imbarazzo e sprofondò nel suo posto. Incrociò le braccia e mise il broncio per non essere stato reso partecipe del segreto.

I tre amici rimasero per l’intera lezione. Hazel passò tutto il tempo seduta con la schiena dritta e il volto raggiante. Ralph d’altro canto sembrava annoiato a morte. A un certo punto si appisolò quasi.

Ma Oliver si sentiva riempire di un misto di sensazioni. Ricordi e sentimenti che appartenevano a Leonardo venivano risvegliati in lui mentre Galileo discuteva le sue teorie sulla prospettiva nell’arte, spiegandole agli studenti. Era qualcosa di a dir poco particolare, e Oliver fu sollevato quando la lezione finalmente terminò.

Mentre gli studenti uscivano, i tre amici si diressero dalla parte opposta, scendendo i gradini e avvicinandosi a Galileo.

“Mi scusi,” disse Oliver, trovandosi senza sforzo a proprio agio parlando con naturalezza italiano. “Il signor Galilei?”

“Sei un po’ giovane per prendere parte alle mie lezioni, no?” disse Galileo squadrandolo dalla testa ai piedi.

“Non siamo studenti del suo corso,” gli disse Oliver. “Siamo indovini.”

Decise di mostrare direttamente tutte le carte in tavola. Il professor Ametisto li aveva mandati in quest’epoca e in quel luogo per un qualche motivo, e ogni grandioso inventore che avevano incontrato durante le missioni precedenti si era rivelato essere un indovino, o qualcuno che era in contatto con essi. Non aveva tanto senso stare a menare il can per l’aia.

Vide un lampo di comprensione negli occhi del giovane uomo, ma Galileo non assecondò il suo gioco.

“Non ho idea di cosa stiate parlando,” disse, raccogliendo le sue carte.

“Io penso di sì,” insistette Oliver. Siamo stati mandati a Firenze. Dal professor Ametisto. Forse lo conosce? Guida la Scuola degli Indovini. Siamo in missione per trovare lo Scettro di Fuoco. Ne ha sentito parlare, per caso?”

Dal modo in cui Galileo stava infilando nella borsa le sue carte, Oliver poteva dire che la risposta era affermativa. Di certo sapeva qualcosa. Qualcosa con cui, per motivi sconosciuti, non si sentiva a proprio gio.

“Non ne ho mai sentito parlare,” affermò, evitando di guardare Oliver negli occhi.

Oliver nutriva il forte sospetto che Galileo stesse mentendo, anche se non sapeva il perché. Forse non era un indovino. Ma di certo c’era qualcosa di insolito in lui.

Decise di fare il coraggioso. “Veniamo dal futuro,” disse.

“Oh, davvero?” disse Galileo. Smise di trafficare con la borsa. “Allora, per darmene la prova, ditemi qualcosa che non è ancora stato scoperto.”

Oliver esitò. Sapeva come tutto fosse equilibrato in maniera precisa e accurata. Sapeva che dovevano essere molto cauti per non sbilanciare le cose. Sapeva che un passo falso anche minimo poteva causare una reazione catastrofica.

“Non posso,” disse.

“A-a,” rispose Galileo. “Proprio come pensavo. State mentendo.”

“No,” disse Oliver. “Mi sfidi in qualcos’altro. Qualcosa che solo Leonardo da Vinci potrebbe sapere.”

Hazel gli diede un colpetto al gomito. “Oliver, cosa stai facendo?”

“Non ti preoccupare, ho tutto sotto controllo,” le disse Oliver, parlandole di sbieco.

“Bene allora,” disse Galileo picchiettandosi il mento, pensieroso. “Il duca di Valentinois ha commissionato a Da Vinci il disegno di una mappa della città di Imola. In che anno?”

Oliver cercò nella sua mente tra i ricordi di Da Vinci. “Nel 1502,” rispose.

Galilei si accigliò. “Fortunato.”

“Me ne faccia un’altra,” insistette Oliver. “E vi darò prova che non ho tirato a indovinare.”

“Va bene,” disse Galileo. “Magari una domanda relativa alla geometria. Dimmi dei cinque termini dei matematici.” Sorrise con autocompiacimento, come se fosse convinto che non ci fosse alcun modo in assoluto che Oliver fosse in grado di rispondere correttamente.

Ancora una volta Oliver ricorse alla parte della sua mente che gli era stata riempita da Da Vinci. “Il punto, la linea, l’angolo, le superfici e il solido.”

Galilei apparve stupefatto, ma anche impressionato. “E cosa c’è di unico nel punto?”

“Beh,” disse Oliver, “non ha né altezza, né larghezza, né lunghezza, né profondità, per cui lo si considera invisibile e privo di dimensioni nello spazio.”

Stava citando direttamente Da Vinci adesso, attingendo alle parole precise dell’inventore, prendendole dai recessi della propria mente. Hazel aveva un’espressione stupefatta. Ralph invece sembrava piuttosto sconcertato che Oliver potesse avere accesso a tali conoscenze, e che sembrasse capace di esporle in modo così immediato.

Ma non era questo il punto, pensò Oliver. Guardava Galileo per vedere se l’uomo si fosse convinto. Di certo pareva che stesse valutando i tre giovani che aveva davanti.

Alla fine guardò Oliver con intensità. “E perché hai detto di essere venuto qui a cercarmi?”

“Siamo indovini,” disse Oliver. “Dal futuro. Crediamo che lei ci possa aiutare a trovare una cosa che si chiama Scettro di Fuoco.”

Galileo fece una pausa un momento, corrugando le sopracciglia. “Forse allora dovreste venire con me,” disse.

CAPITOLO OTTO

Il professor Ametisto si trovava nella scuola che tremava e cadeva a pezzi. Era stata evacuata completamente e ora rimaneva solo lui. Ma non poteva scappare e basta. La sesta dimensione era piena di documenti e libri di testo, artefatti e armi. Prima di potersene andare, doveva mettere in sicurezza la stanza e chiuderla. Se qualche particolare tecnologia indovina fosse finita nelle mani sbagliate, sarebbe stata la fine per il mondo.

Però c’era un grossissimo problema. Il professor Ametisto aveva esaurito quasi tutti i suoi poteri. Dalla creazione del condotto spazio temporale nel tronco del kapoc per far evacuare i suoi insegnanti e studenti, al secondo portale creato per Oliver e i suoi amici, e infine lo sforzo per proiettare la propria voce nel vortice temporale e dividere i due percorsi: ora l’anziano preside si sentiva svuotato. E a causa dei violenti scossoni che la scuola stava subendo ora che stava per crollare, l’ascensore – supersonico, proprio come l’aveva inventato lui – ora era rotto. Il professor Ametisto, che era abituato a farsi tutti i cinquanta piani in una manciata di secondi, avrebbe dovuto accontentarsi di prendere le scale. Avrebbe dovuto salire i cinquanta piani per arrivare alla sesta dimensione. Non aveva idea di come le sue vecchie e fragili ginocchia avrebbero preso la cosa. Ma non c’era altra scelta. Doveva assicurarsi che nessuna delle armi e invenzioni finissero mai nelle mani di qualcun altro.

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